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Full Nerd #1: La birra hi-tech realizzata con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale

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Nel terzo millennio tra droni, auto elettriche, robot, viaggi su Marte e strumenti smart, di certo non poteva mancare la birra hi-tech. Si tratta della Full Nerd #1, birra realizzata da un programmatore Nvidia attraverso l’utilizzo del deep learning. Il risultato è una bionda leggera, piacevolmente equilibrata che profuma di luppolo.

Lo sperimentatore di casa Nvidia è Eric Boucher, programmatore e appassionato di birre, nato in Francia e residente nei pressi di Sacramento (California), il quale servendosi del software Textgenrnn, rete neurale che elaborando i dati ricevuti ricerca le combinazioni migliori possibili, ha analizzato più di cento ricette riportate su MoreBeer.com.

Grazie anche al contributo della Gpu Titan V, ultimo ritrovato Nvidia, l’esperimento è stato in grado di sviluppare 10 possibili ricette. Tuttavia, come ha dichiarato lo stesso Boucher sul blog Nvidia, alcune erano “strambe e impossibili da preparare“. Alla fine però, la scelta è ricaduta su una birra di 5,2 %vol. rinfrescante, dalla facile bevuta e ben profumata grazie all’utilizzo di luppoli Warrior, Cascade e Amarillo.

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Full Nerd #1
Full Nerd #1: La birra hi-tech realizzata con l'aiuto dell'Intelligenza Artificiale 6

La Full Nerd #1 risulta una birra equilibrata, “ne troppo dolce, ne troppo amara“, dal piacevole aroma luppolato e un finale lungo e complesso.

Ma la birra hi-tech non è che l’inizio! Infatti dopo i consensi ricevuti per questo particolare esperimento, l’homebrewer della Nvidia dichiara che il prossimo progetto potrebbe coinvolgere una birra scusa oppure di una lager.

Fonte Nvidia

Riflessioni!

Nonostante la notizia possa essere, oltre che d’interesse birraio, anche a sfondo pubblicitario sui prodotti realizzati dal colosso americano, sicuramente la tecnologia AI potrebbe avere davvero un seguito nella produzione brassicola.

Già utilizzata in passato per analizzare la struttura organolettica della birra, le potenzialità di questa tecnologia sono davvero infinite. Tuttavia mi sorge un dubbio!

evoluzione

Sarà che sono un affezionato del tradizionalismo birraio, sarà che mi piace l’idea della ricetta ideata e ragionata da una mente che è arrivata al gusto perfetto dopo anni di sperimentazioni, ma certe cose vanno fatte con la manualità che solo l’esperienza può offrire.

Sono d’accordo alla tecnologia che coadiuvi il lavoro del birraio, attraverso controlli approfonditi sugli step della birrificazione. Tuttavia arrivare a utilizzare un’intelligenza artificiale che ragioni come un mastro birraio, forse è davvero troppo!

Sarà questa la nuova era della birra? Non ci resta che attendere.

Buona birra a tutti.

Il priming nella birra: Tutti i dettagli del come farlo bene!

La frizzante vivacità è una delle qualità che più caratterizza la birra. Cosa sarebbe in fondo questa bevanda senza quel tocco brioso e spiritoso che aiuta la bevuta sostenendo corpo e aroma? La piacevole bollicina che si forma versando la birra nel bicchiere e che si percepisce sorseggiando questa bevanda, è frutto di un processo denominato Priming. Sebbene si tratti di un passaggio della birrificazione relativamente semplice va comunque affrontato con attenzione e precisione, altrimenti non solo si rischia di rovinare la birra, ma ci si potrebbe anche ferire!

Indice

  1. Il priming nella birra
  2. La carbonazione correlata allo stile
  3. Alternativa allo zucchero di priming

Il priming nella birra

Il priming è l’ultimo passaggio che si compie prima d’imbottigliare la birra. E’ uno step realizzato attraverso l’utilizzo di una piccola dose di fermentabile, che il birraio inserisce nel fermentatore o direttamente in bottiglia, per stimolare le cellule di lievito assopite a rifermentare nuovamente.

L’effetto di questa stimolazione sarà la conseguente produzione di CO2, che andrà in parte a compensare lo spazio vacante in bottiglia e in parte a legarsi alla birra conferendogli così la caratteristica carbonazione.

La carbonazione, definita in CO2 (anidride carbonica) disciolta in 1 l d’acqua, è misurata convenzionalmente in Volume CO2/lt.

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La carbonazione correlata allo stile

zollette di zucchero

Solitamente durante la fase di priming si utilizza il classico zucchero bianco, in quanto durante la rifermentazione in bottiglia rimane tendenzialmente un’aggiunta neutra. Ogni grammo di zucchero che fermenta all’interno della bottiglia produrrà:

  • 0,5 g di alcol;
  • 0,5 g di CO2, equivalenti a 0,25 ml.

Ne deriva che per ottenere 1 vol. di CO2/lt, occorrono 4 g di zucchero. Di conseguenza più zucchero si utilizza, maggiore sarà il livello di carbonazione della birra finita.

Stili CO2/Vol.
Tab 1

Sebbene la carbonazione casalinga sia un fattore tendenzialmente variabile, definita il più delle volte dal gusto del birraio, dovrebbe seguire invece un disegno definito dallo stile prodotto. Infatti come riporta la tabella (tab 1), ci sono stili con una carbonazione più pronunciata rispetto ad altri che, avendo una bollicina più “pacata”, concedono spazio ad altre qualità organolettiche.

Effettuare un priming diverso dal range definito dallo stile, non solo fa si che la birra perda parte della sua identità, ma potrebbe addirittura compromettere le qualità organolettiche finali.

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Alternative allo zucchero di priming

Oltre allo zucchero ci sono altri fermentabili capaci di dare carbonazione alla birra. Ne esistono di diverso tipo, con resa di CO2 e qualità sensoriali differenti tra loro.

Lo zucchero, come anticipato, è utilizzato nel priming della birra perché tendenzialmente rimane un ingrediente neutro. Tuttavia esistono fermentabili, che oltre a fornire CO2 alla birra, arricchiscono questa bevanda (seppur in minima parte) con profumi e sapori molto particolari.

Fermentabile Gr/Lt
Tab 2

Uno di questi fermentabili “alternativi” è ad esempio il miele, il quale può arricchire la birra con diversi profumi in relazione agli ingredienti con cui si ricava (castagno, fiori d’arancio, anice, ecc).

Naturalmente la variazione di fermentabile modifica la quantità che dovrà essere utilizzata durante il priming (clicca qui se vuoi sapere come fare il Priming). Nella tabella (tab 2) è possibile notare la quantità di ogni fermentabile, espressa in Gr/lt, necessaria per ottenere 1 vol. di CO2/lt.

N.B.: E’ importante rispettare le quantità di fermentabile utilizzato per la rifermentazione in bottiglia. Una sovraccarbonazione, oltre che compromettere la struttura organolettica della birra finita, potrebbe portare all’esplosione delle bottiglie!

La soluzione zuccherina

zucchero e siringa

Oltre al classico metodo di priming, che consiste nell’introdurre del fermentabile all’interno del mosto, è possibile preparare una soluzione che andrà a carbonare in modo pratico e preciso la birra finita. Non ne parlerò in questo articolo, in quanto esiste già un approfondimento in merito.

Se vuoi approfondire il Priming, scoprendo le quantità da utilizzare anche attraverso l’utilizzo di un preparato a base di acqua e zucchero, ti consiglio di dare un’occhiata la mia guida! Clicca qui per leggere l’articolo e scaricare il foglio di calcolo relativo alla giusta dose di soluzione zuccherina utile per fare priming.

Buona birra a tutti.

Spillatrice per birra: i 5 migliori modelli sul mercato!

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La birra, specie in Italia, ha conosciuto un grande apprezzamento, favorendo di fatto i consumi che sono letteralmente balzati alle stelle. Una fortunata coincidenza sia per gli addetti ai lavori, incentivati a produzioni nuove e sfiziose, che per i venditori, sempre più abituati a incontrare personale esigente e mediamente preparato in materia. E’ infatti noto che oggigiorno gli amanti della buona birra cercano la bevuta di qualità, affidandosi quando possibile alla sapienza del publican e alla loro magistrale spillatura. Ma è possibile degustare da casa la birra spillata e servita come al pub? Con i giusti mezzi si! In questo articolo vi illustrerò la spillatrice per birra, in particolare parleremo di 5 modelli che ritengo essere attualmente i più validi sul mercato

N.B.: Ci tengo a precisare che la selezione di questi articoli non è in alcun modo incentivata dai produttori. Tuttavia i link a cui si collegano, vi faranno atterrare sulla piattaforma Amazon a cui sono iscritto come affiliato. Tale affiliazione mi riconoscerà una piccola percentuale sul vostro acquisto.

Coloro che saranno intenzionati ad acquistare qualsiasi di queste spillatrici per birra lo potranno fare comodamente dal link, che vi riporterà al vostro account Amazon senza nessun costo aggiuntivo e in piena sicurezza. Questo, inoltre, vi consentirà qualora avrete piacere di contribuire al progetto del “Il Birraio Matto”. Grazie a coloro che lo supporteranno!

I migliori modelli di spillatrice di birra domestica

H.Koenig BW1880

spillatore birra H.Koenig BW1880

Compatibile con i fusti Heineken e con quelli universali da 5 litri pressurizzati e non, conserva la birra fino a 30 giorni a una temperatura regolabile da 2 a 12 °C. Quest’ultima comodamente indicata sul display.

Possiede il corpo in acciaio inox e un sistema di raffreddamento integrato, che consente di essere indipendenti dal frigo. Infatti basterà semplicemente inserire il fusto all’interno della spillatrice, per ritrovarselo in seguito alla temperatura desiderata.

Il vantaggio di questa spillatrice per birra è di consentire il montaggio di fusti universali (quindi un’ampia scelta) anche non pressurizzati, grazie all’impiego delle cartucce di CO2. Inoltre smontando la maniglia e il recipiente di raccolta si potrà pulire con facilità.

Con una potenza di 65 W ha una classe di consumo energetico A+++. La potrete trovare al seguente link.

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Philips Perfect Draft HD3720/25

Philips Perfect Draft HD3720/25

Spillatrice per birra marchiata Phlips, che monta fusti da 6 litri appositamente prodotti per la Perfect Draft. Attraverso questa spillatrice sarà possibile avere birra fresca per 30 giorni, che sarà mantenuta a temperatura (3 °C) grazie al sistema di refrigerazione interna.

Dotata di un comodo display LCD, indica la temperatura, il volume di rimanenza della birra e la freschezza intesa come tempo di permanenza del fusto nella macchina.

Non prevede il montaggio di bombolette di CO2, per cui non possono essere adattati fusti non pressurizzati. Sebbene la Perfect Draft vincoli all’acquisto di una sola determinata tipologia di fusti, appositamente pensati per questa macchina, è possibile reperire un grande assortimento che annovera le migliori birre al mondo. La potrete trovare al seguente link.

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Klarstein Tap2Go Mobile

Spillatore birra KLARSTEIN Tap2Go Mobile

Si tratta di una spillatrice per birra, che all’occorrenza di trasforma in un pratico frigo per bibite. E’ marchiata Klarstein, colosso tedesco famoso per la vendita di piccoli e grandi elettrodomestici, nonché di strumenti per l’homebrewing.

Il sistema di spillatura della Klarstein Tap2Go Mobile consente di raffreddare e degustare birre da fusti universali pressurizzati e fusti Heineken da 5 litri.

Se all’interno della spillatrice non viene inserito nessun fusto, il contenitore si trasforma in frigo per raffreddare bottiglie e lattine. Inoltre garantisce il funzionamento anche fuori casa, grazie al pratico spinotto per accendisigari disponibile all’interno della confezione.

Possiede inoltre un display che indica la temperatura della birra e un recipiente di raccolta per il deposito di schiuma in eccesso. La potrete trovare al seguente link.

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Klarstein Skal

Spillatore birra Klarstein Skal

Altra spillatrice di birra marchiata Klarstein. Rispetto al precedente macchinario, questa spillatrice consente di utilizzare fusti da 5 litri pressurizzati e non, grazie all’impiego delle bombolette di CO2.

Dotata di un sistema di refrigerazione autonoma (un pochino rumoroso, ma comunque tollerabile), consente di raffreddare e mantenere i fusti a una temperatura regolabile compresa tra i 2 e 12 °C. La temperatura è visualizzabile sul display LED posizionato sopra la macchina.

Come anticipato in precedenza, si adatta a tutti i fusti da 5 litri (pressurizzati e non), i quali rimarranno freschi per un massimo di 7 giorni. Nella confezione inoltre è compreso un pratico adattatore per i fusti Heineken. Il sistema di spillatura (in parte smontabile) e il cassetto di raccolta della schiuma in eccesso rimovibile consentiranno una rapida e semplice pulizia. La potrete trovare al seguente link.

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Krups Loft Edition

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Si tratta di una spillatrice a marchio Krups, leader tedesco che da oltre 150 anni produce elettrodomestici. Dal design elegante, la spillatrice di birra Loft Edition consente di utilizzare tutti i fusti a pressione compatibili BeerTender (Heineken, Affligem, Carmin, Desperados, Pelforth ed Edelweiss).

Grazie al sistema di refrigerazione autonoma consente di raffreddare la birra fino a 4 °C e di mantenerla fresca per 30 giorni dopo l’attivazione del fusto. Inoltre grazie al display posizionato sulla parte alta della macchina, il modello VB700E di Krups indica il livello di raffreddamento del fusto e la quantità di birra rimanente. La potrete trovare al seguente link.

Buona birra a tutti.

Birra in All Grain: Multi-Step o Single-Step? I due metodi a confronto!

Fare birra in casa oggigiorno è alla portata di tutti. Basta seguire le semplici istruzioni dei pratici kit, e il gioco è fatto! Tuttavia esistono tecniche più complesse di birrificazione, che consentono di ottenere risultati di gran lunga superiori rispetto ai canoni standard disegnati dai kit in vendita. Ovviamente mi riferisco all’All Grain, una tecnica avanzata e complessa, che consente di fare birra in casa riproducendo i passaggi che si compiono in un vero birrificio. L’All Grain però, divide il mondo dell’homebrewing in due fazioni. Da una parte ci sono i fedeli del metodo Multi-Step, complesso e articolato; dall’altra ci sono i seguaci del metodo Single-Step, veloce e pratico. Per capire le differenze di questi due metodi appartenenti alla tecnica All Grain, dobbiamo esaminarli dettagliatamente.

Indice

  1. All Grain: birra col metodo Multi-Step
  2. All Grain: birra col metodo Single-Step
  3. Considerazioni

All Grain: birra col metodo Multi-Step

Il Multi Step è il metodo classico di fare birra in All Grain. Infatti prima che il progresso e la chimica intervenissero sul mosto, consentendo di capirne e modificarne i parametri fondamentali della produzione birraia, il Multi-Step era l’unico metodo capace di ottenere risultati apprezzabili tra i fornelli di casa.

sveglia

Col passare del tempo, però, e con l’approfondimento dei processi chimici che avvengono all’interno della pentola, il classico modo di produrre birra in casa si è rivelato troppo articolato e dispendioso in termini di tempo.

Questo ha portato molti homebrewers a preferire il Single-Step, più veloce e pratico, in quanto bypassa letteralmente alcuni passaggi del Multi-Step. Tuttavia il Multi-Step continua ad avere i suoi fedeli sostenitori, convinti che attraverso questa metodica le birre ottenute siano decisamente migliori. Ma sarà davvero così? Vediamo quali sono i passaggi del Multi-Step!

I passaggi

I passaggi del Multi-Step sono diversi, e portano l’ammostamento a durare 3-4 ore. Un tempo sicuramente lungo, che tuttavia trova spiegazione nelle reazioni che avvengono all’interno della pentola. Le fasi sono:

tempo clessidra
  • Mash In: 45 °C (10/15 min). È la prima fase dell’ammostamento, in cui sono inseriti tutti i malti in pentola;
  • Acid Rest: 35-49 °C (20/40 min). E’ un passaggio effettuato per produrre acido fitico. Quest’acido serve ad abbassare il pH del mosto;
  • Beta-Glucan Rest: 40-45 °C (10/15 min). Ha il compito di disgregare una certa quantità di enzimi beta-glucani che, in quantità troppo elevata, rendono il mosto colloso, alterando di fatto l’efficacia dello sparge;
  • Ferulic Rest: 43-45 °C (30 min). Questo passaggio si effettua per sciogliere l’acido ferulico presente nel malto, caratterizzando di fatto i fenoli nella birra. L’acido ferulico (C10H10O4) in fase di fermentazione perde una molecola di CO2 trasformandosi in 4-vinil-guaiacolo (C9H10O2), famoso per l’aroma di chiodi di garofano tipico in stili Waizen;
  • Protein Rest: 40-52 °C (10/15 min). In questo passaggio avviene l’attivazione degli enzimi proteiase e peptidase, che lavorano rispettivamente nei range di temperatura più bassa e più alta dello step. Gli enzimi delle proteinasi lavorano su proteine di grosse dimensioni, disgregandole in molecole di media lunghezza come i polipeptidi. A loro volta i polipeptidi sono attaccati dalle peptidasi, che andranno a disgregarli in composti ancora più piccoli, come i peptidi e amminoacidi. Peptidi e aminoacidi andranno a nutrire il lievito e a contribuire per la buona tenuta della schiuma;
  • Beta Amilase: 60-65 °C (30/60 min). Questo step serve a rendere il mosto più fermentabile e quindi maggiormente secco e alcolico.
  • Alpha Amilase: 68-72 °C (20/30min). Questo step serve a produrre nel mosto più destrine, aumentando di conseguenza sapore maltato e corposità nella birra finita;
  • Mash Out: 77-78 °C (10 min). È il processo con cui s’interrompe tutta l’amilasi e la conversione di altri fermentabili.

N.B.: Il rapporto tra Beta e Alpha Amilase è determinante per la buona riuscita di una birra. Propendere per un enzima piuttosto che un altro, potrebbe generare birre sbilanciate. A tale proposito è bene trovare sempre un equilibrio, che consenta di non produrre birre troppo alcoliche oppure senza corpo.

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All Grain: birra col metodo Single-Step

Dopo aver esaminato il metodo Multi-Step della tecnica All Grain, da sempre utilizzato per produrre birra, spostiamo l’attenzione sul Single-Step. Come anticipato, questo metodo consente di realizzare ottime birre, col vantaggio però di non impiegare la grossa mole di tempo utilizzata nel Multi-Step.

salto di tempo

Chi utilizza questa metodica riferisce di ottenere risultati identici a quelli ricavati dal Multi-Step. In realtà oggi gli strumenti a disposizione degli Homebrewers sono diversi, e tutti capaci di rendere la vita del birraio estremamente facile e pratica.

Grazie all’utilizzo di espedienti come malti modificati, acidi alimentari e lieviti accuratamente scelti, i tempi di birrificazione si sono notevolmente ridotti, con risultati sicuramente apprezzabili. Vediamo dunque i passaggi del Single-Step!

I passaggi

I passaggi del Single-Step vanno a ridurre al minimo indispensabile i tempi di birrificazione, portando l’ammostamento a durare complessivamente meno di 2 ore. Le fasi sono:

  • Mash In: Come per il Multi-Step questo passaggio si esegue a 45 °C (10/15 min). È la prima fase dell’ammostamento, che prevede l’introduzione dei malti in pentola. Tuttavia molte ricette bypassano questo passaggio andando direttamente allo step delle Amilasi;
  • Beta e Alpha Amilase: Questo step è presente anche nel Single-Step e si occupa della conversione degli enzimi (Beta e Alpha) che andranno a influenzare la fermentabilità, il sapore e il corpo della birra finita. Nel Single-Step questo passaggio è eseguito come unica pausa, solitamente della durata di 60 min con una temperatura compresa tra 62-69 °C. Tuttavia questo passaggio potrebbe prolungarsi perché legato alla conversione degli amidi, verificabile col test della tintura di iodio (leggi l’articolo e guarda il video sul canale Youtube);
  • Mash Out: Ultimo passaggio dell’ammostamento eseguito per interrompere la conversione degli amidi.

Perché non realizzare i passaggi del Multi-Step?

Dubbio
  • Acid Rest: E’ una fase che non viene eseguita perché serve a regolare il pH del mosto. Nel Single-Step sono utilizzati gli acidi alimentari, che vanno a interagire direttamente sul pH;
  • Beta-Glucan Rest: E’ lo step utile a ridurre i beta-glucani, che se presenti in grande quantità, sono responsabili di un mosto troppo stuccoso a discapito dello sparge. Per ovviare a tutto ciò, si potrebbe utilizzare la lolla di riso che aiuta il filtraggio delle trebbie;
  • Ferulic Rest: L’obiettivo dello step è la produzione di fenoli attraverso l’acido ferulico che, in fase di fermentazione, si trasforma in 4-vinil-guaiacolo. La formazione di fenoli, essenziale nella produzione di Weizen, può essere ovviata con l’aggiunta di un adeguato lievito;
  • Protein Rest: E’ uno step che in molti ritengono utile, ma non indispensabile! Questo step ha il compito di migliorare la tenuta della schiuma. Nonostante non sia ancora ben chiaro quale sia la proteina responsabile della buona tenuta della schiuma, con il grado di modifica dei malti, è uno step che in molti evitano oppure eseguono nel range più alto della temperatura 45 °C (max 10 min).
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Considerazioni

scheletro con birra

Il Multi-Step e il Single-Step rappresentano i due metodi che dividono di fatto la tecnica dell’All Grain. Entrambi fanno parte di una filosofia o di una preferenza, in quanto a livello scientifico non c’è nulla di comprovato che una tecnica sia superiore all’altra.

Tuttavia bisogna anche considerare l’allettante possibilità di fare ottima birra nella metà del tempo. Questo sicuramente ha spinto e continuerà a spingere tantissimi homebrewers a preferire il Single-Step.

Multi Step o Single Step? A voi la scelta!

Buona birra a tutti.

Accordo tra Unionbirrai e Cibus: Birra dell’Anno 2021 sarà a Parma

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Firmato l’accordo della partnership tra Unionbirrai e Cibus Salone Internazionale dell’Alimentazione. L’intesa permetterà all’Associazione dei Piccoli Birrifici Indipendenti di avere uno spazio dedicato nella XX° edizione della fiera del Made in Italy alimentare. L’evento si svolgerà dal 4 al 7 maggio 2021 a Parma, e servirà per promuovere e sostenere la birra artigianale italiana. Inoltre nella stessa occasione ci sarà il concorso Birra dell’Anno 2021, giunto alla sua XVI edizione, che premierà le migliori birre artigianali Made in Italy.

Le dichiarazioni Unionbirrai

logo unionbirrai

Cibus è l’evento che rappresenta l’eccellenza del Made in Italy in ambito agroalimentare – ha dichiarato Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai -. La partnership con Cibus è una grande novità, sia per il concorso Birra dell’Anno sia per i birrifici artigianali. Questi avranno così l’occasione di entrare in un network BtoB e di far conoscere i propri prodotti al mercato nazionale e internazionale.

Il Salone Internazionale dell’Alimentazione – continua Ferraris – sarà inoltre il palcoscenico ideale per la premiazione del concorso Birra dell’Anno 2021. Un evento che valorizza le eccellenze della birra indipendente artigianale italiana. Con Cibus, infine, è stata condivisa l’opportunità di creare dei momenti di incontro fuori fiera, affinché oltre agli appuntamenti BtoB, i birrifici possano incontrare i consumatori“.

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locandina  20° edizione della fiera del Made in Italy alimentare
Accordo tra Unionbirrai e Cibus: Birra dell’Anno 2021 sarà a Parma 28

Abbiamo scelto di cambiare location, da Beer Attraction di Rimini a Parma, dopo tanti anni per ottimizzare i vantaggi commerciali per i birrifici – aggiunge Giampaolo Sangiorgi, responsabile gruppo marketing ed eventi di Unionbirrai -. La nostra scelta è ricaduta su Cibus per diverse motivazioni, non ultima il periodo dello svolgimento della fiera. Sarà una collaborazione nuova e proficua, che aprirà una serie di ottimi scenari per la birra artigianale italiana“.

Dichiarazioni Cibus

loco cibus

Cibus ha firmato oggi un accordo quadro con Unionbirrai che porterà a Parma il prestigioso premio Birra dell’Anno. Un accordo che contribuirà anche a dare nuove opportunità di business a tutta la community dei microbirrifici italiani. – ha aggiunto Riccardo Caravita, Cibus and Food Brand Manager – Il successo dei grandi eventi fieristici avviene anche grazie a importanti e strategiche alleanze.

Il nostro obiettivo – continua Caravita – è quello di completare la già ricca offerta assortimentale, che consentirà ai top buyer italiani ed esteri d’incontrare al prossimo Cibus 2021 il meglio delle birre artigianali italiane.

Un ringraziamento va a Unionbirrai e al suo presidente Vittorio Ferraris, che in un momento così delicato per il settore hanno creduto nel cambiamento e in un innovativo e ambizioso progetto. Un grazie anche al prezioso ruolo di Luca Grandi (Birra Nostra) che negli anni ha sempre lavorato per lo sviluppo e la crescita della sezione MicroMalto all’interno di Cibus“.

I prossimi appuntamenti

locandina Cibus Forum - food&beverage e Covid: dalla transizione alla trasformazione

In attesa di maggio 2021, che vedrà l’evolversi della fiera e del concorso Birra dell’Anno, l’accordo tra Unionbirrai e Cibus sarà già attivo in occasione del forum internazionale “Cibus Forum – food&beverage e Covid: dalla transizione alla trasformazione“, organizzato dal 2 al 3 settembre 2020 a Parma.

L’appuntamento, che accoglierà in sicurezza un numero ristretto di ospiti e key speaker, sarà nel quartiere fieristico di Parma e trasmesso in diretta streaming. L’obiettivo sarà discutere come sono cambiati i comportamenti dei consumatori dopo il Covid e quali saranno i prospetti futuri della filiera agroalimentate.

Fonte Unionbirrai

Buona birra a tutti.

Meet the Farmer: il tour al luppoleto organizzato da Unionbirrai

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Dopo il grande successo dell’edizione precedente avvenuta a luglio, ritorna l’appuntamento con Meet the Farmer organizzato da Unionbirrai. Si tratta di un tour guidato, che si svolgerà all’interno del luppoleto Italian Hops Company, intervallato da approfondimenti sulle operazioni colturali e sulla coltivazione del luppolo.

luppoleto

Italian Hops Company è la prima azienda italiana che dal 2014 si occupa della produzione e commercializzazione di luppolo. Sorge a Modena, nella fertile terra emiliana, con l’obiettivo di colmare la grande mancanza di una filiera italiana dedita alla produzione di luppolo.

L’azienda oggi è un solido punto di riferimento. Sostenitrice del settore birraio e dell’industria del luppolo di qualità, che conta tra le diverse specie coltivate anche alcune varietà autoctone!

Meet the Farmer: Il programma

Il Meet the Farmer che si svolgerà ad agosto, prevede due diverse giornate. La prima, lunedì 24 agosto 2020, riservata ai birrifici. La seconda, lunedì 31 agosto 2020, riservata agli appassionati del settore.

tour guidato

Alle ore 11.30 inizierà la visita a cura di Ludovico Lucchi (responsabile di produzione IHC), Tommaso Ganino (responsabile scientifico Università di Parma) ed Eugenio Pellicciari (responsabile operativo IHC). I rappresentanti del luppoleto di via Decana 3 a Campogalliano (MO), intratterranno i partecipanti direttamente nel campo con approfondimenti sulle operazioni di fine stagione e raccolta del luppolo.

Alle ore 13.30 pranzo in loco, per poi ripartire alle ore 15.00 con gli approfondimenti sui temi trattati in mattinata; con test in campo; panel test con schede di degustazione; comparazione e terroir.

L’evento che si svolgerà anche in caso di pioggia, avrà un costo d’iscrizione di 61,00 € per i NON SOCI e di 31,00 € per i SOCI. A tutti i partecipanti inoltre, verrà riservato un accesso gratuito al webinar che si terrà a settembre 2020 per approfondire la ricerca sulla filiera del luppolo e IGA, a cura del gruppo Birrifici Agricoli di UB.

Per informazioni:

Buona birra a tutti.

La luppolatura del mosto: lo step che dona carattere e fascino alla birra

Il luppolo è l’anima dell’intero processo brassicolo, che conferisce alla birra carattere e fascino. Questo fiore coadiuva, insieme agli altri ingredienti necessari per birrificare (acqua, malto e lievito), a costruire il profilo organolettico della birra, delineando in particolare aroma e amaricatura. Il processo che permette di arricchire il mosto, e quindi la birra, con tutte le qualità del luppolo è detto luppolatura. Ma in cosa consiste nell’atto pratico la luppolatura e perché è così importante farla? Inoltre esistono altri modi per imprimere al mosto la giusta impronta luppolata? Cerchiamo di fare un po’ chiarezza in merito!

Indice

  1. La luppolatura del mosto nella birra fatta in casa
  2. La luppolatura a freddo: Il Dry Hopping
  3. L’importanza della luppolatura

La luppolatura del mosto nella birra fatta in casa

Dopo l’ammostamento, in cui avviene l’estrazione degli zuccheri, si giunge alla fase d’inserimento del luppolo. Luppolare il mosto è un’operazione che va eseguita con attenzione, in quanto durante questa fase si sviluppa buona parte dell’aroma caratterizzante la nostra birra.

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luppolatura

La luppolatura consiste nel praticare un’infusione del luppolo, inserito nel mosto, secondo tempi e ordini prestabiliti. Dal momento in cui il mosto inizia a bollire, il birraio dovrà procedere a gettare il luppolo in pentola.

Ma come si articola nell’atto pratico la luppolatura? Solitamente la luppolatura del mosto si articola in due fasi, che serviranno ad imprimere alla birra amaro e aroma. In una cotta, in cui la luppolatura durerà 60 minuti:

  • La luppolatura ha inizio appena il mosto arriva a bollore. I 30 minuti iniziali della luppolatura serviranno ad amaricare il mosto e quindi a dare l’amaro alla birra finale. In questa fase gli oli essenziali del luppolo rilasciati nel mosto evaporeranno, lasciando spazio alle resine che conferiranno l’amaro. Durante questa fase si potranno inserire più luppoli, i quali solitamente tenderanno ad avere un AA% (alfa acido) piuttosto elevato.
  • I 30 minuti finali della luppolatura serviranno a conferire aroma alla birra. In questa fase gli oli essenziali del luppolo non avranno il tempo di evaporare completamente, che di conseguenza rimarranno intrappolati nel mosto. Durante questa fase si potranno inserire più luppoli, i quali solitamente tenderanno ad avere un AA% (alfa acido) basso.

N.B.: La scelta e la quantità del luppolo da inserire in pentola sono stabilite dalla ricetta. Variare tipologia, quantità e tempi d’infusione può far cambiare radicalmente carattere alla birra finita, rendendola anche poco appetibile. E’ consigliabile non modificare questi parametri e attenersi scrupolosamente alla ricetta!

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La luppolatura a freddo: Il Dry Hopping

Oltre alla classica luppolatura praticata durante la bollitura del mosto, esiste un altro modo per imprimere alla birra i profumi del luppolo. Si tratta della luppolatura a freddo o comunemente chiamata Dry Hopping!

Attenzione però! Il Dry hopping solitamente va a supporto della luppolatura standard. Questa tecnica serve principalmente per accentuare l’impronta luppolata, tipica di determinati stili come le IPA e le Double IPA.

Calza filtrante

La luppolatura a freddo (leggi la guida dettagliata) consiste nell’aggiungere il luppolo all’interno del fermentatore. L’inserimento è effettuato tendenzialmente dopo la prima fase vigorosa della fermentazione, e lasciato in infusione dai 3 ai 5 giorni. Per un inserimento più agevolato del luppolo si utilizzano delle pratiche calze filtranti. Clicca qui se vuoi acquistarle su Amazon!

L’importanza della luppolatura

Oltre all’aspetto “estetico” della luppolatura, questo delicato passaggio della produzione birraia possiede anche un importante aspetto funzionale. Sicuramente parlando di luppolo e luppolatura, la mente si ricollega alla parte sensoriale della birra. L’aroma ovviamente è uno dei connotati più rilevanti di questa preziosa bevanda. Ma la luppolatura in realtà serve anche ad altro!

Calore

Il mosto è l’ambiente perfetto per la proliferazione di ogni microrganismo. Si tratta del classico “paese dei balocchi” dove lieviti, batteri e compagnia bella possono vivere e prosperare. Fortunatamente il processo brassicolo ha delle regole bene precise, e una di queste raccomanda la scupolosa sanitizzazione!

Solitamente quando si parla di sanitizzazione ci si riferisce a fermentatore e utensili vari, tuttavia questa operazione va applicata anche al mosto! Ovviamente è impensabile utilizzare prodotti chimici per impedire la proliferazione di microrganismi all’interno del mosto, per cui si utilizza il calore.

L’intensa bollitura infatti consente al mosto, oltre che di amaricarlo e aromatizzarlo, di renderlo privo di agenti contaminanti. Insomma un posto sicuro e tranquillo in cui il lievito scelto dal birraio possa fermentare.

N.B.: Il calore è uno degli elementi essenziali della luppolatura, ma le alte temperature non consento al lievito di vivere. Per cui prima di inoculare il lievito e iniziare così la fermentazione, il mosto va raffreddato!

Buona birra a tutti.

Revive Gin: Nel paese del Sol Levante la birra invenduta diventa distillato!

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Cosa succede in Giappone alla birra invenduta durante il Coronavirus? Certamente disfarsi dei fiumi di birra avanzata non è un’opzione plausibile, oltre che risultare un grande spreco. Piuttosto c’è chi ha deciso di ridare nuova luce a questa bevanda ormai non più vendibile. Dal paese del Sol Levante arriva Revive Gin, il distillato ricavato dalla birra!

Non è la prima volta che un distillato si ricava dalla birra. Prima del Revive Gin c’è stato lo “Smells Like Brussels Spirit“, il distillato belga ricavato dalle scorte invendute di quattro birrifici bloccati durante il lokdown.

La trovata di riutilizzare la birra invenduta e trasformarla in distillato è venuta a The Ethical Spirits & Co, ABInBev Japan e Gekkeikan Sake Company.

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ABInBev, uno dei più grandi produttori birrari al mondo e proprietario della celebre Budweiser, ha fornito 20.000 litri di birra, mentre Gekkeikan Sake Company, colosso specializzato nella produzione e importazione di sake e altre bevande alcoliche, ha supervisionato il processo di distillazione. Della distribuzione invece, se ne occuperà The Ethical Spirit & Co.

L’innovativo Revive Gin inizia il suo percorso produttivo dalla birra, lasciata in ammollo con legno di faggio giapponese. Per completare il processo di distillazione, il composto viene aromatizzato con cannella, zucchero di canna, bacche di ginepro, luppolo e scorze di limone. Il risultato è un gin da 40 %vol. dal sapore leggero ed elegante, con richiami saporiti e speziati.

Il Revive Gin è già disponibile in prevendita però, nello shop online di The Ethical Spirit & Co, mentre il lancio ufficiale del prodotto sarà il prossimo 1° settembre. Il costo per una bottiglia da 360 ml è di 5.500 ¥, poco meno di 44 €.

Interessante è l’aspetto sociale dell’iniziativa, che devolverà parte delle vendite del Revive Gin ad artisti e operatori del settore culturale e dell’intrattenimento locale.

Buona birra a tutti.

Da Bologna arriva La Fornara: la birra romagnola che usa pane

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Sarà una tendenza o semplicemente un doveroso rispetto verso un alimento simbolo, che coniuga cultura, religione e tradizione. Il pane non va buttato, e c’è chi addirittura decide di dargli una seconda vita. Siamo nella bellissima Bologna, città dagli imponenti monumenti, del famoso Tortellino e terra natale della birra La Fornara, Golden Ale che annovera tra i suoi ingredienti anche il pane.

Pane e birra

Dopo l’iniziativa Torinese denominato Biova e il progetto del Mugello, nato dalla collaborazione tra il birrificio “Corzano 1985” di Barberino e il “Granaio dei Medici“, arriva da Bologna un’altra trovata ribattezzata “La Fornara”. E’ una Golden Ale artigianale realizzata col pane, dietro l’idea dell’associazione panificatori bolognesi, in collaborazione col Birrificio Vecchia Orsa e Gruppo Hera.

La Fornara è una birra leggera, fresca e corposa, dalla colorazione bionda e delicata. Possiede una gradazione di 5 %vol. e dei sapori che ricordano i cereali e il pane. Ma oltre all’obiettivo che sfrutta un’economia circolare, indirettamente dietro la bontà di questa birra ruota un progetto dal cuore grande.

Il progetto sociale

mani nell'orzo

A produrre La Fornara è il Birrificio Vecchia Orsa. Questa realtà birraia, che fin dall’inizio ha rifiutato l’automatizzazione del processo produttivo, nasce a San Giovanni in Persiceto (BO) nel 2007 da un progetto sociale della cooperativa bolognese Arca di Noè. Oggi il birrificio, che offre occupazione a persone svantaggiate nell’inserimento al mondo del lavoro, con un impianto da 10 ettolitri produce 12 stili birrai tutti da scoprire e degustare.

Oltre alla Fornara…

Sempre dal progetto de “La Fornara”, dalla collaborazione col birrificio Petroniano di Sasso Marconi prende piede un’altra birra. Si tratta della “Rina“, una Italian Toast Ale chiara ad altra fermentazione, con gradazione di 5,4 %vol e caratterizzata dall’impiego di pane tostato in ricetta.

L’idea di realizzare una birra utilizzando il pane, rientra nel progetto di economia circolare dell’associazione panificatori, che ha ottenuto il Premio Innovatori responsabili 2019 promosso dalla Regione Emilia-Romagna. La Fornara attualmente si trova in vendita presso i panifici associati Ascom, ma si spera ovviamente che possa prendere piede in tutta Italia.

Buona birra a tutti.

Brettanomyces: Il lato oscuro e selvaggio del lievito

Il lievito è lo scultore che plasma la birra, e che regala in parte la complessa struttura organolettica di questa bevanda. Grazie ad esso e al suo strabiliante processo fermentativo, gli zuccheri del mosto vengono metabolizzati restituendo composti dell’alcol e sentori molto particolari. Tuttavia oltre ai lieviti di cui abbiamo abbondantemente parlato sul sito (Saccharomyces Cerevisiae e Saccharomyces Uvarum), esiste un lato “sinistro” di questo mondo microscopico, in cui il birraio per volere o disavventura potrebbe imbattersi. Naturalmente mi riferisco ai Brettanomyces, o comunemente denominati Brett.

Indice

  1. Il Brettanomyces: un lievito dall’indole selvaggia
  2. La fermentazione dei Brettanomyces
  3. L’aroma dei Brett
  4. Tecniche d’impiego dei brettanomyces
  5. Conclusioni

Il Brettanomyces: un lievito dall’indole selvaggia

La prima specie di lievito Brettanomyces fu isolata da Hjelte Clausen nel 1904, presso il Carlsberg Research Laboratory, e in seguito denominata Brettanomyces Clausenii. Questi tipi di lieviti si possono ritrovare sulle bucce della frutta, ma anche sulle foglie di tè, olive e botti di legno.

vetrino brettanomyces

In ambito birraio i Brettanomyces sono tendenzialmente catalogati come lieviti deterioranti, responsabili di difetti importanti nella birra finita. La presenza di questi lieviti, infatti, può modificare completamente le proprietà organolettiche della birra, creando un carattere molto particolare, dovuto principalmente alla produzione di metaboliti secondari durante il processo fermentativo.

Questi metaboliti solitamente sono associati a sentori indesiderati, quali: acido, sudore, cartone bagnato, terroso e medicinale. Tuttavia se applicati con cognizione, i Brettanomyces possono arricchire la birra con sapori speciali ed esotici (ananas, mango, pera, uva), ed è per questa caratteristica che l’applicazione dei Brett trova impiego in birre artigianali e vini naturali.

N.B.: Se da un lato i Brettanomyces sono fautori di creazioni uniche, dall’altro (quando non voluti) possono generare difetti organolettici importanti. A tale proposito per scongiurare qualunque tipo d’infezione derivante da lieviti non desiderati, è raccomandata una sanitizzazione accurata degli strumenti che entreranno in contatto col mosto.

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La fermentazione dei Brettanomyces

Le specie appartenenti ai Brettanomyces differiscono dal classico lievito di birra, nonostante entrambi svolgano un Crabtree positivo. Si tratta di un fenomeno che interessa la respirazione di un microrganismo fermentante, che, in presenza di alte concentrazioni di glucosio, smette di respirare e inizia a fermentare.

Tuttavia, in condizioni anaerobiche, i Brett sono interessati da una fase di latenza, dovuta ad uno squilibrio redox (stress ossidativo) denominato “effetto Custers“. In condizioni aerobiche, invece, producono pochissimo glicerolo e parecchio acido acetico, che contribuisce in modo accentuato all’acidità delle fermentazioni all’aperto.

Tabella lieviti a confronto

Nonostante il glucosio rimanga la fonte preferita di nutrimento, la stragrande maggioranza dei Brett ha imparato a metabolizzare una vasta gamma di monosaccaridi, disaccaridi, trisaccaridi e destrine. Questi ultimi carboidrati rappresentano il contenuto zuccherino residuo nella birra. Ne consegue quindi, che le birre fermentate con questi lieviti risultano molto attenuate e ipocaloriche.

Ovviamente il grado di attenuazione è variabile, e muta in base alla quantità di lievito presente nel mosto e alle quantità di nutrimento e ossigeno caratterizzanti la fermentazione.

Sotto aerobiosi e con scarsità di nutrienti, i Brett utilizzano l’etanolo e l’acido acetico come fonte di nutrimento, provocando un forte squilibrio redox nella cellula. In condizioni di anaerobiosi questi lieviti si rivelano grandi produttori di etanolo, mostrando una discreta resistenza all’alcol (15% vol) e una tolleranza a un pH fino a 3 punti.

Sopravvivenza al limite del possibile

Un altro aspetto importante che caratterizza i Brettanomyces, riguarda la sopravvivenza in ambienti poveri di azoto (fonte essenziale per la sopravvivenza dei lieviti convenzionali). Una grande varietà di Brett, infatti, ha imparato a metabolizzare il nitrato (sostanza composta da azoto e ossigeno).

sopravvivenza

Grazie a questa caratteristica, i Brettanomyces sono capaci di adattarsi in ambienti poveri di ossigeno, superando l’effetto Custers e aumentando di conseguenza l’efficienza della fermentazione.

Una grande fonte di nitrati è rappresentata dal luppolo, caratterizzante il mosto della birra sia in fase di ebollizione che di dry hopping. Questa particolare attitudine spiega la rapidità di adattamento dei Brett in mosti con una percentuale luppolata pronunciata.

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L’aroma dei Brett

Oltre all’incredibile capacità di adattamento in condizioni limite per qualsiasi altro microrganismo fermentante, i Brettanomyces sono capaci di apportare alla birra una complessa struttura organolettica. Diverse volte però, specie quando la coltura di questi lieviti è involontaria o mal gestita, i fenoli e gli esteri causati dai Brett sono inaccettabili.

Fenoli

La diversità dei composti aromatici derivanti dai Brettanomyces è ampia e complessa. Tuttavia gran parte di questi ceppi sono rinomati per la produzione di fenoli volatili come il 4-etilfenolo (4-EP) e 4-etilguaiacolo (4-EG). Questi composti sono riconducibili ad aromi simili al sudore, cuoio, speziato, medicinale e affumicato.

fenoli

La produzione di questi fenoli deriva dalla conversione dell’acido ferulico e p-cumarico presente nel mosto. La conversione coinvolge due reazioni enzimatiche. Nella prima, l’enzima phenolic acid decarboxylase decarbossila gli acidi idrossicinnamici nei vinil derivati corrispondenti (4-vinil guaiacolo dall’acido ferulico e 4-vinil fenolo dall’acido para-cumarico). Nella seconda, l’enzima vinil fenolo reduttasi converte i vinil fenoli in etil fenoli.

Per contrastare l’impatto sensoriale dei fenoli volatili sono stati utilizzati diversi espedienti, come il Chitosano e il Carbone attivo nella vinificazione. Tuttavia l’attenta selezione del ceppo Brettanomyces è fondamentale per controllare il contenuto dei fenoli nella birra finale.

Esteri

Oltre ai fenoli indesiderati, i Brettanomyces sono capaci di produrre particolari esteri, che contribuiscono al gradevole sentore fruttato nella birra. Caratteristica probabilmente attribuita alla capacità del lievito di espandersi attraverso gli insetti attirati dai delicati profumi.

frutta esotica

La formazione degli esteri è molto diversa, e muta in relazione ai ceppi di Brett utilizzati. Rispetto ai lieviti convenzionali, gli esteri acetati come l’acetato di isoamile (banana) e il 2-fenilacetato (miele) non vengono prodotti e sono addirittura degradati dai Brettanomyces.

In alternativa, gli esteri etilici come l’acetato di etile, l’esanoato e l’ottanoato sono presenti in alte concentrazioni, e contribuiscono ai sapori fruttati tropicali e di ananas. Inoltre questi lieviti sono in grado di esterificare gli acidi grassi a catena media e lunga, responsabili di aromi rancidi e di formaggio, convertendo il profilo aromatico della birra verso sapori piuttosto dolci.

Attività β-glucosidasi e aromi luppolati

Un altro aspetto strabiliante dei Brettanomyces è l’attività β-glucosidasi, che scindendo il legame con alcuni composti non aromatici, si rivela estremamente importante sull’aroma dell birra. Quest’attività è comune anche in alcune specie Saccharomyces, ma con un impatto decisamente inferiore.

La β-glucosidasi consente ai Brett di scomporre il cellobiosio, uno zucchero presente anche nel legno. Questo spiega il motivo per cui questi lieviti riescono a sopravvivere tra gli assali delle botti in legno. L’enzima inoltre ha la capacità di rilasciare composti aromatici attivi, che risultano essere inodore e non volatili mentre sono legati ad una molecola di zucchero.

pianta luppolo

Nella fermentazione della birra questi zuccheri derivano dal luppolo, che possono a loro volta fornire diversi composti volatili, compresi i terpeni e il linalolo. Inoltre i lieviti possono convertire ulteriormente i monoterpeni in β-citronellolo o α-terpeniolo, che esaltano a loro volta il sapore agrumato e floreale della birra finale.

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Tecniche d’impiego dei brettanomyces

caldaia produzione birra

Utilizzare questo tipo di lieviti non è certamente semplice, in quanto i Brett sono caratterizzati da una grande instabilità placata solo dall’attenta esperienza del birraio. Tuttavia nel corso degli anni sono state messe appunto alcune tecniche, che hanno permesso quantomeno di capire come fare birra con i Brettanomyces. Tra le tecniche abbiamo:

  • Utilizzo dei Brett unitamente ai Saccaromyces. Una delle caratteristiche di questi lieviti selvaggi è quella di continuare ad aggredire gli zuccheri che i Saccaromyces non sono più in grado di digerire. Dopo la fase di fermentazione primaria a carico dei Saccaromyces, avviene l’aggiunta dei Brettanomyces. In seguito l’articolato lavoro dei Brett, restituirà acido acetico in maniera più controllata, andando a creare profili organolettici maggiormente complessi ed equilibrati.
  • Brett come unico lievito. Un’altra tecnica tipicamente americana, prevede l’utilizzo dei soli Brett. L’uso così esclusivo, favorisce la creazione di birre con un profilo acetico più pronunciato.
  • Utilizzo dei Brett con batteri lattici. La sperimentazione dei lieviti selvaggi si spinge oltre. Infatti i birrai più “spericolati” associano all’utilizzo dei Brett anche i batteri lattici, con particolari risultati acidi e aspri.
  • Affinamento in botte di legno. Dopo aver fermentato la birra con i Saccaromyces, il birraio travasa il contenuto del fermentatore in botti di legno “infetto”, le quali conferiranno un profilo elegante e raffinato.

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Considerazioni

I Brettanomyces, così come tutti gli altri lieviti non convenzionali, fanno parte di un mondo estremamente interessante, capace con i giusti mezzi di dar vita a birre e bevande fermentate di grande spessore.

Il controllo, seppur articolato, di questi lieviti evita lo sviluppo di sapori indesiderati, favorendo inoltre una fermentazione capace di realizzare birre attenuate, ipocaloriche e molto pregiate.

analisi biochimica

Negli ultimi anni, il progresso e l’applicazione dei Brettanomyces ha chiarito l’attività metabolica di questi lieviti, spiegando come riescono a spingersi oltre il limite del lievito convenzionale. Attraverso l’attenta selezione di questi ceppi sono nati diversi stili brassicoli.

E’ il caso delle Old Inglesi, che utilizzando i Classuenii/Anomalus, si caratterizzano da aromi di frutta rossa e ananas. Si potrebbe parlare di alcune birre Trappiste, rifermentate in bottiglia con i Bruxellensis per ottenere particolari venature fruttate. Oppure le birre Lambic, che utilizzando i Lambicus possiedono sentori terrosi e fruttati. Ma si potrebbe parlare anche delle Gose e di molti altri stili Funky.

Sono solo alcune delle perle nate da questi lieviti senza tempo. Comprendere quindi la genetica, la fisiologia e la botanica di questi microrganismi è fondamentale per delineare ulteriori sapori e profumi ancora inesplorati.

Buona birra a tutti.

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