Fare birra in casa è un hobby che nel corso degli anni ha subito innumerevoli mutamenti. Cambiamenti improntati sempre e solo su un unico obiettivo, ovvero rendere la vita del birraio più semplice ottenendo un prodotto qualitativamente migliore. In questo senso studi e tecnologia hanno fornito un grosso contributo agli homebrewers, con migliorie che hanno semplificato la valutazione di variabili altrimenti difficili da gestire. Uno dei grossi passi in avanti del fare birra è senza ombra di dubbio l’attenzione sul pH, controllato e modificato attraverso l’impiego di strumenti precisi, acidi alimentari e sali minerali. Tuttavia questi sistemi non sono gli unici espedienti in grado d’interagire con l’alcalinità del mosto. Sapevate che il pH nella birra può essere gestito anche attraverso l’impiego del limone?
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Indice
- Il Ph nella birra: facciamo il punto!
- Il limone per gestire il pH nella birra
- Ne vale davvero la pena?
Il Ph nella birra: facciamo il punto!
Parlare di pH nella birra è un po’ come parlare del tallone d’Achille di un ingranaggio perfetto. Il pH, detto in parole povere, svolge il delicatissimo compito di far lavorare in un ambiente prolifero tutti gli enzimi chiamati in causa durante il processo di birrificazione. Dal corretto lavoro di tali enzimi dipenderanno, tra gli altri fattori, schiuma, equilibrio e aroma, dettagli che fanno di una birra, una buona birra!
Ovviamente un homebrewer è disposto a tutto pur di vedere la propria creazione diventare bella come il sole e buona come il pane, per cui è comprensibile come il controllo del pH diventi una variabile particolarmente importante. A tale proposito sono diversi gli strumenti che permettono la gestione di questo fattore, dai software di stima indicativa sull’alcalinità residua, ai phmetri e alle cartine tornasole che permettono la misurazione reale e precisa del pH in pentola.
Misurato il pH, l’interesse del birraio sarà quello di rientrare in un range preciso, che determinerà l’ambiente ideale per gli enzimi α-amilasi e β-amilasi. Il raggiungimento di tale finestra, compresa tra 5.2 e 5.7 punti, potrà attuarsi con l’impiego di sali minerali, acidi alimentari e altri espedienti che sono del tutto controtendenza.
Infatti, nonostante la facilità d’impiego dei mezzi convenzionali, non è raro incontrare qualche scettico, fiero del “fatto in casa genuino“, titubante nell’inserire “strani miscugli” nella propria birra. Prediligendo sempre il naturale e il genuino, discostandosi dai prodotti dall’industria chimica, molti homebrewers per controllare il pH nella birra utilizzano il limone.
Il limone per gestire il pH nella birra
Il limone è un agrume che possiede una grossa percentuale di acido citrico. Di conseguenza è effettivamente in grado di interagire con il pH della cotta, provocando di fatto il suo abbassamento. Esso dunque può essere un sostituto dell’acido citrico in polvere, ma esistono pareri discordanti in quanto l’utilizzo del limone non sempre consente un dosaggio calibrato.
L’impossibilità di verificare la quantità effettiva di acido citrico aggiunta nella cotta e il relativo pericolo di apportare sapori astringenti di “limonata” alla birra finita, ne sconsigliano l’utilizzo. Nonostante ciò, molti homebrewers impiegano regolarmente il limone come alternativo alla regolazione del pH, senza riscontrare particolari problemi.
Tuttavia è bene chiarire fin da subito che per utilizzare il limone nella regolazione del pH è comunque necessario procedere con molta cautela. L’aggiunta del succo di limone, va fatta poco per volta fino al raggiungimento del valore desiderato. Di solito si utilizza il succo di mezzo limone, ma questo parametro varia in funzione del pH di partenza dell’acqua utilizzata, dal tipo di malti inseriti in pentola e dalla concentrazione effettiva di acido citrico contenuta nel frutto.
Ne vale davvero la pena?
Sebbene l’idea di realizzare una bevanda “genuina” e 100% naturale, senza l’impiego di espedienti “artificiali”, faccia gola un pochino a tutti, è bene fare alcune considerazione. Precisiamo immediatamente che colui il quale produce birra tra i fornelli di casa sta già realizzando una bevanda 100% genuina e naturale. L’homebrewing, infatti, ha lo strabiliante potere di mette in atto una pratica secolare, effettuata in birrificio con le tecniche più moderne del settore e riprodotta davvero molto similmente tra le mura domestiche.
Detto ciò anch’io ho utilizzato il limone, lo potrete vedere in qualcuna delle mie cotte pubblicate sul canale Youtube. Tuttavia è bene riflettere sulla reale utilità di questo strumento rispetto all’impiego di acidi alimentari e sali minerali.
Nonostante viene raccontato in modo semplice, fare birra è scienza e come tale l’approccio a quest’arte dovrebbe avvenire in modo preciso e definito. In questo senso, è vero che il limone possiede acido citrico nella concentrazione di circa 6%, ma non fornisce un sistema affidabile nella produzione della birra sostanzialmente per due motivi:
- La concentrazione di acido citrico non è sempre costante, ma variando da frutto a frutto potrebbe rendere difficoltosa la gestione del pH e la replicazione della ricetta;
- La percentuale di acido citrico del limone essendo molto inferiore rispetto ad altri acidi alimentari utilizzati nell’homebrewing (es: l’acido lattico possiede una concentrazione pari a 80-88%), comporta un uso maggiore di prodotto che potrebbe irrimediabilmente modificare il gusto finale della birra.
Tirando le somme, ne vale davvero la pena? A voi la scelta!
Buona birra a tutti.
Ciao, io ho sempre usato il limone per abbassare il ph. Faccio Biab e solitamente per un ph ottimale con due limoni il ph è nel range giusto. Le mie birre spesso avevano un retrogusto un po’ secco e leggermente aspretto, birre decenti ma con quel retrogusto che le rovinava un po’. Qualcuno ha ipotizzato sia colpa del limone.. Alla prossima cotta non lo userò, secondo te può essere quello il problema?
Ciao e grazie per il tuo intervento. 🙂 Il gusto aspro associato ad una sensazione di secchezza, può essere dovuto a diversi fattori. Escludendo dalle cause una possibile infezione acetica, può dipendere dall’acqua, se questa ha una concentrazione troppo elevata di magnesio e solfati, specie se associati a malti tostati (provoca amaro e astringenza). Può dipendere dall’estrazione tanninica di una macinazione troppo fine del malto o quando superi gli 80 °C nel processo di ammostamento (provoca astringenza e secchezza). Può dipendere da una possibile ossidazione durante la fase di mash, fermentazione o d’imbottigliamento. Dubito fortemente che sia una controindicazione del limone, specie se produci cotte dai 15 litri in su. Il mio consiglio è di fare una bella sanificazione con candeggina diluita in acqua e riprovare avendo molta cura sul tipo di acqua, sulle temperature e sui tempi tra una fase e l’altra per evitare l’esposizione all’aria. Spero di aver risposto alla tua domanda, e se necessiti di ulteriori informazioni non esitate a chiedere. 😉