Lo spreco alimentare non è mai stato visto di buon occhio. Oltre all’immenso dispiacere nel buttare via il cibo, considerando che al mondo esiste gente meno fortunata, bisogna fare i conti anche con l’impatto ambientale. Ma sostanzialmente è una questione di forma mentis, rivolta sempre più a continui sprechi. Lo sa bene il team Biova, che nello spreco ha intravisto una grande opportunità di reimpiego del pane inutilizzato, realizzando della buona birra.
Dal pane alla birra
L’utilizzo degli avanzi di pane negli ingredienti della birra, era un’usanza tipica dell’antico Egitto. Col tempo questa tecnica è stata dismessa per dare spazio al malto, a cui tutti i birrifici si sono uniformati. Ma in un branco di pesci, ci sta sempre qualcuno che nuota controcorrente!
Nel 2018 nasce a Torino, Biova un progetto che rispolverando un’antica usanza birraia, dice no allo spreco! Attraverso il recupero di pane invenduto proveniente da panetterie, supermercati e punti di ristorazione, il team Biova ricava buona parte del fermentabile necessario alla produzione di birra. Si tratta di circa il 25% di malto risparmiato, in quanto gli zuccheri necessari alla fermentazione arrivano dal pane. Come afferma Franco Dipietro, CEO di Biova: “In una cotta di Biova (circa 2.500 litri) ci sono oltre 100 kg di pane che invece di diventare scarto, tornano ad essere qualcosa di meraviglioso!”.
Come nasce Biova Beer
La Biova Beer è un derivato dell’economia circolare. Nasce con lo scopo di contrastare lo spreco alimentare, coinvolgendo il pane che è una delle materie più soggette allo scialo. La scelta del nome non è un caso. In esso è racchiusa l’essenza del pane, che rimane uno dei simboli culturali e patrimoniali del mondo. La “Biova” è una tipologia di pane eccellente, le cui origini sono radicate nella tradizione culinaria piemontese.
Ma come si arriva dal pane alla birra?
Le mani dietro ad ogni bottiglia di Biova Beer appartengono a due mastri birrai di Cuneo, in arte gli Antagonisti Gipsy Brewers. Questi ragazzi non posseggono un vero e proprio birrificio, ma si servono di altri impianti per dare vita alle proprie ricette.
La cotta della birra inizia giorni prima, in cui i giovani birrai recuperano tutto il pane rimasto invenduto dai vari panifici. Dopo la raccolta del pane, si arriva al birrificio partner (solitamente vicino alla zona di raccolata).
Nel birrificio s’inizia con la prima fase di lavorazione che consiste nella macina. Attraverso la macina del pane si andrà ad introdurre un minore quantitativo di malto, in quanto gli zuccheri necessari alla fermentazione saranno forniti dal panificato. Trascorso un mese, in cui sarà avvenuta la fase di fermentazione ad opera del lievito, la birra passa dal fermentatore alle bottiglie oppure ai fusti.
Da questo straordinario processo di recupero e trasformazione, tra le valli piemontesi nasce la birra di pane! Ma non bisogna pensare alla Biova Beer come uno standard monotematico. La particolarità dell’ingrediente che la rende così speciale, regala la possibilità di variare il gusto in relazione al tipo di pane.
Considerazioni
Un bellissimo esempio di economia circolare, che ha dimostrato il valore di uno scarto. La scommessa di ridare vita ad un prodotto apparentemente inutilizzabile è stata sicuramente vinta. L’idea in poco tempo si è fatta conoscere, riscuotendo notevole interesse anche dai grandi colossi dell’alimentare, che hanno visto nel Biova project un’opportunità di sviluppo sostenibile.
Buona birra a tutti