Home Blog Pagina 17

Hop Tony, Hop! La prima birra con solo luppolo autoctono italiano

0

La birra Made in Italy ha fatto davvero passi da gigante, risultando di fatto una bevanda apprezzata da tutto il panorama birraio mondiale. Merito della passione con cui gli addetti ai lavori hanno affrontato questa cultura d’oltre confine, ma anche dell’utilizzo di materie prime eccellenti che hanno trovato nel tricolore una nuova vita. Dopotutto l’Italia è da sempre la culla dei migliori prodotti derivanti dalla terra, ed è per questo che molte aziende hanno investito nell’agricoltura contribuendo alla valorizzazione e alla distribuzione di questi rari tesori. Tra i prodotti che vantano nel proprio DNA la qualità italiana c’è la “Hop Tony, Hop!“, birra realizzata con luppolo autoctono dal Birrificio Italiano in collaborazione con l’Italian Hops Company.

Il progetto

Italian Hops Company

Il progetto che ha portato l’Italian Hops Company a isolare varietà di luppolo autoctone nasce nel 2011, grazie alla collaborazione col Comune di Marano sul Panaro (MO) e l’Università degli studi di Parma.

Nel 2012 inizia ufficialmente la coltivazione di trecento piante di luppolo, adagiate su un terreno drenante e sabbioso prossimo alle rive del fiume Panaro. Tra le piante, provenienti da una raccolta su scala nazionale che comprendeva diverse varietà selvatiche, si contavano una settantina circa di genotipi di luppolo autoctono reperito in provincia di Modena, ma anche di altre località regionali e non.

Un tuffo nel passato

In Italia, oggi, non esistono produzioni di luppolo nostrano! Tuttavia tra il XVII e il XIX secolo, proprio nel territorio di Marano, si registrò un’intensa coltivazione di questa pianta.

Tale coltivazione interessava la famiglia Montecuccoli, fedele alla corte d’Austria e alla famiglia d’Este, che nel 1630 era proprietaria delle terre modenesi. Il maggiore esponente dei Montecuccoli fu Raimondo che, oltre ad essere un valoroso ufficiale dell’Impero d’Austria, si rivelò abile nel far prosperare il proprio feudo.

L’influenza asburgica sulla tenuta interessava diversi ambiti, spaziando dalla politica alla cultura, fino a coinvolgere anche le abitudini alimentari. Infatti è dalla passione dei Montecuccoli verso la birra, che si avviò la coltivazione di luppolo proveniente dai campi imperiali.

Dal progetto alla Hop Tony, Hop!

I frutti di questo interessante progetto, che rispolverano un pochino le radici e i sapori di una bevanda timidamente prodotta anche in Italia, hanno portato alla nascita dei luppoli autoctoni Æmilia e Futura utilizzati nella Hop Tony, Hop!.

Si tratta di una bevanda che segna una svolta decisiva sul concetto di “birra italiana“. L’utilizzo di questi antichi prodotti del territorio in ambito birraio avvalora la produzione artigianale, che mette in mostra una prerogativa importante e imprescindibile di cultura e tipicità territoriale.

Birrificio Italiano

Prodotta dal Birrificio Italiano è una birra a bassa fermentazione e dal colore dorato, che attraverso delicate note di cereale, esalta i sentori del luppolo. Per apprezzarne a pieno le diversità organolettiche di questi preziosi e antichi ingredienti, la cotta della Hop Tony, Hop!, è stata divisa in due lotti: uno con l’Æmilia e l’altro col Futura. Entrambi i luppoli utilizzati in dry hopping.

Attualmente come riferisce lo stesso Birrificio Italiano, essendo una birra speciale, la Hop Tony, Hop! sarà distribuita su scala nazionale solo in fusti e nei locali partner del birrificio comasco. Ma è bene controllare sempre lo shop, chissà magari la si potrà ritrovare anche online.

Buona birra a tutti.

L’inoculo del lievito nella birra: il punto dal fermentatore alla fermentazione!

Finalmente dopo estenuanti ore passate tra fornelli, pentole e lavandini è giunto il momento di riposarsi (si fa per dire), e lasciar lavorare qualcun’altro. Una volta ultimata la bollitura, in cui il mosto acquisisce l’amaricatura e gli oli essenziali del luppolo utili per la futura birra, seguirà il travaso e il successivo inoculo del lievito nel fermentatore. Sarà il lievito a continuare il lavoro del birraio, trasformando così il mosto in birra. Ma quali sono i preparativi da fare prima dell’inoculo? Come effettuarlo correttamente? E in seguito cosa deve fare il birraio? Vediamo di fare un po’ di luce in merito!

Indice

  1. Quali sono i preparativi da fare prima di inoculare il lievito nel fermentatore?
  2. L’inoculo del lievito nel fermentatore: i consigli per arrivare spensierati alla birra
  3. Dopo l’inoculo del lievito nel fermentatore…

Quali sono i preparativi da fare prima di inoculare il lievito nel fermentatore?

Il lievito, a meno che non sia espressamente previsto, sarà l’unico microrganismo che dovrà prosperare nel mosto. L’inoculo di quest’ultimo, infatti, è un passaggio molto delicato perché il mosto, trovandosi a temperatura ambiente ed essendo un posto ideale per la proliferazione di altri microrganismi estranei, potrebbe correre il rischio di essere accidentalmente contaminato.

Inoculo lievito

Una delle regole principali dell’homebrewing è quella, per quanto possibile, di anticipare l’imprevisto. A tale proposito è necessario sanitizzare sempre tutto ciò che potrebbe entrare in contatto col mosto. Fermentatore, rubinetto, guarnizioni e mestoli sono solo alcuni degli oggetti che sicuramente potrebbero servire per l’inoculo, ed è per questo motivo che devono assolutamente essere trattati con i dovuti prodotti sanitizzanti.

N.B.: Solitamente prima di fare l’inoculo del lievito è necessario prelevare un piccolo campione di mosto, utile per misurare la densità (OG). In questa operazione è bene ricordare sempre che: il campione prelevato non va mai reinserito nel fermentatore, per evitare contaminazioni; il lievito va inoculato sempre dopo aver prelevato il campione, per evitare perdite di cellule del ceppo.

5ff864a91a8c14448e7f8e0c

Torna all’indice!

L’inoculo del lievito nel fermentatore: i consigli per arrivare spensierati alla birra

Il lievito utilizzato per fare birra, essendo vivente, necessita assolutamente di ossigeno e nutrimento. Sebbene si nutra di tutte le sostanze presenti nel mosto questo microrganismo, per iniziare la sua azione fermentativa e prosperare agevolmente, ha bisogno di ossigeno che dovrà essere per quanto possibile introdotto dal birraio.

Solo in seguito, dopo aver metabolizzato quasi tutti i nutrienti e aver terminato l’ossigeno presente nel mosto, il lievito continuerà la sua azione in modo anaerobico. Ma come fornire al lievito il giusto quantitativo di ossigeno?

Per aggiungere ossigeno al mosto, il birraio, può adoperare diversi sistemi:

Ossigenazione mosto
  • Mescolamento vigoroso: si tratta di una pratica effettuata dopo il travaso dalla pentola al fermentatore. Quando tutto il mosto sarà nel fermentatore e il lievito inoculato, il birraio, con l’ausilio di un mestolo sanitizzato, andrà a mescolare vigorosamente il composto zuccherino, favorendo così l’incapsulamento dell’ossigeno. Si noterà sulla superficie del mosto un’abbondante schiuma!
  • Utilizzo di apparecchiature: si tratta di un metodo che permette in modo automatizzato di aggiungere ossigeno al mosto travasato. Per impiegare questo sistema si utilizzano delle pompe di aspirazione, come quelle usate negli acquari per intenderci.
  • Per caduta (splashare): si tratta di una tecnica semplice e veloce che, servendosi di un rubinetto sulla pentola, sfrutta la gravità durante il travaso del mosto. Infatti utilizzando lo stesso travaso come sistema di movimento del mosto, e facendo sbattere lo stesso sulle pareti del fermentatore, si favorirà la formazione di ossigeno. In questo caso il lievito sarà aggiunto dopo il travaso nel fermentatore. Per utilizzare questo sistema è necessario posizionare la pentola di boil ad un livello più alto del fermentatore (circa un metro e mezzo di altezza).

Torna all’indice!

Dopo l’inoculo del lievito nel fermentatore…

Inizio fermentazione

Una volta inoculato il lievito si chiuderà il fermentatore col coperchio, a cui sarà stato montato il gorgoliatore con all’interno la soluzione sanitizzante. Questo strumento permetterà di avere una visione generica sull’andamento della fermentazione, agevolando l’uscita dell’anidride carbonica (derivante dal processo fermentativo) e bloccando qualsiasi contaminante presente all’esterno del fermentatore.

Chiuso il coperchio si dovrà attendere l’inizio della fermentazione, che potrebbe impiegare 8/12 ore. Durante la fermentazione è sconsigliato movimentare il fermentatore, che dovrà essere posizionato in un luogo possibilmente a temperatura costante. A tal proposito la temperatura che interesserà tutto il periodo fermentativo, dovrà essere quella riportata sulla confezione del lievito.

N.B.: Una temperatura superiore a quella consigliata, velocizza la fermentazione provocando difetti organolettici alla birra finita, mentre una temperatura inferiore potrebbe addirittura bloccare lo stesso processo fermentativo.

Il consiglio per facilitare la fermentazione

Può succedere che il lievito non sia in grado di fermentare una birra dalla densità piuttosto elevata oppure che la fermentazione abbia un avvio piuttosto rallentato. In questi casi, specie se si utilizza un lievito liquido è consigliabile eseguire uno starter, che andrà a moltiplicare e migliorare le cellule del ceppo facilitando di fatto la fermentazione. Per realizzare questo mini-mosto sarà necessario:

 beuta con lievito
  • Contenitore di vetro (tipo barattolo) sanitizzato;
  • Pentolino;
  • 500 ml di acqua;
  • 50 g d’estratto di malto.

In un pentolino andremo a bollire per 10 minuti 500 ml di acqua, che sarà successivamente raffreddata a temperatura ambiente. Nel contenitore precedentemente sanitizzato si verserà l’acqua raffreddata e 50 g d’estratto di malto, che sarà a sua volta amalgamato attraverso una leggera mescita. Successivamente s’inocula il lievito.

Per chiudere l’estremità del contenitore si posizionerà un pezzo di alluminio sanitizzato o un coperchio con gorgogliatore. Questo mini-mosto agevolerà il risveglio del lievito, che dopo l’inoculo inizierà prima il processo di fermentazione della birra.

Buona birra a tutti.

Lagunitas IPA: Una nuova veste si affaccia in Italia

0

Lagunitas IPA, la creatura del birrificio statunitense Lagunitas, si approccia all’Italia con una nuova veste, mostrando un format del tutto diverso e sostenibile. Si tratta della lattina, un formato creativo, riciclabile e leggero. Un involucro sempre più apprezzato dagli appassionati, che hanno smesso di pensare al vetro, e su cui il birrificio californiano ha deciso d’investire.

Logo Lagunitas Brewing Company

Il Lagunitas Brewing Company di Tony Magee è uno dei birrifici più rappresentativi e di grande successo della California birraia. Sorto nel 1993 a Lagunitas, cittadina della contea di Marin, un anno dopo la nascita si sposta a Petaluma, nella contea di Sonoma, luogo al tempo conosciuto per la tradizionale vocazione vinicola.

Fin dalla nascita, il Lagunitas ha abituato i suoi devoti a birre particolari. Arricchite da quel tocco provocatorio e un tantino insolente, che lo ha portato a distinguersi ed elevarsi.

Si tratta dunque di un birrificio che ama uscire dai luoghi comuni e rompere gli schemi. Un esempio è la Lagunitas IPA, che con tono ironico si dice abbia tra le vene 43 varietà di luppolo e 65 tipi di malto, in beffa a quelle trovate stupide e insensate riprodotte da réclame pubblicitarie di basso livello. Ma la realtà è solo una! La Lagunitas IPA è una birra equilibrata, bilanciata, di facile bevuta e di carattere, la quale saprà stupire ancora una volta con la lattina da 35,5 cl.

Forse vi starete chiedendo, perché proprio la lattina? L’alluminio è riciclabile ed eco-sostenibile, grazie alla leggerezza che facilita le operazioni di trasporto e di stoccaggio. Ma cosa centra con la birra? Semplicemente la lattina, rispetto al vetro, offre maggiore protezione dalla luce ed è ermetica al 100%, inoltre riesce a raffreddarsi molto più rapidamente. Per di più attraverso la lattina, i grafici possono liberare la creatività, realizzando vere e proprie opere d’arte.

Lagunitas IPA: good, authentic and insolent

Lagunitas IPA

Vestita d’arancione acceso e accompagnata da una schiuma compatta e persistente, la Lagunitas IPA conquista subito con un’estetica bella e invitante. Al naso si percepisce il dry hopping, eseguito in modo magistrale, che costruisce nell’aroma un intreccio di sentori balsamici di pino e note agrumate di pompelmo.

Al gusto si scopre un complesso accostamento di sapori d’agrumi e caramello, bilanciati da un piacevole e intenso amaro. Dalla buona corposità e dalla gradevole carbonatazione, offre una bevuta semplice e divertente, sostenuta da una gradazione alcolica di 6,2 %vol. Ottima con formaggi, antipasti e piatti speziati!

Un grazie doveroso a Dibevit Import, società che da decenni si dedica all’importazione birraia, che ha reso possibile a questa birra di essere apprezzata anche dagli italiani.

Buona birra a tutti.

La fermentazione della birra: Alla scoperta del mondo che non c’era!

Fare birra in casa è un hobby meraviglioso, capace di dare immensa soddisfazione. Chi non prova emozione al momento dell’assaggio, mentre si stappa con orgoglio una bottiglia della propria birra? Tuttavia la preparazione della birra casalinga, come d’altronde quella prodotta in birrificio, ha i suoi tempi, con passaggi improrogabili e delicatissimi. L’attesa, infatti, è il prezzo da pagare per il birraio, che si ritrova a subire i processi di trasformazione che portano il mosto a diventare birra. Uno di questi step è sicuramente la fermentazione della birra, in cui il lievito espleta la sua azione nei confronti degli zuccheri presenti nel mosto. Ma cos’è nel dettaglio la fermentazione, come si articola, e perché è così importante nella birra?

Indice

  1. Fermentazione tra stregoneria e scienza
  2. La fermentazione nella birra
  3. La fermentazione spontanea

Fermentazione tra stregoneria, misticismo e scienza

La fermentazione è un processo sempre esistito, inizialmente attribuito dalla cultura popolare a motivi magici ed esoterici, ma compreso appieno solo nel 1857 da Louis Pasteur. Prima di lui, altri studiosi cercarono di capire il complesso meccanismo della fermentazione, ma con scarsi risultati.

Nicolas Lemery
Nicolas Lemery

Uno dei primi uomini a dare una spiegazione all’incredibile trasformazione che avviene con la fermentazione fu Lémery, scienziato e indagatore dei fenomeni naturali. Esso nel 1684 definì la fermentazione come “una ebullizione causata da spiriti che, cercando una via di uscita da qualche corpo e incontrando delle parti terrestri e grossolane che si oppongono al loro passaggio, fanno gonfiare e rarefare la materia fino a quando essi si siano staccati. In questo distacco, gli spiriti dividono, assottigliano e separano i principi, rendendo così la materia di natura diversa da quella che era precedentemente“.

Da queste fantomatiche deduzioni la credenza popolare attribuì alla fermentazione significati mistici e premonitrici. Se la fermentazione avesse avuto un avvio stentato allora era segno d’imminenti dispiaceri e brutte notizie, se invece, il mosto avesse subito alterazioni erano attese gravi disgrazie. Inoltre durante la fermentazione porte e finestre dovevano rimanere chiuse, ed era importante camminare delicatamente, evitando rumori e vibrazioni che potessero disturbare il lavoro degli spiriti.

5ff864a91a8c14448e7f8e0c

Tutte queste credenze oggi trovano una ragione pratica, come gli sbalzi termici limitati dalla chiusura delle porte e il mancato movimento del mosto che migliora la sedimentazione del lievito e quindi la limpidità della bevanda.

Il punto di vista scientifico

Il primo a porsi qualche domanda scientifica sulla fermentazione fu Leeuwenhoek nel 1680, che osservò per la prima volta al microscopio il lievito. Tuttavia non seppe dare una spiegazione concreta, in quanto non si accorse che quei piccoli elementi interconnessi tra loro fossero viventi e responsabili del processo fermentativo.

Dopo di Leeuwenhoek ci fu Antoine-Laurent Lavoisier, che nel 1789 descrisse la natura della fermentazione come una trasformazione di zuccheri che mutano in anidride carbonica e alcol. Ma anche Lavoisier non collegò la natura di questo processo al lievito.

Louis Pasteur
Louis Pasteur

A chiarire definitivamente la questione fu Louis Pasteur, che nel 1857 approfondì e fece luce sul complesso meccanismo della fermentazione. Esso con i suoi esperimenti riuscì a capire e decifrare la fermentazione, attribuita al lavoro di veri e propri essere viventi con caratteristiche precise, prevedibili e controllabili.

Pasteur cambiò per sempre il modo di birrificare, semplificando la vita ai birrai dell’epoca che producevano una bevanda instabile e delicata, dimostrando anche che i problemi di contaminazione che interessavano la birra erano causati da microrganismi trasportati con l’aria.

A lui si deve la pastorizzazione, processo di riscaldamento che permette una migliore conservazione della bevanda, che preserva inoltre l’acido carbonico e la fermentazione in bottiglia. Tuttavia attraverso questo processo la birra perde un po’ del suo sapore originale.

Infatti nel mondo della birra artigianale, la pastorizzazione è un pochino il “tallone d’Achille” in quanto essendo una bevanda cruda, il fatto che non sia pastorizzata da un lato gli dona prestigio e un livello qualitativo superiore, dall’altro riduce di gran lunga i tempi di conservazione.

Torna all’indice!

La fermentazione nella birra

La fermentazione è il fulcro del processo birraio. Durante questo delicatissimo passaggio il mosto, ricavato delle materie prime, si trasforma in birra ad opera del lievito. Il lievito inoculato nel mosto andrà a nutrirsi di tutti gli zuccheri presenti, rilasciando composti connessi all’alcol, al sapore e all’aroma della birra.

Lievito al microscopio

Nonostante la fermentazione sia un processo autonomo, nel senso che il birraio una volta scelto il ceppo e la quantità di lievito da inoculare non interagisce più fisicamente col mosto, fattori come temperatura e ossigenazione hanno un’incidenza particolare sulla birra finita. Per cui il compito del birraio, dopo l’inserimento del lievito nel fermentatore, sarà quello di controllare tutti questi fattori.

Prima di avventurarci nel mondo della fermentazione è bene catalogare questo processo in due grandi famiglie:

Nell’alta fermentazione s’impiegano lieviti appartenenti alla famiglia dei  Saccharomyces cerevisiae. Questo tipo di lievito lavora solitamente tra 12-23 °C, e si caratterizza per un processo fermentativo piuttosto rapido (7 giorni circa).

Una volta completata la fermentazione, il residuo dei lieviti rimane in superficie (da qui alta fermentazione). Le birre fermentate con questi lieviti risultano avere aromi decisi e sentori tendenzialmente fruttati.

Lieviti al microscopio

Nella bassa fermentazione si utilizzano lieviti appartenenti alla famiglia dei Saccharomyces uvarumpastorianum o carlbergensis. Questi tipi di lieviti lavorano solitamente tra 7-9 °C, e si caratterizzano per un processo fermentativo piuttosto lento (7/10 giorni).

Una volta completata la fermentazione, il residuo dei lieviti si deposita sul fondo (da qui bassa fermentazione). Le birre fermentate con questi lieviti tendono ad essere più pulite e neutre, rispettando ed esaltando le caratteristiche del luppolo o del malto utilizzato.

La fermentazione nella birra si divide tra:

  • Primaria;
  • Secondaria;
  • Condizionamento e Maturazione (birra Ale) ;
  • Lagerizzazione (birra Lager).

Fermentazione primaria

La fermentazione primaria è l’inizio del ciclo fermentativo. In questa fase il lievito utilizza l’ossigeno incorporato nel mosto per produrre steroli, essenziali per la proliferazione della coltura, inoltre avviene l’acidificazione, ovvero la riduzione dei livelli di PH.

Fermentazione primaria

Terminato l’ossigeno, il lievito continua la sua azione in modalità anaerobica. In questa fase quasi tutti gli zuccheri del mosto sono stati convertiti in etanolo e CO2, inoltre la crescita del lievito e la temperatura a cui è sottoposto determinerà buona parte degli aspetti organolettici della birra finita, esteri, diacetile, ecc.

N.B.: La fermentazione della birra dipende da tanti fattori. Parte di questi fattori sono: tipo di lievito, densità iniziale, stile e temperatura (che può accelerare o frenare la fermentazione). Generalmente il processo dura tra 7/10 giorni, ma ogni fermentazione è una storia a se!

Fermentazione secondaria

La fermentazione secondaria si svolge quando buona parte degli zuccheri presenti nel mosto è stata già metabolizzata dal lievito. Questa fase interessa gli ultimi zuccheri rimasti che vengono conseguentemente esauriti, e alcuni metaboliti secondari che sono a loro volta trasformati dal lievito.

Fermentazione secondaria

Durante la fermentazione secondaria ha inizio la flocculazione, ovvero la capacità del lievito di raccogliersi in coaguli e precipitare sul fondo del fermentatore. Questo è dovuto all’aumento della percentuale alcolica e all’assenza di zuccheri e nutrienti. In questa fase inoltre avviene la riduzione del tasso di produzione di etanolo, di CO2, del diacetile e di alcuni composti aromatici che altrimenti risulterebbero particolarmente incisivi.

N.B.: Durante la fermentazione secondaria il lavoro del lievito si placa, fino al raggiungimento della densità finale (FG). La variazione è visibile anche attraverso il gorgogliatore, che adrà gradualmente a fermarsi. Inoltre la fase intermedia tra fermentazione primaria e secondaria è un ottimo momento per eseguire un travaso (se si possiedono due fermentatori). Questo passaggio contribuirà a rendere la birra più limpida.

Torna all’indice!

Condizionamento e Maturazione (birra Ale)

Al raggiungimento della densità finale, il fermentatore dovrebbe subire un abbassamento della temperatura o comunque arrivare a temperatura ambiente. Questo passaggio eseguito dal birraio, non sempre utilizzato in ambito casalingo, permette al lievito di continuare la sua flocculazione e di depositarsi sul fondo “condizionando” così la birra. Attraverso il condizionamento si potranno ridurre vari composti aromatici indesiderati (diacetile, sulfurei, acetaldeide), ottenere birre più limpide e aromi più stabilizzati.

Tuttavia il tempo di condizionamento non è uguale per tutte le birre, e varia in funzione dello stile e da altri fattori che il birraio vuole estrapolare dalla bevanda finita.

Birre ale

La maturazione o l’affinamento in bottiglia, avviene dopo il termine della fermentazione. Questo periodo che interessa le bottiglie mantenute a temperatura costante e al riparo dalla luce, può durare diversi mesi o addirittura anni.

Il tempo di maturazione dipende molto dal tipo di birra. In ambito casalingo questo passaggio permette la rifermentazione in bottiglia, grazie al priming, e l’assestamento della struttura organolettica. Tuttavia il periodo di riposo non dev’essere troppo prolungato (da 15 giorni a 2 mesi massimo), in quanto superata la parabola di maturazione porterebbe alla birra solo difetti.

Invece per Barley Wine, Imperial Stout o birre dal grande contenuto alcolico, la maturazione può durare maggiormente, regalando così al sorso tutte le qualità sensoriali dell’alcool invecchiato.

Lagerizzazione (birra Lager)

beer 298268 640 1

Può accadere di produrre birre Lager. Conclusa la fermentazione primaria, per queste birre inizia il processo di lagerizzazione. Attraverso questo passaggio la birra è portata a bassa temperatura (qualche grado sopra lo zero) per un periodo che può durare anche 3 mesi. Durante questo periodo i lieviti, specifici per tali birre, potranno svolgere o meno la fermentazione secondaria.

Il lagering rivoluziona completamente queste birre, facendo precipitare sul fondo i complessi colloidali che si vengono a creare durante la bollitura, ovvero quando le proteine a catena lunga si aggregano ai fenoli del grano e del luppolo.

Durante la lagerizzazione, inoltre, il lento rilascio dell’anidride carbonica andrà a rimuovere l’anidride solforosa e il dimetilsolfuro, responsabile di sentori vegetali e parzialmente anche degli aromi Skunk (odore di puzzola tipico in birre esposte alla luce solare).

Torna all’indice!

La fermentazione spontanea

In questi paragrafi si è parlato di fermentazione, ma di quella indotta e relativa a lieviti come Saccharomyces cerevisiae e Saccharomyces uvarumpastorianum o carlbergensis. Tuttavia esiste un altro tipo di fermentazione che sfrutta comunque i lieviti appartenenti alla famiglia dei Saccharomyces, ma questa volta si tratta di quelli già presenti nell’ambiente.

botti di legno

E’ una tecnica difficilmente realizzabile in ambito casalingo, e spesse volte scongiurata dagli stessi homebrewers.

Nei birrifici generalmente, per favorire l’attecchimento di questi lieviti, il mosto dopo la bollitura viene lasciato a contatto con l’aria, che a sua volta sarà condurrà i microrganismi a proliferare nella soluzione zuccherina. Successivamente il mosto sarà fatto fermentare in botti di legno, che conferiranno alla birra particolari aromi tipici di questa tecnica.

Buona birra a tutti.

Bombeer: La nuova birra che porta la firma di Bobo Vieri

0

Ecco la nuova sfida per Christian Vieri, storico attaccante della Nazionale di Calcio Italiana. Dopo “Una vita da bomber“, esplosiva hit dell’estate 2020 che ha visto Vieri insieme a Nicola Ventola e Daniele Adani nelle vesti di cantante, ecco che arriva l’ultima iniziativa dell’ex calciatore. Si tratta della Bombeer, di cui Vieri sarà testimonial e imprenditore.

Christian Vieri in Nazionale
Christian Vieri

Christian Vieri, detto Bobo, nasce a Bologna il 12 luglio 1973. Soprannominato lo “Zingaro del Calcio” per le innumerevoli maglie indossate, inizia la sua carriera da professionista al Torino nel 1991. Dopo il periodo al Toro, si susseguiranno tantissime altri club, tra cui Juventus, Atletico Madrid, Lazio, Inter e Milan. Convocato anche in Nazionale è stato una perla del calcio italiano.

Al termine dell’avventura calcistica nel 2009 con l’Atalanta, Bobo si dedica a diverse attività che lo terranno sempre in continuo movimento. Una fortuna per i fan, in costante contatto col loro beniamino. Per i fan (ma non solo) dapprima del calciatore, poi dell’influencer e in seguito del cantante, arriva la Bombeer, la birra firmata da Bobo Vieri!

A dare la notizia è l’intervista pubblicata su Calcio e Finanza, rivolta a Driss El Faria (25H Holding Srl) e Fabrizio Vallongo (Focus55 Srl), che supporteranno Vieri in questa nuova realtà del panorama birraio italiano.

Il progetto – commenta El Faria – è stato costruito insieme a Christian Vieri, che ha dimostrato visione nel prenderne parte in maniera significativa e attiva. Durante il periodo del lockdown Bobo è stato molto bravo a comunicare tramite i Social intrattenendo i propri fans.

Lui è uno dei primi calciatori-influencer a monetizzare fuori dal campo la sua immagine e visione imprenditoriale, affiancandosi a professionisti e consulenti del settore come noi. Dal canto nostro siamo orgogliosi e stimolati di poterlo affiancare in un progetto che abbiamo parallelamente sviluppato e raffinato durante gli ultimi mesi“.

Dall’Idea al Prodotto

Il processo di produzione – continua Vallongo è seguito direttamente da noi a 360° e abbiamo instaurato una partnership con uno dei migliori birrifici italiani per qualità e filiera, essendo noi un marchio e non un diretto produttore della birra”. 

“Abbiamo cercato di creare un prodotto che potesse essere alla portata di tutti – aggiunge El Faria sia sotto il punto di vista del costo che del gusto. Una volta definite queste fasi abbiamo sviluppato il concept ideale per sviluppare un brand forte grazie anche a strategie di marketing che nel settore del beverage non sono ad oggi molto sfruttare”.

Grazie al nostro primo prodotto, Aviva Wines, siamo riusciti a costruire una best practice spendibile anche in questo nuovo progetto – racconta El Faria -. L’obiettivo nostro, e della nostra attività, è enfatizzare tutti i processi di marketing che la piccola media impresa e anche cantine prestigiose non utilizzano, essendo ancora legati ad un modo di fare business degli anni ’80”.

Bombeer, un’idea legata all’immagine del Bomber

Il prodotto è legato a Bobo Vieri, legandosi alla figura del Bomber direttamente collegata alla sua immagine – prosegue Vallongo . Lui è sicuramente un imprenditore con visione e per questo è un progetto che vuole cambiare le regole del mercato di riferimento.

5ff864a91a8c14448e7f8e0c
Christian Vieri

Partendo dall’Italia ma con mire internazionali grazie anche alla valorizzazione di un brand Made in Italy, cercando di comunicare un lusso accessibile. Avere un qualcosa che è paragonabile a tanti altri prodotti ma che si distingue per stile e brand.

La nostra struttura – aggiunge Vallongo – ci permette inoltre di integrare perfettamente canali B2B e B2C, capaci di coesistere per creare un ulteriore vantaggio competitivo. Crediamo molto, inoltre, nell’utilizzo di un’e-commerce verticale che ci ha permesso di valorizzare il nostro marchio e spingere notevolmente le vendite.

La volontà è costruire un’esperienza emozionale sul nostro sito, sia in Italia che all’estero, e cercare di dare un approccio in grado di spingere alla creazione di private label puntando su personaggi famosi dello sport o di altri settori”.

La Bombeer di Vieri sarà messa ufficialmente in vendita online l’11 agosto. L’unica speranza, pensiero comune non solo dei fan di Bobo ma anche di chi questa bevanda la beve per passione, è che la qualità che contraddistingue una buona birra dal resto, ripaghi l’attesa.

Buona birra a tutti.

lg.php?bannerid=152&campaignid=1&zoneid=12&loc=https%3A%2F%2Fwww.calcioefinanza.it%2F2020%2F08%2F07%2Fvieri birra bombeer lancio intervista%2F&referer=https%3A%2F%2Fwww.google.com%2Furl%3Fq%3Dhttps%3A%2F%2Fwww.calcioefinanza

Come fare il dry hopping? Tutti i consigli e la guida step by step!

Il dry hopping è una modalità alternativa di luppolatura che, evitando l’utilizzo del calore, riesce ad imprimere alla birra aromi e sapori molto particolari (se vuoi approfondire l’argomento clicca qui). Nonostante si tratti di una tecnica relativamente semplice, in fase di applicazione potrebbero sopraggiungere alcuni dubbi della serie: quando va fatto, quanto luppolo utilizzare, per quanto tempo e se esistono particolari problemi. A tale proposito ho pensato di racchiudere tutti consigli e una guida step by step su come fare il dry hopping in modo semplice e senza complicazioni.

Indice

  1. Quando va fatto il dry hopping?
  2. Come fare il dry hopping?
  3. La guida Step by Step

Quando va fatto il dry hopping?

Il dry hopping è un tipo di luppolatura che viene eseguita a freddo per apportare, in determinati stili, alcuni profili aromatici che la bollitura classica non potrebbe conferire. Si tratta di una tecnica semplice, che prevede l’inserimento del luppolo all’interno del mosto nel fermentatore. Tuttavia se non eseguito correttamente, il dry hopping potrebbe incidere negativamente sul prodotto finito.

punto di domanda

Un dry hopping eseguito in modo sbagliato apporta sicuramente un profilo aromatico incisivo, ma potrebbe portare ad un bilanciamento del tutto anomalo e fuori stile.

Quando si esegue il dry hopping, è importante sapere in quale momento andare ad agire sul mosto nel fermentatore. Il periodo migliore per effettuare il dry hopping, riducendo di fatto le possibilità di contrarre infezioni al mosto e permettendo il corretto assorbimento degli oli essenziali del luppolo, è dopo la prima fase di fermentazione.

Nella fase primaria della fermentazione, dove il lievito consuma la maggior parte degli zuccheri presenti nel mosto, gli effetti del dry hopping risulterebbero vani. Questo perché nella fermentazione tumultuosa il lievito, producendo grosse quantità di CO2, andrebbe a espellere gli oli essenziali rilasciati dal luppolo.

Inoltre la stessa introduzione di luppolo nel fermentatore, quando ancora il mosto ha livelli di ph elevati, potrebbe essere motivo di possibili infezioni. Ragion per cui il dry hopping va eseguito dopo la fermentazione tumultuosa, meglio ancora se avviene dopo il travaso nel secondo fermentatore (se si possiede).

5ff864a91a8c14448e7f8e0c

Torna all’indice!

Come fare il dry hopping?

Una volta fatto un piccolo riepilogo sul dry hopping e quando va eseguito, vediamo di capire come va fatto e quali passaggi è importante considerare per una buona luppolatura a freddo!

L’impronta aromatica

impronta aromatica

Il primo step da fare per eseguire un buon dry hopping, è capire l’impronta aromatica che si vuole dare alla birra finita. E’ importante, infatti, decidere la carica amaricante della birra e capire quali aromi deve possedere. Questo eviterà di fare confusioni e strani mix poco equilibrati.

A tale proposito il consiglio migliore che posso darvi è quello di rispettale lo stile. Se uno stile brassicolo prevede un’impronta aromatica orientata verso sentori agrumati, risulterebbe inadeguato conferirgli altri profumi poco pertinenti. Questo non esclude determinate birre che possiedono diversi intrecci aromatici, ma a grandi linee è meglio non stravolgere troppo l’originalità birraia. Per cui occhio allo stile!

La quantità

bilancia

La quantità di luppolo incide particolarmente sulla carica amaricante e aromatica che può imprimere la luppolatura a freddo. Maggiore sarà il peso del luppolo inserito, maggiore sarà l’aroma e l’amaro rilasciato. È dunque importante definire bene quanto luppolo utilizzare, in base ovviamente alla concentrazione di Alfa Acido contenuta nell’ingrediente.

Il tempo d’infusione

clessidra

Il tempo d’infusione, ovvero il periodo in cui il luppolo si troverà a contatto col mosto, è un altro passaggio cruciale della luppolatura a freddo, perché andrà a bilanciare l’incisività della carica amaricante e aromatica della birra. Maggiore sarà il tempo d’infusione, più deciso sarà l’amaro e l’aroma risultante.

La tecnica

calza filtrante
Calza Filtrante

Per effettuare il dry hopping solitamente si utilizzano delle calze apposite oppure dei filtri inox, in cui al loro interno si andranno ad inserire i luppoli (scopri altri utensili per fare birra in modo semplice e organizzato, clicca quì).

filtro inox
Filtro Inox

L’utilizzo di questi strumenti consentirà di estrarre gli oli del luppolo senza alterare la limpidità della birra finita. A nessuno piacerebbe trovarsi nel bicchiere pezzettini verdi che galleggiano! 😉

N.B.: Nonostante la luppolatura a freddo va eseguita in un momento ben preciso della fermentazione, in cui il mosto assume già un grado alcolico e il ph diminuisce, la sanitizzazione di questi strumenti è obbligatoria!

In commercio, inoltre, si trovano delle confezioni di luppolo già pensate per fare il dry hopping. Sono delle confezioni di circa 14 gr, contenenti luppolo in pellet. Ovviamente il peso varia in base al batch (litri nel fermentatore).

Torna all’indice!

La guida Step by Step

Ecco i passaggi che riassumono nella pratica quanto detto in precedenza:

  1. Aprire il fermentatore;
  2. Se possedete un secondo fermentatore questo è il momento di travasare;
  3. Inserite all’interno il luppolo. Può essere inserito all’interno di strumenti filtranti (calze o filtro inox) oppure liberamente. Tuttavia l’inserimento libero nel fermentatore obbliga il birraio ad un ulteriore filtraggio prima d’imbottigliare;
  4. Richiudere il fermentatore;
  5. Lasciare in infusione per il tempo prestabilito (solitamente 3-5 giorni);
  6. Trascorso il tempo d’infusione, rimuovere eventuali strumenti filtranti o se inserito luppolo libero procedere al travaso;
  7. Procedere al priming e all’imbottigliamento della birra.

Buona birra a tutti.

Giornata Internazionale della Birra: un omaggio a passione e tradizione!

0

La birra è una delle bevande più datate del mondo. Anticamente considerata “pane liquido” perché fonte di sostentamento, oggi è un simbolo accomunante appassionati e addetti ai lavori di ogni dove. L’immagine di conviviale euforia rappresentante la birra, ha scatenato un vero e proprio fenomeno sociale in continua evoluzione. Da qui nasce la ricorrenza dedicata esclusivamente alla birra, così da poter omaggiare in un brindisi collettivo la tradizione e la passione verso questa bevanda. In alto i boccali dunque, per la Giornata Internazionale della Birra!

La Giornata Internazionale della Birra

brindisi 2 birre

Ogni primo venerdì di agosto, gli appassionati del boccale di tutto il mondo si riuniscono idealmente per celebrare la Giornata Internazionale della Birra. Una ricorrenza rivolta non solo ai paesi che onorano la birra da secoli, ma riconosciuta e apprezzata anche Italia dove la birra da decenni non è più una bevanda secondaria.

A testimoniare l’ascesa della birra nel Bel Paese sono i numerosi birrifici artigianali, portavoce della qualità che ha saputo sapientemente unire la tradizione mediterranea a quella birraia. Infatti oggi la birra Made in Italy racconta la sua storia, fatta di passione, territorio, genuinità e tradizione, raccogliendo di fatto apprezzamenti anche dal vasto e diffidente pubblico abituato a bere birra da generazioni.

Una ricorrenza che indossa anche le vesti del tricolore italiano

birre sul tavolo

Tra gli esempi di maggiore spicco del palcoscenico birraio italiano, con cui potrete allietare la Giornata Internazionale della Birra, ci sono Mastri Birrai Umbri, birrificio agricolo artigianale di Gualdo Cattaneo (PG), che fonde territorialità, autenticità e passione in prodotti unici e di grande sapore; Baladin, birrificio artigianale di Piozzo (CN), in cui il fondatore Teo Musso attraverso la costante ricerca dell’equilibrio sensoriale, trasmette alle sue birre l’intenso amore per il gusto, considerato una delle forme migliori di espressione.

Ma si potrebbe parlare anche di MC77, la realtà birraia di Serrapetrona (MC) di Cecilia Scisiani e Matteo Pomposini, sbocciata dalla passione per l’homebrewing; Ritual Lab, birrificio di Formello (RM), nato da Roberto e Giovanni Faenza padre e figlio follemente innamorati della “vera birra”.

E ancora Foglie d’Erba, birrificio di Forni di Sopra (UD); Lambrate, birrificio milanese; Birrificio CRAK di Campodarsego (PD); Canediguerra, birrificio alessandrino; Opperbacco di Notaresco (TE); Croce di Malto di Trecate (NO); Mukkeller di Porto Sant’Elpidio (FM).

brindisi collettivo

Ovviamente i birrifici non finiscono qui, perché la proposta italiana è veramente ampia e di grande qualità. Nonostante la tradizione della birra non appartiene propriamente al Bel Paese, l’intraprendenza italiana ha saputo guardare affondo in una “moda” iniziata decenni fa e che continua a richiedere sapori sempre più ricercati e complessi. Ma sopratutto ha saputo guadagnare il rispetto di chi la birra la faceva prima di noi.

Quale migliore occasione dunque, della Giornata Internazionale della Birra per conoscere nuovi stili e nuovi birrifici? Da quattro semplici ingredienti sono nate e continueranno a nascere svariate birre, ognuna differente, ognuna dal carattere e dalle qualità uniche.

Per cui in alto i boccali, e brindiamo omaggiando la bevanda che contando più di 400 tipologie diverse, sa ancora farci sorridere, abbracciare e divertire!

Buona birra a tutti.

Baladin: Dal birrificio di Piozzo arriva il libro di Teo Musso

0

La birra non è solo una bevanda, questo concetto lo abbiamo ribadito migliaia di volte. Questa semplice (si fa per dire) creazione ha accompagnato l’evoluzione dell’uomo, dapprima come “pane liquido” quando la birra era considerata fonte di nutrimento, e poi come “cultura” che appassiona giorno dopo giorno i bevitori più attenti. Ancora oggi questa bevanda non smette di stupire, regalando sogni e progetti futuri. Ma c’è chi già un sogno lo ha realizzato, e lo racconta attraverso una biografia che mette al centro la buona birra. Parliamo del birrificio Baladin di Piozzo, in particolare di “Baladin. La birra artigianale è tutta colpa di Teo” il libro di Teo Musso.

Teo Musso

Matterino Teo Musso nasce in Piemonte, a Piozzo, il 05 marzo 1964 in una famiglia di agricoltori. Si definisce un imprenditore che rifiuta alcune convenzioni legate alla cultura del gusto e con la sua birra ha voluto creare paradossi. In questo sicuramente ci è riuscito, trasformando le sue Baladin in cult della birra artigianale made in Italy.

Da questa avventura Teo ci fa un libro, in cui racconta la sua storia d’amore con la birra, che attraverso un lungo percorso lo porta ad affermarsi come un imprenditore differente, innovatore e ispiratore, ma soprattutto come un esteta innamorato del gusto e della qualità artigianale.

Era il 1986, quando Teo Musso decise di aprire la birreria Baladin nella piazza del piccolo paesino di Piozzo. Erano sicuramente tempi difficili per una birreria, in particolare per un progetto che nasceva sulla terra e sulla cultura del vino.

Eppure quasi nessuno poteva immaginare che dopo i fatidici anni 80′, sarebbe esplosa la passione per la birra che si discostava dai soliti canoni industriali, fortuna di tanti intrepidi artigiani.

Teo Musso con birre

Ma per Teo fu diverso. La sua idea imprenditoriale era mossa dalla grande passione e dalle infinite possibilità di espressione che si celavano dietro l’universo artigianale delle fermentazioni. La stessa passione che poi si ritrovava tra le sue birre, apprezzate prima dai clienti della birreria e in seguito dai ristoranti aperti ad un nuovo gusto, per arrivare fino agli attenti appassionati di birra desiderosi di un sapore differente e ricercato.

Baladin. La birra artigianale è tutta colpa di Teo” ripercorre il cammino di Teo Musso attraverso storie e personaggi di ogni genere che si ricollegano a un mondo che forse non appartiene all’Italia, ma che forse gli italiani sanno raccontare bene.

N.B.: Ci tengo a precisare che la scelta di questo libro non è in alcun modo incentivata dall’editore. Tuttavia il link a cui si collega, vi farà atterrare sulla piattaforma Amazon a cui sono iscritto come affiliato. Tale affiliazione mi riconoscerà una piccola percentuale sul vostro acquisto.

Coloro che saranno intenzionati ad acquistare il libro lo potranno fare comodamente dal link, che vi riporterà al vostro account Amazon senza nessun costo aggiuntivo e in piena sicurezza. Questo, inoltre, vi consentirà qualora avrete piacere di contribuire al progetto del “Il Birraio Matto”. Grazie a coloro che lo supporteranno!

Potrete trovare il libro di Teo Musso a questo link. Inoltre se vorrai leggere altri libri sul mondo della birra artigianale e su come realizzarla a casa, lo potrai fare cliccando quì.

Buona birra a tutti.

Produrre birra in casa: I consigli dei big su come iniziare e perché!

Oggigiorno parlare di ipa, bitter, stout o pilsner non è più una stranezza. Merito sopratutto della crescente passione verso le birre artigianali e di portali dedicati, che hanno aiutato a comprendere meglio il mondo e la cultura della birra. L’entusiasmo birrario ha inevitabilmente stimolato la tendenza a produrre birra in casa, trasformando quest’antica tecnica in un amatissimo hobby.

Indice

  1. Produrre birra in casa? Facciamo il punto!
  2. L’intervista ai big dell’Homebrewing
  3. Considerazioni: iniziamo a produrre birra in casa

Produrre birra in casa? Facciamo il punto!

Nell’epoca in cui viviamo, tutto si fa con internet. Vuoi imparare a piantare un albero? Internet! Vuoi imparare a fare la pasta? Internet! Vuoi imparare a fare birra? La risposta è semplice… Internet!

Di conseguenza il web si è riempito di personaggi che, cimentandosi in video-corsi e tutorial, insegnano la qualunque, tra cui l’arte dell’homebrewing. Tuttavia a causa del grande numero d’insegnanti o pseudo tali è facile andare in confusione, e quindi percepire messaggi completamente errati su questa pratica.

5ff864a91a8c14448e7f8e0c
mano su bicchiere di birra

A tale proposito abbiamo selezionato alcuni degli Homebrewers più famosi della rete. A questi birrai-casalinghi sono state poste delle domande, che hanno dato seguito a risposte utili sia a chi sta iniziando a fare birra in casa, ma anche a chi già la produce!

Ad accompagnarci saranno: Francesco Antonelli, col suo celebre blog “Brewing Bad“, che affronta il mondo della birra casalinga in modo attento e minuzioso; Giovanni Iovane, col canale youtube “Sgabuzen Homebrewing“, che dispensa consigli e “trucchetti” per non combinare danni tra i fornelli di casa; Corrado, col suo canale youtube “ZeligPlanet“, che racconta le avventure casalingo-brassicole del birrificio d’appartamento “Route 45“; Michael Tonsmeire, famoso homebrewer e blogger di “The Mad Fermentationist“, devoto alla mondo sour e funky.

Torna all’indice!

L’intervista ai big dell’Homebrewing

La birra in Italia è cresciuta tanto e con essa anche l’homebrewing. Ma perché si dovrebbe iniziare a produrre birra in casa?

logo brewing bad

Francesco di Brewing bad dice: “Le ragioni possono essere molteplici. C’è chi lo fa per la birra, perché è appassionato. Chi per ridurre la spesa, visto che le birre artigianali costano e producendole in casa indubbiamente si risparmia. C’è chi è appassionato di fai-da-te e adora l’idea di costruirsi un impianto automatico tutto da solo. Chi vuole far pratica per poi aprire un birrificio.

Nel mio caso, mi sono messo a fare birra in casa perché mi piaceva l’idea di fare qualcosa di pratico. Nel mio lavoro mi occupo principalmente di numeri, slide e fogli Excel, avevo bisogno di creare qualcosa di mio, che fosse reale e tangibile.

Ero già un bevitore appassionato, un amante della birra e dei pub. Quando ho capito che anche in casa, con un po’ di pazienza e di impegno, si poteva produrre birra di ottimo livello, mi sono lanciato. Ancora oggi, dopo oltre 100 cotte, l’emozione che provo quando stappo per la prima volta una mia creazione, dopo settimane (a volte mesi) di attesa, è indescrivibile.”    

logo zelig planet

Sulla stessa lunghezza d’onda è Corrado di ZeligPlanet: “L’homebrewing è essenzialmente un hobby come tanti altri e chi inizia a farsi la birra è sicuramente un appassionato di questa bevanda.

Secondo me è un passaggio consigliato anche a chi vuole semplicemente approfondirne la conoscenza, perché obbliga a confrontarsi con gli ingredienti, gli stili e le tecniche di produzione, oltre che ad affinare le capacità di degustazione e valutazione del prodotto.

Ci sono poi altri vantaggi molto più ‘pratici’, soprattutto per chi di birra ne beve tanta: farsela in casa consente di avere una grande quantità di ottima (si spera…) birra a un prezzo ben inferiore a quello che si pagherebbe comprandola!.” 😉

logo med fermentationist

Per Michael di The Mad Fermentationist, la produzione di birra è studio e community: “Mi piaceva cucinare a casa e bere birre interessanti, quindi preparare la birra in casa mi è sembrato naturale. Mi piace imparare, e produrre birra è il modo migliore per capire da dove provengono i suoi sapori.

Ho continuato a produrre birra perché è diventato uno sbocco creativo, e un modo per entrare in contatto con altre persone.”

logo sgabuzen

Ci sono tanti motivi per iniziare a fare birra – aggiunge Giovanni di Sgabuzen Homebrewing – ma quasi tutti sono sbagliati. L’homebrewing è un hobby molto vasto e impegnativo, che sfiora diversi ambiti della conoscenza umana, dalla chimica alla biologia per arrivare all’elettronica.

Solitamente coloro che riescono a raggiungere risultati in questo hobby sono quelli che già in partenza sono dotati di una mente ‘analitica’… ma non è una regola universale. L’importante è essere consapevoli che ci si sta addentrando in un mondo complesso, con diversi gradi di apprendimento e con tante cose da imparare.

Torna all’indice!

Ci vogliono attitudini particolari per essere un Homebrewer?

logo zelig planet

Direi di no, – sostiene Corrado di ZeligPlanet – avvicinarsi all’homebrewing con i sistemi più semplici (penso ai kit di estratto luppolato) è veramente alla portata di chiunque e non richiede abilità particolari.” 

logo med fermentationist

Una delle cose che preferisco dell’homebrewing – continua Michael di The Mad Fermentationistè che diverse persone ne possono apprezzare i vari aspetti. Se ti piace il giardinaggio puoi coltivare il luppolo. Ti piacciono le arti culinarie puoi progettare ricette. Se ti piace l’ingegneria puoi progettare il tuo sistema di produzione della birra.”

logo brewing bad

Per Francesco di Brewing Bad, invece, una caratteristica che non può assolutamente mancare a chi si accinge ad iniziare la produzione di birra fatta in casa è la pazienza: “Sicuramente c’è bisogno di molta pazienza, attenzione ai dettagli e dedizione, soprattutto se si vuole arrivare a produrre birre di buon livello.

Il processo di produzione richiede tempo: sia durante il giorno della cotta vera e propria, che può durare tra le 4 e le 10 ore, sia nel corso di fermentazione e maturazione.

Da quando si scrive la ricetta a quando si assaggia la birra passano mediamente un paio di mesi, anche molto più nel caso di produzioni complesse che richiedono tempi più lunghi di maturazione. Anche i birrai casalinghi più bravi impiegano almeno due o tre cotte per affinare una ricetta, il che tradotto in tempi di produzioni casalinghe significa diversi mesi di assaggi, modifiche e nuove valutazioni del risultato.

La ricetta della mia Roight Irish Stout l’ho messa a punto nel giro di diversi anni, appuntando sempre nel dettaglio le sensazioni organolettiche che rilevavo all’assaggio e cercando di cambiare un ridotto numero di variabili alla volta, per non generare caos.”

logo sgabuzen

Dello stesso avviso è Giovanni di Sgabuzen Homebrewing: “Bisogna sicuramente essere delle persone pazienti… o quantomeno essere predisposti a diventarlo. Solo una buona dose di pazienza vi permetterà di sopravvivere ad estenuanti sessioni di imbottigliamento oppure all’attesa snervante che la birra sia matura.

Altra dote fondamentale è la proattività, ovvero la capacità di attivarsi per trovare delle soluzioni ai problemi che, in questo hobby, si presentano nei momenti meno opportuni.

L’homebrewing non è tutto rosa e fiori, pertanto ci sarebbe un motivo per cui non sarebbe saggio intraprendere questa via? 

logo mad fermentationist

Per Michael di The Mad Fermentationist, alcuni passaggi potrebbero far titubare qualcuno, ma esistono sempre delle escamotage: “L’homebrewing comporta una notevole quantità di pulizia. Tuttavia ci sono sistemi per fare in modo che ciò richieda meno sforzi. Ci sono anche attività ripetitive come l’imbottigliamento, ma un sistema di kegging è un’opzione che può aiutare.”

logo sgabuzen

Sconsiglio sempre di iniziare con l’homebrewing – puntualizza invece Giovanni di Sgabuzen Homebrewinga tutte quelle persone che già dall’inizio sanno che non avranno voglia di mettersi a ‘studiare’. Alcuni concetti vanno padroneggiati e non si può pretendere di fare birra andando nei gruppi Facebook a fare domande banali e a chiedere quale stile si sta brassando.

È vero che ognuno di noi è libero di fare ciò che vuole nel proprio sgabuzzino ma, ad un certo punto, diventa solo uno spreco di tempo, risorse e denaro.

logo brewing bad

Sinceramente non vedo controindicazioni, – afferma Francesco di Brewing Bad anche perché ognuno può interpretare questo hobby come preferisce. C’è chi diventa un maniaco del fai-da-te, smanettando con l’elettronica; chi si dedica alla coltivazione degli ingredienti, come ad esempio il luppolo; chi approfondisce tutto ciò che ruota attorno all’assaggio e alle sensazioni organolettiche. E c’è anche chi preferisce rimanere sui kit, semplici e veloci da gestire, producendo quelle due o tre birre all’anno da bere alle grigliate con gli amici.

Meglio però essere consapevoli da subito che la situazione può facilmente sfuggire di mano: non è raro ritrovarsi con lo sgabuzzino pieno di pentole, pentoloni, bottiglie vuote, bombole di CO2, fusti e accessori vari. Uomo avvisato…

logo zelig planet

Mah… – aggiunge scherzosamente Corrado di ZeligPlanetPenso che al massimo si possa rischiare qualche crisi coniugale, se ci si fa prendere un po’ troppo la mano…” 😀

Quale dovrebbe essere l’approccio per chi inizia e per chi vuole proseguire questa passione?

logo sgabuzen

Viviamo in tempi strani – dice Giovanni di Sgabuzen Homebrewing-. Se non sappiamo qualcosa la cerchiamo su YouTube e subito dopo pretendiamo di sentirci massimi esperti di quella materia. In realtà l’approccio vincente secondo me è sempre quello di partire da un buon libro, per fissare i concetti fondamentali ed imparare a ‘selezionare’ i nostri interlocutori nell’ottica di formare un gruppo di appassionati che ci permetta di crescere insieme.

logo brewing bad

Dello stesso avviso è Francesco di Brewing Bad: “è importante studiare un po’ prima di lanciarsi nella produzione, evitando di raccogliere consigli strampalati nei vari gruppi o forum per birrai casalinghi disponibili in rete. Non che non ce ne siano di affidabili, sia chiaro, ma all’inizio è molto difficile distinguere il consiglio di uno sprovveduto da quello di un homebrewer esperto.

Meglio acquistare uno dei tanti libri disponibili e leggere almeno la parte introduttiva, per farsi un’idea del processo e degli ingredienti. Questo per evitare errori grossolani che porterebbero a una prima produzione deludente, che potrebbe smorzare prematuramente l’entusiasmo.”

logo zelig planet

Per iniziare io consiglio sempre di andare per gradi, – aggiunge Corrado di ZeligPlanetcominciare con gli estratti luppolati e il minimo indispensabile di attrezzatura, evitando inutili e costosi investimenti casomai si decidesse di abbandonare. E poi studiare.

Purtroppo (o per fortuna?) un po’ di teoria bisogna conoscerla, a qualunque livello ci si trovi. Bisogna sapere quello che si sta facendo, quello che sta succedendo nel fermentatore e perché, in modo da riuscire a raggiungere il risultato sperato e ad individuare e correggere eventuali errori o problemi.

Ovviamente più si sale di livello, magari passando alle tecniche E+G e All-Grain, e realizzando le proprie ricette, più la conoscenza deve essere approfondita, quindi procuratevi qualche buon libro, frequentate forum specifici, informatevi su siti e canali YouTube… fortunatamente il materiale al giorno d’oggi non manca!” 

logo mad fermentationist

Più pratico invece, è il consiglio di Michael di The Mad Fermentationist: “All’inizio suggerirei di fare una ricetta semplice e comprovata. Ciò ti consentirà di concentrarti sul processo, sulla fermentazione, sulla pulizia, ecc. Dopodiché puoi provare una ricetta più complicata o progettare la tua.

Per rimanere interessato all’hobby sceglierei un’area su cui concentrarmi, rielaborando la stessa ricetta per perfezionarla o producendo birra con un amico.”

Torna all’indice!

Una perla di saggezza. A coloro che vogliono fare birra in casa, cosa consiglieresti?

logo brewing bad

Non fidatevi delle istruzioni dei kit – puntualizza Francesco di Brewing Bad -. Leggete prima un buon libro sulla produzione casalinga. Anche di livello base, l’importante è distinguere da subito basse e alte fermentazioni e non avventurarsi nella produzione di ‘finte pilsner’, ‘premium lager’ fermentate con lieviti ad alta fermentazione o bombe alcoliche imbottite di zucchero e alcoli superiori. Cos’è un alcol superiore? Ecco, appunto. Buono studio e buona birra!

logo zelig planet

So che tanti homebrewer amano riempirsi la casa di attrezzature sofisticate e professionali degne di un birrificio, – prosegue Corrado di ZeligPlanet magari auto-costruite, automatizzate, ecc., e voglio mettere in chiaro che non ho nulla in contrario a chi vuole divertirsi in questo modo, ma ritengo che si possano fare ottime birre anche con procedure semplici ed attrezzature ridotte al minimo, quindi il mio mantra resta sempre lo stesso: keep it simple!” 🙂

logo mad fermentationist

Concentrati sulla fermentazione – afferma Michael di The Mad Fermentationist -. Maggiore è il controllo sui livelli di lievito, temperatura e ossigeno, migliori saranno tutte le tue birre. Presta attenzione anche alla qualità degli ingredienti, assapora il grano e annusa i luppoli prima di usarli.”

logo sgabuzen

Affrontare l’homebrewing con la giusta mentalità, – conclude Giovanni di Sgabuzen Homebrewingdivertendosi ma con buonsenso, è la ‘ricetta’ magica per vivere questa esperienza al massimo del suo potenziale. Studiate e aggiornatevi, non seguite mode sterili e non smettete mai di mettere in discussione ciò che avete imparato. Con queste premesse, l’homebrewing non potrà fare altro che migliorarvi… non solo come birrai ma come persone, così come è successo a me.

Considerazioni: iniziamo a produrre birra in casa

La birra, in particolare in Italia, sta assumendo sempre più prestigio, e questo non può che gratificare chi crede e contribuisce alla crescita di questo settore.

bicchiere birra

Alla luce di quanto emerge dall’intervista, questi grandi hombrewers condividono un pensiero comune. Fare birra può essere motivo di grande soddisfazione, e tendenzialmente alla portata di tutti. Tuttavia richiede grande costanza e studio, magari su un buon libro, perché ogni azione comporta delle conseguenze, che il birraio deve necessariamente considerare.

Per cui inutile pensare che nell’homebrewing sia sufficiente seguire un piccolo tutorial o qualche guida. Per produrre birra in casa e rimanere soddisfatti del proprio operato, è necessario assimilare determinati concetti, che saranno di grande aiuto nella realizzazione e nel controllo di tutti i passaggi della birrificazione. Ma sopratutto è fondamentale non sentirsi mai arrivati, in quanto come in ogni cosa c’è sempre da imparare!

Nel ringraziare Francesco Antonelli di Brewing Bad, Corrado di ZeligPlanet, Michael Tonsmeire di The Mad Fermentationist e Giovanni Iovane di Sgabuzen Homebrewing, colgo l’occasione per invitarvi a visitare i loro canali… rimarrete inevitabilmente compiaciuti della loro preparazione in materia!

Buona birra a tutti.

Come fare la sanitizzazione nella birra? La guida per non sbagliare!

Sul sito abbiamo abbondantemente discusso di sanitizzazione, in particolare ci siamo soffermati sui prodotti che la riguardano e dell’importanza che assume nella produzione birraia. Tuttavia quello che mancava era una guida indicativa step by step, che potesse quantomeno essere d’aiuto in questa semplice quanto fondamentale operazione della birrificazione casalinga. Per cui vediamo nel dettaglio come fare la sanitizzazione nella birra fatta in casa.

La sanitizzazione, in particolare per i neofiti, rappresenta un momento cruciale della birrificazione, perché racchiude dubbi e paure figlie di una variabile complicata ma non impossibile da controllare.

  • Pulito bene?
  • Sanificato abbastanza?
  • Ho seguito tutte le istruzioni?
5ff864a91a8c14448e7f8e0c

Sicuramente queste sono solo alcune delle preoccupazioni che potrebbero affollare la mente di chi si accinge ad avventurarsi nel mondo della birra fatta in casa. A tale proposito è bene considerare una specie di check list (immaginaria o reale), proprio come quella usata in fase di decollo degli aerei, che ci consenta di non dimenticare quei passaggi fondamentali per la buona riuscita della birra.

La sanitizzazione: i passaggi

Ricordando sempre che sanitizzazione e pulizia sono due cose completamente differenti, vediamo quali sono i passaggi da seguire per non incorrere in spiacevoli sorprese quando, una volta conclusa la fermentazione, si aprirà il fermentatore.

Lavaggio

spugna

E’ una delle fasi principali della sanitizzazione birraia, in quanto ci consente di eliminare la parte “grossolana” delle impurità presenti sugli strumenti che verranno impiegati nella cotta. Per questo passaggio sarà sufficiente munirsi di spugna e sapone per piatti;

Sanificante

prodotti sanitizzanti

In questo passaggio è fondamentale affidarsi a un prodotto capace di sanitizzare l’ambiente che accoglierà il mosto e tutti gli strumenti che entreranno in contatto con lo stesso. E’ importantissimo che, sulle superfici del fermentatore e degli strumenti, non ci siano microrganismi capaci di contaminare il mosto e impedire quindi la proliferazione del lievito.

A differenza delle tante raccomandazioni sull’utilizzo del bisolfito come sanitizzante, il mio consiglio è quello di affidarvi alla candeggina per gli strumenti in plastica. Questa risulta facile da reperire, economica e incredibilmente efficace.

Per utilizzare la candeggina, sarà sufficiente diluire 5 ml di prodotto per ogni litro di acqua fredda. Potrete tranquillamente utilizzare il fermentatore per sterilizzare contemporaneamente tutti gli strumenti di birrificazione;

Tempo di sanificazione.

tempo sanitizzazione

Si tratta di un passaggio che non può essere lasciato al caso. Ogni prodotto sanitizzante ha il proprio tempo d’azione, entro il quale si compie il processo di sanificazione delle superfici. Tenendo a mente che questo periodo è riportato sulla confezione dei vari prodotti reperibili presso i negozi specializzati, nel caso specifico della candeggina saranno sufficienti 20 minuti;

Risciacquo sanificante

prodotti per sanitizzazione

Questo passaggio è importante per evitare residui di detergenti e prodotti sanitizzanti, che potrebbero risultare dannosi alla salute. Tuttavia tengo a precisare che esistono detergenti sanificanti che non necessitano di questo passaggio, come ad esempio lo Star San. A ogni modo per fare il risciacquo, in particolare usando la candeggina, sarà sufficiente trattare gli strumenti con acqua fredda corrente;

Lavaggio detergente

lavello

Un passaggio che sento di consigliare, in quanto assicura un risciacquo accurato e sicuro anche dopo aver sanificato, è il risciacquo degli strumenti con acqua calda e Chemipro Oxi oppure Oxi San. Questi due prodotti, nonostante non siano il massimo come sanitizzanti, si rivelano comunque ottimi detergenti con un minimo di potere sanificante.

Utilizzando Chemipro Oxi e Oxi San non si necessita di risciacquo. Tuttavia è consigliabile fare un ultimo lavaggio con acqua potabile o imbottigliata.

Pulizia componenti Inox

componenti inox

Per gli utensili come pentole, rubinetti e serpentina in acciaio inox basterà semplicemente un lavaggio accurato con sapone da piatti e spugna. L’azione sanitizzante per questi strumenti sarà prodotta dal calore, che li interesserà durante i passaggi di birrificazione.

La buona norma!

guanti e spugna

E’ buona norma usare i guanti nelle operazioni di sanitizzazione. Dopo la cotta invece, è necessario lavare e pulire accuratamente tutti gli strumenti utilizzati. Questo faciliterà la rimozione dei vari sedimenti di birrificazione, evitando che si trasformino in rifugio per batteri e altri microrganismi.

Inoltre per un risciacquo accurato degli strumenti (post cotta) è consigliabile utilizzare una soluzione di acqua e acido citrico. Questa soluzione acida andrà a rimuovere i residui di calcare e ossalati di calcio generati dalla candeggina, che a lungo andare potranno trattenere impurità vanificando di conseguenza la sanitizzazione.

Buona birra a tutti.

Seguici sui Social

759FansLike
1,173FollowersFollow
337SubscribersSubscribe