Nei giorni scorsi avevamo parlato di birra artigianale e la GDO. Un tema molto sentito, in questo momento di particolare crisi sanitaria ed economica, che crea parecchi dibattiti dando adito a diversi nodi difficili da sciogliere. Ma tenendo conto che spesso la teoria differisce dalla realtà dei fatti, abbiamo voluto sapere cosa ne pensa un diretto interessato. In particolare, sulla questione GDO, abbiamo voluto dare voce in capitolo a Ritual Lab, un birrificio artigianale di fama mondiale che porta alto il nome della birra (quella buona) in Italia.
A parlare è Giovanni Faenza, titolare insieme al papà Roberto del birrificio pluripremiato di Formello (Roma), che afferma: “ci tengo a puntualizzare che il marchio Ritual Lab non vende in GDO, e non è legato in nessun modo al GDO”. La puntualizzazione è motivo di un’errata informazione, che nei giorni scorsi aveva allarmato i puristi e gli affezionati del birrificio romano. “Noi di Ritual Lab – continua Faenza – siamo molto lontani dalla realtà GDO, perché i nostri prodotti troverebbero difficoltà ad essere inseriti in questo mercato. Il settore attualmente non è in grado di trattare bene un prodotto delicato come la birra artigianale“. Il pensiero del Ritual Lab (che riflette l’idea comune del settore birraio artigianale), afferma di non voler transigere sulla qualità che deve arrivare al cliente, segno indistinguibile di professionalità, serietà e artigianalità, cosa che al momento la GDO non può garantire.
Cosa consiglieresti alla GDO per garantire la qualità del Ritual Lab al cliente?
Servirebbero sicuramente degli spazi refrigerati, in modo che il prodotto possa mantenere la catena del freddo. Occorrerebbero dei magazzini e degli spazi espositivi appositi per la birra, giustamente refrigerati. La birra artigianale andrebbe trattata come il latte fresco, una cosa difficile ad oggi in Italia perché lontani come concetto. Inoltre servirebbe una filiera molto capillare, con tanti punti vendita che ordinano pochissimo prodotto. Purtroppo il concetto del GDO è comprare tanto e pagare poco, mentre il segreto per garantire la birra artigianale è comprare poco, magari pagando un po’ di più, per poter vendere subito il prodotto e non immagazzinarlo.
Il grosso problema della GDO – continua Faenza – è che fatica, come struttura, a creare un “giro veloce”. Se ci fosse un GDO con 5000 punti vendita e ogni punto comprasse solo un cartone, si riuscirebbe a “buttare fuori” grandi produzioni, riuscendo a mantenere un prodotto fresco e di qualità. Il consiglio che non vuole essere un consiglio, in quanto si spera che sia l’evoluzione naturale dei prossimi 10 anni perché ci vuole ancora tempo, è di avere un’attenzione maggiore verso questo prodotto.
Di non considerarlo più come una birra da scaffale come avviene per le commerciali, ma di considerarlo come un prodotto fresco, come avviene con il latte fresco oppure con un succo biologico a scadenza limitatissima, in modo tale che le attenzioni dietro siano maggiori e le giacenze in magazzino minori. E’ fondamentale non far “stare fermo” il prodotto, questo è il segreto! In quanto il poco venduto velocemente è sinonimo di qualità.
Il problema prezzo: La cooperativa sarebbe una possibile soluzione?
Potrebbe essere un’idea. Ma determinati stili sono legati inevitabilmente a prezzi alti, perché costosi da produrre. Le materie prime che utilizziamo, nel 90% dei casi sono materie prime povere. La differenza di malto comprato da noi e quello comprato da una multinazionale, che produce milioni di litri, non è così alto come si potrebbe pensare. Perché il costo della materia prima di qualità mediocre da quella alta oscilla relativamente di poco. Poi è logico che se lo moltiplichi per milioni di litri diventano tanti soldi.
Ma il problema non è tanto il costo, quanto la cultura perché non siamo pronti a vedere la birra artigianale sugli scaffali del supermercato. Arriverà anche lì sicuramente, ma serve tempo, perché purtroppo ci manca il consumo procapite e ci manca la cultura della birra. Vedere birra di un certo tipo sullo scaffale oggi spesso per un cliente non particolarmente attento all’artigianalità non è significativo. Mentre il cliente conoscitore della vera birra, riconosce il prodotto ma percepisce che non può andare, perché mancano le regole fondamentali che mantengono la qualità di un prodotto artigianale.
E’ una questione di cultura birraia. Chi va a fare la spesa – afferma Faenza – e vede una birra di 8€ e una di 0,60€ percepisce un divario enorme. Infatti la differenza tra un pub e un supermercato è che nel pub trovi un publican che racconta il prodotto, ti spiega la differenza di prezzo e ti da una ragione valida per cui quella birra costa così tanto. Invece al supermercato una persona non inserita nel mondo della birra artigianale non può comprendere questo divario.
Nei supermercati statunitensi si trovano le più grandi eccellenze della birra americana, ma in quel caso c’è gente che è disposta a comprarla. Più si aumenta il consumo procapite, e più si vedrà birra artigianale al supermercato. Non è ancora ancora il momento, ma un domani lo sarà sicuramente. Ad oggi purtroppo non siamo ancora pronti. Sia per motivi di birrificio, troppo piccoli e poco strutturati, che per la grande distribuzione non organizzata ad un prodotto così particolare.
Considerazioni
Nelle parole di Giovanni Faenza del Ritual Lab si percepisce il grande rammarico di una cultura (quella italiana) ancora prematura per apprezzare al meglio l’artigianalità della birra. Da quando la birra artigianale in Italia è esplosa, ha portato con se tanti appassionati. Gli stessi devoti che, tra un boccale e l’altro, hanno scoperto la magia oltre l’alcol e la goliardia di un momento. La birra ha una storia che affascina e che coinvolge. Ma per far si che questo avvenga, bisogna che sia apprezzata prima che nel boccale, nell’essenza.
La GDO in questo momento, così difficile e delicato, poteva sicuramente portare grande beneficio a questi imprenditori che dedicano corpo e anima alla birra. Ma, come accennato precedentemente, la teoria differisce dalla pratica. La GDO è una grande risorsa, ma deve in primis garantire la qualità che distingue una birra artigianale da una commerciale. E’ stato fatto tanto, ma ancora tanto dev’essere fatto per dare longevità alla cultura brassicola italiana. Grazie al Ritual Lab che continua la sua missione, per certi versi complessa ma sicuramente più che riconosciuta, di diffondere la vera buona birra in Italia.
Buona birra a tutti