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Nella Fase 2 che ne sarà della birra artigianale?

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fase 2 birra artigianale
fase 2 birra artigianale

Da qualche giorno è iniziata la famosa Fase 2 prevista dal governo, per fronteggiare l’epidemia da Covid-19. Nonostante la riduzione dei divieti, questo momento non è un “via libera”. Si tratta più che altro di una parziale accensione dell’economia, che rimane pur sempre legata all’andamento del virus. Infatti anche con la Fase 2 continua il distanziamento sociale e il divieto d’assembramento, prerogative che influiscono non poco con l’economia della birra artigianale. Ma in sostanza quali cambiamenti ci sono per la birra artigianale italiana nella Fase 2? Facciamo il punto.

Fase 1

Con lo scoppio dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, l’Italia si è faticosamente attivata a contenere la diffusione dell’epidemia. Questo ha portato alla chiusura totale del paese, con effetti devastanti sull’economia nazionale. In questo lasso di tempo sono stati comunque garantiti i servizi essenziali, che purtroppo hanno escluso le attività di vendita della birra artigianale. Infatti con il blocco di pub e birrerie, l’impatto economico sul settore birraio è stato tremendo, mettendo così in evidenza problemi e perplessità in parte già noti.

Tra le varie difficoltà sicuramente primeggia la reale problematica sulla distribuzione. Questa situazione frutto di una cultura non pronta, snobbismo e difficoltà logistica, ha mostrato la fragilità della birra artigianale in Italia, portandola ad un conseguente collasso. Ovviamente tutto ciò non sarebbe successo se la birra artigianale avesse avuto un altro canale di vendita, considerando che l’industria del beverage è rimasta attiva. Ma si torna sempre su un tasto dolente, che divide birrai e pensieri filosofici. Infatti vedere una bottiglia di birra artigianale sullo scaffale di un supermercato, ad oggi è praticamente un miracolo. Il motivo è legato sopratutto al prezzo, che vede troppa disparità tra una birra artigianale e una industriale, e alla difficoltà logistica nel gestire un prodotto così particolare.

Sebbene la situazione abbia strizzato l’occhio alla GDO, parecchie aziende brassicole per tamponare il disagio, hanno optato per servizi delivery e piattaforme di e-commerce. Tuttavia, nonostante tali soluzioni abbiano fornito un piccolo introito e probabilmente dato spunto per il futuro, hanno solo tappezzato lo squarcio che si è venuto a creare.

Fase 2: cosa cambia per la birra artigianale?

Dal 4 maggio è iniziata la fase 2, e l’Italia tenta di rialzarsi. Ma cosa cambia per la birra artigianale? Fondamentalmente nulla, in quanto il canale di vendita diretto della birra continua il lockdown. Continua il delivery anche se, con le recenti normative, le attività possono produrre d’asporto. Ma ovviamente è un palliativo al problema.

La birra artigianale necessita obbligatoriamente della riapertura del canale principale di vendita. Infatti, nonostante i progetti di un possibile dialogo con la GDO, la birra richiede ancora il contatto diretto con i Publican. La gente che fondamentalmente non conosce i dettagli di una bevanda così complessa, vuole essere accompagnata nel percorso gustativo. Dettaglio che attualmente nessun compromesso economico può compensare!

Ma se tutto va per il verso giusto, se gli italiani si comporteranno bene e la curva dei contagi scenderà, la riapertura di pub e birrerie dovrebbe avvenire per gli inizi di giugno. Forse con un po’ di fortuna si potrebbe anticipare alla fine di maggio. Ovviamente si spera alla veloce ripresa! Ma anche in questo caso i dubbi, sul “come fare” e come riprendere un “modus operandi” che dia tranquillità al cliente, rimangono. Le incognite sono ancora tante e la fiducia delle persone è sempre meno. Perché dopo la riapertura bisognerà fare i conti con la paura, nonostante la grande voglia di farsi una birra in santa pace.

Considerazioni

Nella fase 1, la birra artigianale italiana, ha subito il disastro di un sistema che non poteva prevedere un blocco totale delle vendite. Questo ha portato alla maggiore considerazione un canale distributivo alternativo, che da sempre ha destato preoccupazione e smarrimento. Sono stati potenziati altri canali secondari come il delivery e l’e-commerce, ma ancora non possono rappresentare un guadagno sicuro. Inoltre si è chiamata in causa la bontà di tanti appassionati, attraverso iniziative e azioni benefiche, che potessero garantire la longevità del settore birraio.

Nella fase 2 la birra artigianale non vede grossi cambiamenti, ma spera passivamente nella veloce riapertura di pub e birrerie. Nonostante gli sforzi e l’amore dimostrato da tanti appassionati, i limiti di un sistema che deve essere ridimensionato persistono. La birra artigianale, per continuare a riempire boccali, ha assolutamente bisogno di arrivare a molta più gente. Non si può pensare, anche dopo questo periodo (sperando finisca presto), di rimanere nella “vecchia” nicchia. Sopratutto per i costi, che il produttore di birra deve e dovrà sostenere. Ma che non possono gravare eccessivamente sulla ristretta cerchia di consumatori finali, anche se parliamo di un prodotto artigianale e d’élite.

Il futuro della buona birra italiana sarà sicuramente lo scaffale della Grande Distribuzione Organizzata, ovviamente alle condizioni imprescindibili di un prodotto artigianale. Ma prima di questo, dovrà inevitabilmente esserci un compromesso tra domanda e offerta, per far si che la cultura italiana abbracci quella brassicola. Solo così si potrà accompagnare quel cliente che ancora non apprezza o semplicemente non sa, che tra le vene del Bel Paese oltre al buon vino scorrono fiumi di ottima birra.

Buona birra a tutti.

Stile Gose: La birra al sale

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Stile Gose: La birra al sale
Stile Gose: La birra al sale

I termini “particolare e bizzarro” nel mondo birraio, sono sinonimi di svariate sfaccettature. Esistono infatti birre strane che cavalcando l’onda della particolarità si riversano dentro un bicchiere, facendo sfoggio delle loro qualità. Tra queste sicuramente rientrano le proposte dello Stile Gose. Un antico stile nato quasi per caso, che si è rivelato fautore della bizzarra birra al sale!

Indice

  1. Un po’ di storia…
  2. Lo stile Gose: la birra al sale
  3. Aspetti organolettici
  4. Accostamenti col cibo
  5. Considerazioni

Un po’ di storia…

 birra al sale

Le origini dello Stile Gose, a cui genericamente ci si riferisce con l’appellativo di birra la sale, risalgono al lontano Medioevo. Esso nacque nella città storica di Goslar, situata nella bassa Sassonia. La cittadina, rinomata per le miniere d’argento, subì per lungo tempo le attività estrattive che portano alla scoperta di altri giacimenti minerari, quali: rame, zinco, piombo e sale. La ricchezza mineraria dei terreni provocò inevitabilmente la contaminazione delle falde acquifere del fiume Gose, le quali risultarono particolarmente salate. La particolarità di queste acque ebbe ripercussioni sull’attività birraia dell’epoca, dando vita a birre con una sapidità più pronunciata.

Nonostante questa birra nacque a Goslar, il suo successo fu attribuito alla città tedesca di Lipsia nel 1738. La popolarità raggiunta a Lipsia provocò l’incremento produttivo della Gose, la quale fu caratterizzata da importanti novità.

Le novità

 birra al sale

Le birre prodotte a Lipsia, sottoposte ad una fermentazione spontanea, erano inviate alle locande ancora in fase di fermentazione. A fermentazione conclusa, i locandieri, avevano il compito di travasare il mosto in delle tipiche bottiglie a collo lungo e senza tappo. Il collo lungo 30 cm era utile per convogliare i lieviti che salivano in superficie durante la seconda fermentazione in bottiglia. Questo formava una specie di tappo naturale con il compito di affinare ulteriormente la birra.

Il successo della Gose durò fino all’inizio della Prima Guerra Mondiale. A seguito della Grande Guerra, le case produttrici furono decimate e di conseguenza la produzione ne risentì pesantemente. Al termine del primo conflitto la produzione riprese gradualmente, fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. L’inizio del secondo conflitto segnò una nuova crisi, in cui il processo produttivo fu interrotto completamente.

L’assenza della Gose durò per quattro anni. Nel 1949 la produzione riprese, ma vide un nuovo freno alla fine degli anni 60′ a causa di crisi politiche che videro la Germania dell’epoca protagonista. Agli inizi degli anni 80′ grazie a Lothar Goldhan, un cittadino di Lipsia, la produzione riprese nuovamente. Ma purtroppo la distribuzione non avvenne su larga scala.

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Lo stile Gose: la birra al sale

 birra al sale

Quando si sente parlare di birra al sale nell’immaginario collettivo balena l’idea di una birra salata, il cui gusto risulti una prelibatezza solo per pochi appassionati altrettanto bizzarri. In realtà bere una birra al sale significa fare un tuffo nel passato, riscoprendo un sapore che ha rischiato l’estinzione. Solo ultimamente questo stile dimenticato è stato rispolverato, grazie alla crescente “popolarità” della cultura brassicola.

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Aspetti Organolettici

I birrifici che hanno riscoperto l’antico sapore di queste birre, sono i fautori di gusti e sentori molto particolari. Naturalmente considerando le diverse proposte esistenti, per avere una linea guida di questo stile bisogna affidarsi al bjcp.

Aspetto

Le birre in stile Gose non sono filtrate. Infatti si contraddistinguono per una torbidità che può essere moderata o profonda. Si presentano con un colore particolarmente giallo e una bella schiuma bianca dalla buona persistenza.

Aroma

L’aroma ha note fruttate di pomacee, con leggeri sentori acidi. La presenza del coriandolo è evidente, e può dare moderati sentori di limone. Inoltre si percepiscono accenni di lievito che ricordano il pane a lievitazione naturale. Il sale ha un’intensità molto leggera, che ricorda la brezza marina oppure regala una sensazione di freschezza generale.

Gusto
 birra al sale

Il gusto presenta un asprezza moderata ma evidente, paragonabile quasi ad una spremuta di limone all’interno di un tè freddo. Il malto contribuisce al gusto pastoso, mentre si percepisce un carattere fruttato relativamente moderato di pomacee, frutta o limoni. Il sapore salato risulta leggero o moderato. Questo dovrebbe essere evidente, in particolare all’inizio della bevuta, ma non dev’essere predominante. L’amarezza è bassa, senza dare troppo spazio al sapore di luppolo.

Il finale è secco e completamente attenuato, con un’acidità non luppolata che viene bilanciata dal malto. L’acidità che potrebbe essere più evidente sul finale, migliora la qualità rinfrescante della birra. Inoltre dovrebbe essere equilibrata e non diretta, nonostante le versioni storiche fossero particolarmente aspre.

La carbonatazione risulta particolarmente alta, mentre il corpo può essere da mediamente leggero a mediamente pieno. Nel complesso la percezione del sale può dare una piacevole sensazione appetitosa. Il grado alcolico è compreso tra 4,2-4,8 %vol.

Fonte Bjcp.

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Accostamenti col cibo

degustazione culinaria
Accostamenti

La sapidità di queste birre, evidenzia un ottimo feeling con pietanze speziate. Infatti la cucina etnica, che prevede un uso abbondante di spezie, è particolarmente indicata. Ma l’esaltazione del gusto dello stile Gose va oltre.

Queste birre si rivelano particolarmente indicate nell’accompagnamento di aperitivi, salumi, formaggi semi stagionati e antipasti di verdure. Vanno benissimo anche con la pasta, che prevede condimenti a base di pesce o verdure. Inoltre si abbinano al pesce, in particolare ai crudi, ai secondi di carni bianche e alle insalate.

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Considerazioni

Oggi lo stile Gose ha ripreso piede. Anche in Italia parecchi birrifici hanno approfondito la produzione della birra salata, regalando piccoli gioielli agli appassionati. Non mancano infatti interpretazioni di birre che richiamano l’acqua marina o sali derivanti da ogni dove. Nel complesso la Gose risulta una birra molto equilibrata, che concede al palato sensazioni sapide, acide e fruttate. Un mix perfetto che si racchiude in una bevuta facile e dissetante, a cui pochi oppongono resistenza.

Buona birra a tutti

Birra Forst. Un sostegno alla Caritas Altoatesina

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Birra Forst
Birra Forst

Se c’è una cosa che la situazione attuale ha incentivato, è la solidarietà! In questi tempi difficili, la solidarietà è il carburante di un motore sottoposto a un grande impegno. Così il buon cuore di tanta gente ha cercato, nel proprio piccolo, di aiutare i più bisognosi. Associazioni e volontari hanno da sempre fatto un lavoro enorme, e tutt’oggi non si sono tirati indietro. Nemmeno di fronte alle divergenze e ai pericoli che il presente continua ogni giorno a riservare. A loro va un particolare ringraziamento e Birra Forst, per omaggiare lo straordinario impegno nel sostenere tante persone in difficoltà, dona 100.000 € alla Caritas dell’Alto Adige.

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Il Birrificio Forst fondato nel 1857 a Foresta (Forst in tedesco), frazione di Lagundo a Bolzano, è una delle più grandi birrerie d’Italia. “Anche in questa situazione di generale difficoltà siamo grati di poter aiutare il prossimo. – afferma Cellina Von Mannstein, protagonista del mondo Forst – Spetta a ciascuno di noi assumersi delle responsabilità sociali per creare un futuro migliore. L’impegno di Birra Forst va anche oltre questa donazione: Numerose aziende, organizzazioni e associazioni stanno vivendo un periodo di grande insicurezza. Pur trovandoci di fronte ad un futuro incerto, Birra Forst ci tiene a sottolineare che come in passato continuerà a sostenere istituzioni, associazioni sportive e culturali, stando al loro fianco anche in futuro”.

Si tratta di un’iniziativa ammirevole, che andrà a beneficio delle tante persone che si trovano in una situazione disagiata. Ma sopratutto si spera che tale gesto sia l’incentivo per fare sempre del bene, aiutando chi ci aiuta.

Buona birra a tutti

Bevo Lucane: L’iniziativa birraia della Basilicata

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Bevo Lucane

Con lo scoppio della pandemia da Covid-19, la vita ha subito un notevole cambiamento, mettendo l’uomo di fronte ad una realtà inverosimile. Il Coronavirus non si è accontentato esclusivamente (si fa per dire) della vita, ma ha colpito anche la dignità di tanti lavoratori. Infatti gli effetti della chiusura per la quarantena gravano su aziende e imprenditori, che hanno visto nel virus un possibile capolinea della loro attività. Ogni settore economico è stato colpito, e di certo il mondo della birra artigianale non è stato immune. Dopo la chiusura di pub e ristoranti, il settore della birra artigianale ha riscontrato un forte calo sul fatturato. Per fronteggiare tale disagio, gli imprenditori del settore birraio hanno allestito una fitta rete di comunicazione, permettendo di bere buona birra anche da casa. Una delle iniziative più interessanti denominata “Bevo Lucane” arriva dalla Basilicata!

Bevo Lucane: L’unione della birra artigianale

Bevo Lucane è l’iniziativa che crea un filo-conduttore tra appassionati e produttori. Favorendo il consumo di prodotti locali e stimolando il cliente, che si è visto privare delle proprie abitudini. A spiegare come nasce Bevo Lucane sono Lorenzo Amato e Rocco Calamita di Senzaterra Brewing Co.: “l’emergenza sanitaria come sappiamo ha messo in stand by tutto il settore della ristorazione, andando a toccare indirettamente anche il comparto della birra artigianale. La maggior parte dei produttori infatti lavora con forniture a pub, ristoranti e locali. In modo autonomo e spontaneo, molti si sono attivati con consegne a domicilio e spedizioni con corriere.

Un sabato mattina ci siamo sentiti tramite Whatsapp con altri produttori e abbiamo rilevato la volontà di fare un po’ di promozione congiunta. Cercando di mantenere vivo il contatto con i lucani e, perché no, favorire il consumo dei prodotti locali prima che di quelli provenienti da altre regioni. In pochi minuti l’entusiasmo si è trasformato nel gruppo Facebook ‘Bevo Lucane’.”

“L’iscrizione è aperta a tutti – continuano Lorenzo Amato e Rocco Calamita – e lo spirito è di far sapere alla gente chi, come e quando effettua consegne e spedizioni. A Birrifici, Beer Firm e locali che fanno delivery basta scrivere un post nel gruppo indicando le modalità per ordinare. Per tutti è anche un luogo virtuale dove poter discutere, commentare birre, scambiarsi opinioni, un po’ come al bancone di un pub (anche se sappiamo non essere la stessa cosa). A questo proposito ci teniamo a sottolineare che i locali non possono essere sostituiti dal delivery o da iniziative come questa. Essi sono, oltre che luoghi d’incontro e di esperienza culinaria, anche luoghi di cultura, dove i Publican (gestori di pub) indirizzano i clienti verso il bere consapevole. Seguendo e facendo crescere le loro esperienze di gusto.

Quindi ci auguriamo che prima possibile possa riprendere, in sicurezza, la vita di tali locali. Sappiamo che ci vorrà tempo e che probabilmente cambieranno molte cose. Ma sappiamo anche che la genuinità e la convivialità del mondo della birra artigianale rimarrà. In questo ci attiveremo con le più disparate iniziative, magari anche pensando ad altre azioni e servizi comuni”.

Considerazioni

L’iniziativa Bevo Lucane fa riferimento al gruppo Facebook, in cui è possibile trovare tutte le informazioni sulla birra artigianale in Basilicata. Attualmente, in linea con le altre iniziative spuntate in altre parti d’Italia, il gruppo cambia nome in Senza Birra Mai – Basilicata. L’obiettivo, che non perde mai di vista la realtà del territorio e dei prodotti locali, amplia i propri orizzonti cercando di sostenere la grande voglia di dare un futuro alla Birra Artigianale in Italia.

Buona birra a tutti.

Milano 2020: Le proposte sulla Fase 2

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Milano 2020
Milano 2020

I colpi di scena che hanno caratterizzato l’epidemia da Covid-19 non sono mancati. Così, tra giochi politici e sanità sotto pressione, la quale raccomanda di procedere sempre a piccoli passi, lo smarrimento di chi ci rimette le tasche non è poca. Come ampiamente detto, la crisi economica scatenata dall’epidemia non ha risparmiato il settore birraio, mettendo tanti esercenti in serio pericolo. In questo senso, la ripartenza della macchina imprenditoriale è necessaria, ma va valutata attentamente e sopratutto va eseguita in modo organizzato! A tale proposito il capoluogo lombardo (uno dei focolai dell’epidemia) ha messo a disposizione dei cittadini e degli esercenti il progetto “Milano 2020”, un documento con lo scopo di elaborare una strategia sicura e funzionale per la Fase 2.

Milano 2020: La Fase 2

Con l’arrivo della famosa “Fase 2”, la confusione per gli esercizi pubblici ovviamente non accenna a diminuire. Anzi, oltre al “quando” e al “se” riaprire, forti dubbi si hanno anche sul “come” rendere la ripartenza più sicura. Infatti è necessario avere un’idea chiara su quali misure adottare e come adottarle, per limitare al minimo la ripresa dell’epidemia che potrebbe segnare un ulteriore blocco economico. A tale proposito nasce a Milano un comitato spontaneo di pubblici esercenti che, attraverso “Milano 2020”, ha formulato alcune richieste riguardanti la gestione della delicata Fase 2. Le proposte, rese note con una lettera indirizzata al primo cittadino Giuseppe Sala, hanno l’obiettivo di salvaguardare la salute pubblica, mantenere attivi i posti di lavoro e di stimolare il risveglio della socialità.

Le richieste

Tra le richieste avanzate ci sono:

  • Accesso contingentato non per distanza ma per capienza massima, in relazione alla metratura del locale;
  • Possibilità di creare o ampliare aree esterne a canone zero;
  • Possibilità ai clienti di munirsi con delle sedute personali per le consumazioni all’esterno;
  • Servizio al banco a numero chiuso;
  • Studiare un’App per la mappatura dei locali di Milano, che indichi agli avventori quando c’è capienza all’interno;
  • Sanificazione “Smart” dei locali (lampade UVB, depuratori d’aria, ecc.);
  • Servizio delivery per le categorie a rischio;

Inoltre si chiede di evitare perché non sostenibili, non realizzabili e non efficaci:

  • Barriere in plexiglas e mascherine per isolare i clienti. La tutela della salute sarà garantita con apposita distanza sociale;
  • Misura della temperatura all’ingresso, perché la contagiosità massima della fase iniziale è a-piretica;
  • L’esonero del pagamento di tributi COSAP e TARI inerenti all’anno 2020, per dare modo alle aziende di riprendersi dopo un lungo periodo d’inattività.

Attraverso le richieste s’intravede la voglia di ripartire e dare un futuro all’attività lavorativa. Naturalmente bisognerà valutare l’applicabilità di tali strategie e studiare, attraverso personale competente, la reale sicurezza per esercenti e consumatori. Sicuramente ancora l’incubo non è finito. Adesso inizia lo step più difficile: la convivenza con il virus!

Buona birra a tutti.

Ritual Lab: GDO ancora l’Italia non è pronta!

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Ritual Lab gdo
Ritual Lab gdo

Nei giorni scorsi avevamo parlato di birra artigianale e la GDO. Un tema molto sentito, in questo momento di particolare crisi sanitaria ed economica, che crea parecchi dibattiti dando adito a diversi nodi difficili da sciogliere. Ma tenendo conto che spesso la teoria differisce dalla realtà dei fatti, abbiamo voluto sapere cosa ne pensa un diretto interessato. In particolare, sulla questione GDO, abbiamo voluto dare voce in capitolo a Ritual Lab, un birrificio artigianale di fama mondiale che porta alto il nome della birra (quella buona) in Italia.

A parlare è Giovanni Faenza, titolare insieme al papà Roberto del birrificio pluripremiato di Formello (Roma), che afferma: “ci tengo a puntualizzare che il marchio Ritual Lab non vende in GDO, e non è legato in nessun modo al GDO”. La puntualizzazione è motivo di un’errata informazione, che nei giorni scorsi aveva allarmato i puristi e gli affezionati del birrificio romano. “Noi di Ritual Lab – continua Faenza – siamo molto lontani dalla realtà GDO, perché i nostri prodotti troverebbero difficoltà ad essere inseriti in questo mercato. Il settore attualmente non è in grado di trattare bene un prodotto delicato come la birra artigianale“. Il pensiero del Ritual Lab (che riflette l’idea comune del settore birraio artigianale), afferma di non voler transigere sulla qualità che deve arrivare al cliente, segno indistinguibile di professionalità, serietà e artigianalità, cosa che al momento la GDO non può garantire.

Cosa consiglieresti alla GDO per garantire la qualità del Ritual Lab al cliente?

Servirebbero sicuramente degli spazi refrigerati, in modo che il prodotto possa mantenere la catena del freddo. Occorrerebbero dei magazzini e degli spazi espositivi appositi per la birra, giustamente refrigerati. La birra artigianale andrebbe trattata come il latte fresco, una cosa difficile ad oggi in Italia perché lontani come concetto. Inoltre servirebbe una filiera molto capillare, con tanti punti vendita che ordinano pochissimo prodotto. Purtroppo il concetto del GDO è comprare tanto e pagare poco, mentre il segreto per garantire la birra artigianale è comprare poco, magari pagando un po’ di più, per poter vendere subito il prodotto e non immagazzinarlo.

Il grosso problema della GDO – continua Faenza – è che fatica, come struttura, a creare un “giro veloce”. Se ci fosse un GDO con 5000 punti vendita e ogni punto comprasse solo un cartone, si riuscirebbe a “buttare fuori” grandi produzioni, riuscendo a mantenere un prodotto fresco e di qualità. Il consiglio che non vuole essere un consiglio, in quanto si spera che sia l’evoluzione naturale dei prossimi 10 anni perché ci vuole ancora tempo, è di avere un’attenzione maggiore verso questo prodotto.

Di non considerarlo più come una birra da scaffale come avviene per le commerciali, ma di considerarlo come un prodotto fresco, come avviene con il latte fresco oppure con un succo biologico a scadenza limitatissima, in modo tale che le attenzioni dietro siano maggiori e le giacenze in magazzino minori. E’ fondamentale non far “stare fermo” il prodotto, questo è il segreto! In quanto il poco venduto velocemente è sinonimo di qualità.

Il problema prezzo: La cooperativa sarebbe una possibile soluzione?

Potrebbe essere un’idea. Ma determinati stili sono legati inevitabilmente a prezzi alti, perché costosi da produrre. Le materie prime che utilizziamo, nel 90% dei casi sono materie prime povere. La differenza di malto comprato da noi e quello comprato da una multinazionale, che produce milioni di litri, non è così alto come si potrebbe pensare. Perché il costo della materia prima di qualità mediocre da quella alta oscilla relativamente di poco. Poi è logico che se lo moltiplichi per milioni di litri diventano tanti soldi.

Ma il problema non è tanto il costo, quanto la cultura perché non siamo pronti a vedere la birra artigianale sugli scaffali del supermercato. Arriverà anche lì sicuramente, ma serve tempo, perché purtroppo ci manca il consumo procapite e ci manca la cultura della birra. Vedere birra di un certo tipo sullo scaffale oggi spesso per un cliente non particolarmente attento all’artigianalità non è significativo. Mentre il cliente conoscitore della vera birra, riconosce il prodotto ma percepisce che non può andare, perché mancano le regole fondamentali che mantengono la qualità di un prodotto artigianale.

E’ una questione di cultura birraia. Chi va a fare la spesa – afferma Faenza – e vede una birra di 8€ e una di 0,60€ percepisce un divario enorme. Infatti la differenza tra un pub e un supermercato è che nel pub trovi un publican che racconta il prodotto, ti spiega la differenza di prezzo e ti da una ragione valida per cui quella birra costa così tanto. Invece al supermercato una persona non inserita nel mondo della birra artigianale non può comprendere questo divario.

Nei supermercati statunitensi si trovano le più grandi eccellenze della birra americana, ma in quel caso c’è gente che è disposta a comprarla. Più si aumenta il consumo procapite, e più si vedrà birra artigianale al supermercato. Non è ancora ancora il momento, ma un domani lo sarà sicuramente. Ad oggi purtroppo non siamo ancora pronti. Sia per motivi di birrificio, troppo piccoli e poco strutturati, che per la grande distribuzione non organizzata ad un prodotto così particolare.

Considerazioni

Nelle parole di Giovanni Faenza del Ritual Lab si percepisce il grande rammarico di una cultura (quella italiana) ancora prematura per apprezzare al meglio l’artigianalità della birra. Da quando la birra artigianale in Italia è esplosa, ha portato con se tanti appassionati. Gli stessi devoti che, tra un boccale e l’altro, hanno scoperto la magia oltre l’alcol e la goliardia di un momento. La birra ha una storia che affascina e che coinvolge. Ma per far si che questo avvenga, bisogna che sia apprezzata prima che nel boccale, nell’essenza.

La GDO in questo momento, così difficile e delicato, poteva sicuramente portare grande beneficio a questi imprenditori che dedicano corpo e anima alla birra. Ma, come accennato precedentemente, la teoria differisce dalla pratica. La GDO è una grande risorsa, ma deve in primis garantire la qualità che distingue una birra artigianale da una commerciale. E’ stato fatto tanto, ma ancora tanto dev’essere fatto per dare longevità alla cultura brassicola italiana. Grazie al Ritual Lab che continua la sua missione, per certi versi complessa ma sicuramente più che riconosciuta, di diffondere la vera buona birra in Italia.

Buona birra a tutti

Salviamo la birra: L’unione che fa la forza!

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Salviamo la birra
Salviamo la birra

Quante volte è stato ripetuto che il Covid-19, il virus capace di mettere sotto assedio l’Italia e il mondo intero, non colpisce solo la salute? La TV e gli altri mezzi informativi lo hanno detto allo stremo: la forza di questo virus, va oltre la salute. Questo nemico invisibile, che non si accontenta della cosa più preziosa, distrugge dignità, socialità e come se non bastasse anche l’economia. Infatti l’aspetto economico (seppur nullo rispetto alle migliaia di vite già spese) è tra i campi più disastrati. Per far fronte a questo grande problema sono nate diverse piattaforme, che permettono di “mettere una pezza” alle perdite dovute all’inevitabile lockdown. Tra le tante idee spunta “Salviamo la Birra”, un portale che vuole unire i produttori e i publican in un meccanismo di supporto comune.

Come funziona Salviamo la Birra?

La piattaforma ideata dalla beer firm Il Confine e il beer-shop La Sete, nasce per sostenere tutta la filiera in modo coeso. L’acquisto di birre sul portale significherà aiutare tutta la filiera brassicola (birrifici, pub, bar, ristoranti, beershop, brewpub, beerfirm, associazioni), in quanto il ricavato delle vendite sarà suddiviso tra tutti gli aderenti all’iniziativa.

Attraverso la selezione Shop sarà possibile selezionare il birrificio desiderato, e scegliere le birre preferite che saranno inviate direttamente a casa. La lista dei produttori, rigorosamente italiani e in continuo aggiornamento, vede riunite sotto la stessa bandiera firme importanti con prodotti d’eccellenza, che hanno portato alto il nome della cultura brassicola italiana.

L’acquisto

Le spedizioni saranno gestite direttamente da ogni produttore, così da poter acquistare scatole di singole birre o mix predefiniti. Le spese di spedizione, considerando la dislocazione logistica, sono calcolate per ogni birrificio (con un minimo di 2 scatole dallo stesso birrificio le spedizioni saranno incluse). Dopo l’acquisto si potrà scegliere se ricevere subito le birre a casa (se possibile nella zona), oppure averle dopo l’emergenza o col diminuire delle restrizioni. Il ricavato dell’acquisto sarà diviso tra tutti i partecipanti dell’iniziativa Salviamo la Birra, per far fronte all’emergenza e consentire una ripartenza più rapida. Inoltre parte degli introiti saranno devoluti in beneficenza alla Protezione Civile Italiana.

Buona birra a tutti.

Birra artigianale: Lo scacco matto del Coronavirus!

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Birra artigianale Coronavirus
Birra artigianale Coronavirus

L’epidemia da Covid-19 ha scompigliato sanità ed economia, portando alla luce le crepe di un sistema (quello italiano) troppo debole e poco preparato. Non è una critica verso la sanità pubblica, perché i nostri medici hanno dimostrato di essere gladiatori in un’arena colma di leoni. Ma forse si doveva prestare più attenzione e dedicarsi maggiormente al rafforzamento di settori, che in questo momento sono sull’orlo del baratro. Dagli ospedali, che hanno evidenziato carenza logistiche, all’economia che ha visto la moria di troppe imprese. Purtroppo tra i settori economici, che hanno e continuano ad accusare maggiormente il colpo, c’è quello birraio. Infatti la birra artigianale italiana, perla nata da poco e forse ancora troppo poco capita, rischia di non superare la crisi del Coronavirus che potrebbe segnare un definitivo K.O.

Il problema del lockdown

Con la chiusura per il rispetto della quarantena di pub, bar e ristoranti, tanti imprenditori hanno rimboccato le maniche per cercare una soluzione alternativa alla vendita. In molti hanno scelto un servizio delivery, che continuasse a portare la buona birra a casa del consumatore nonostante il lockdown. Ma oggettivamente il servizio a domicilio, nonostante la grande potenzialità e la propaganda su qualsiasi portale di birra, in Italia stenta ancora ad esplodere.

Dunque è logico pensare, che uno dei motivi di questo disastro del settore birraio artigianale in Italia sia rappresentato dalla distribuzione. Un dettaglio che purtroppo non ha previsto una gestione alternativa e organizzata delle vendite. Infatti è bastato chiudere il canale preferenziale di vendita (pub, bar e ristoranti), per “paralizzare” un intero settore. Certo nessuno poteva prevede un’epidemia, ne tanto meno si poteva pensare ad un lockdown. Ma il problema è alla fonte!

Ovviamente il fascino di bere una birra artigianale al pub, di vederla spillata e servita come un prodotto Deluxe, rispetto alla “biretta” da supermercato, valorizza ancora di più il prodotto. Ma pensare di tenere segregata un’eccellenza italiana, ad un solo canale di vendita è un sacrilegio.

La pratica differisce dalla teoria

Naturalmente la pratica non è come la teoria! Se da un lato è un peccato isolare la birra artigianale, dall’altra c’è l’impossibilità di trovare un mercato che accolga una bottiglia dal costo nettamente superiore alla birra “commerciale”. Chi ama la birra, conosce bene il costo di un prodotto artigianale. Di conseguenza non rimarrebbe impressionato se sullo scaffale di un supermercato vedesse una bottiglia di 7-8 € e più, accanto a quella economica di 0,60 Cent. Ovviamente non tutta la popolazione, che puntualmente va a fare la spesa, è innamorata della birra artigianale. Dunque ci sarà sempre una disparità “non compresa” di prezzo. Ma è comunque impossibile per un piccolo birrificio, pensare di vendere una birra artigianale al pari di una commerciale.

Infatti il problema come anticipato è alla radice. Si è indifferenti di fronte ad un vino che costa 30-40 €, invece si rimane pietrificati di fronte ad una bottiglia di birra artigianale che ne costa 7. Pensando inconsciamente che i produttori siano pazzi, a proporre un “simile” prodotto a questo prezzo. Ma il problema non è solo del cliente che non conosce la buona birra, e si accontenta di bere quella economica. La problematica nasce anche da una mancanza di comunicazione tra birrifici, e da un’organizzazione inesistente e quasi impensabile con la GDO (Grande Distribuzione Organizzata).

Considerazioni

La realtà però è che l’economia (nonostante la difficoltà del momento) è un continuo aggiornamento. Su cui bisogna stare sempre sul pezzo e scaricare l’ultimo download. Per cui la domanda nasce spontanea: prima che scoppiasse il Coronavirus, il mondo della birra artigianale ha pensato alla GDO come un aiuto o come un problema? Forse si è fatto troppo poco, o forse non si è neanche pensato a come poter vedere nella GDO un mercato diretto, che potesse coinvolgere il 100% della potenziale clientela.

Buona birra a tutti.

Prato a Tutta Birra: Rimandato il decennale!

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Prato a tutta birra
Prato a tutta birra

Prato a Tutta Birra è la manifestazione che ogni anno concentra musica, gastronomia e buona birra. Programmata dal 13 al 17 maggio, l’anno 2020 rappresentava la decima candelina dell’appuntamento toscano, capace di coinvolgere abitanti pratesi e non! Purtroppo a causa del Coronavirus, come tante altre manifestazioni, l’iniziativa pratese ha dovuto rimandare i festeggiamenti a data da destinarsi.

A dare la notizia è l’organizzatore Alessandro Rubino, che sulla pagina Facebook del Prato a Tutta Birra dice: “Si sa, noi organizzatori di eventi abbiamo un atteggiamento quasi sempre positivo e nel ‘DNA’ di ogni buon organizzatore ci sono alcune ‘particolarità’: la lungimiranza e la praticità, la capacità di essere realisti e di capire se una cosa si può o non si può fare. Durante un evento, abbiamo una frazione di secondo per risolvere un problema, affinché lo spettacolo vada avanti perché ‘The show must go on’. Eppure, in questo momento, in cui ho tanti secondi da giocarmi, non vedo la soluzione al problema che ho di fronte. Non mi appare, nonostante sia un ‘visionario’. In questo momento sono realista e so che non si può fare, che non esiste una soluzione”.

Le parole di Rubino non nascondono l’amarezza di questo momento, che con tristezza portano a delle rinunce difficili da mandare giù. “Siamo una delle categorie che si trova più in difficoltà e più spaesata nel nostro paese, per l’impossibilità di fare il nostro lavoro, per l’incertezza, per il futuro che ci attende. Con queste parole non voglio certo mancare di rispetto a tutte quelle persone che oggi rischiano la propria salute e mettono a rischio la propria vita lavorando per noi, negli ospedali, nei supermercati, negli uffici pubblici, nelle strutture per gli anziani… o alle forze dell’ordine. Sono loro i veri eroi dei nostri giorni, a loro ogni giorno va il mio ringraziamento più sincero.

Ma rifletto su una situazione che è difficile in un momento che è ancora più difficile. Io ora posso solo guardare, come uno spettatore che ha pagato il biglietto per uno spettacolo che non vorrebbe mai vedere. Me ne sto con le mani in mano, e mi dispiace, vorrei poter contribuire in tutti i modi, ma non posso. Sto a casa, faccio l’unica cosa che può aiutare nel mio piccolo la nostra comunità e lo faccio sperando che tutto questo diventi presto un brutto ricordo”.

Nel comunicato si fa riferimento ad una locuzione latina dell’Antica Roma “Panem et Circeses”. Essa riassume il concetto di ciò che necessita al popolo, ovvero il pane e i giochi circensi. In un inno alla speranza Rubino conclude: “Quando questa situazione di emergenza sarà finita potremo ricominciare, ripartire, ricostruire. Voglio pensare che torneremo presto, il prima possibile, ce lo auguriamo tutti, a godere in toto di quello che i nostri avi desideravano, e che noi finora abbiamo dato per scontato. Mi si riempirà il cuore e sarò felice di nuovo nel vedervi sorridere, mangiare insieme o ballare come matti a una mia festa…a qualsiasi festa”.

Buona festa a tutti.

La degustazione della birra. Una questione di attributi!

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Degustazione della birra
Degustazione della birra

Bere birra è un’azione così semplice e scontata, al punto da non soffermarsi tanto sul sorso. Ma se da una parte c’è chi beve perché una birra è buona e basta, dall’altra esiste chi prova ad emularsi degustatore alla ricerca del gusto perduto. Scherzi a parte, la degustazione della birra per definire sapori, odori e altre caratteristiche organolettiche è un campo con regole ben precise, basate su attributi sensoriali altrettanto definiti.

Indice

  1. Degustazione della birra: Le analisi
  2. Degustazione della birra: Gli attributi
  3. Considerazioni

Degustazione della birra: Le analisi

Per valutare l’aspetto qualitativo della birra, solitamente si effettuano tre tipi di esami:

  • Chimico/Fisico. Analisi di laboratorio, che permettono di conoscere la composizione qualitativa e quantitativa della birra;
  • Microbiologico. Analisi di laboratorio, che permettono di verificare le adeguate condizioni igieniche con cui si realizza la produzione birraia;
  • Sensoriale o organolettico. Analisi effettuate da degustatori esperti, che elaborano un giudizio organolettico sia sulle materie prime che sul prodotto finito.

Tralasciando la parte laboratorista, in cui ovviamente si necessita di strutture e di attrezzature appropriate, l’analisi sensoriale è il campo che interessa il bevitore di birra esperto che possiede un palato allenato e preparato allo scopo.

analisi

Per degustare una birra, nel pieno delle sue caratteristiche sensoriali, bisogna affidarsi naturalmente agli organi di senso (occhi, orecchie, bocca, naso e pelle per intenderci). Ogni qualvolta che gli organi di senso sono stimolati, il cervello restituisce un’elaborazione dello stimolo. Questa elaborazione fornisce l’analisi sensoriale dello stimolo e dell’oggetto che lo ha prodotto. L’elaborazione sensoriale a sua volta può essere suddivisa in due tipi di analisi:

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  • Analisi edonistica. Si basa sulla degustazione o assaggio attraverso parametri personali. E’ un’esperienza molto soggettiva e non misurabile, elaborata in base alle proprie esperienze e al proprio livello di percezione.
  • Analisi descrittiva. E’ un metodo scientifico basato sulla misurazione oggettiva attraverso i sensi, delle caratteristiche di un prodotto. Le misurazioni sono elaborate da personale esperto, che risulta essere allenato e preparato professionalmente all’analisi.

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Degustazione della birra: Gli attributi

La degustazione organolettica della birra si organizza in tre fasi, che coinvolgono la vista, l’olfatto e il gusto. L’evolversi delle fasi analitiche si struttura tenendo conto di alcuni attributi sensoriali, che aiutano nella definizione dell’analisi descrittiva.

Analisi Visiva

L’analisi visiva, che inizia dal bicchiere in cui si versa la birra, spesso è associata ad indagini di tipo strumentale (torbidità, colore, schiuma) che hanno carattere oggettivo. In particolare attraverso quest’esame si tiene conto di:

analisi visiva
Analisi visiva
  • Aspetto, associato al grado di torbidità;
  • Volume Schiuma, associato in base alla quantità di schiuma ottenuta dopo il versamento della birra nel bicchiere;
  • Persistenza Schiuma, associata al tempo di permanenza (in secondi) della schiuma nel bicchiere;
  • Tipo di Schiuma, attribuito in base all’aspetto associato alla consistenza/struttura della schiuma appena dopo il versamento della birra nel bicchiere.

Analisi Olfattiva

L’analisi olfattiva nella degustazione della birra, ottenuta tramite l’apparato nasale, tiene conto dei profumi che caratterizzano la struttura aromatica della bevanda. La percezione degli odori avviene attraverso la mucosa olfattiva che si trova nelle fosse nasali. Questa ha la capacità di recepire le sensazioni odorose e trasmetterle, tramite il nervo olfattivo, al cervello. Nel cervello in seguito avviene l’elaborazione dello stimolo, che associa la sensazione odorosa alla memoria olfattiva (patrimonio accumulato nel tempo dalla degustazione). Nell’analisi olfattiva in particolare si andrà a valutare:

analisi olfattiva
Analisi Olfattiva
  • Nota aromatica, ovvero il profumo di frutta (più o meno matura), d’erbaceo, di malto, di floreale, oppure di qualche altra spezia utilizzata percepita attraverso le sole cavità nasali;
  • Intensità olfattiva, ovvero l’intensità globale del profumo (odore) del campione percepito attraverso le sole cavità nasali.

Una volta conclusa l’analisi olfattiva, si tende a descrivere il profumo. La descrizione cerca di dare una sembianza fisica all’aroma, associandolo alle varietà di frutta (banana, mela, pera, ecc), di luppolo, di malto o di fiore.

Analisi Gustativa

L’analisi gustativa avviene tramite la lingua, la volta palatina e la cavità retronasale. In questo tipo di analisi la saliva è l’agente solubilizzante che facilita la ricezione dei sapori da parte delle papille gustative. Le papille gustative sono di tre tipi e disposte su tutta la superficie linguale:

mappa regioni lingua
Mappa regioni lingua
  • Fungiformi, specializzate nel rilevare il sapore dolce (punta lingua), acido (zone laterali e sublinguali) e salato (zone laterali e dorsali);
  • Caliciformi, recettori dell’amaro dislocate alla base della lingua;
  • Filiformi, che sono capaci di rilevare la consistenza dei fluidi e l’umami (sapore di glutammato, percepibile in alimenti particolarmente ricchi di proteine). Questi recettori sono dislocati in particolare nella parte medio dorsale della lingua.

In considerazione della mappa linguale va fatta una precisazione. Nonostante la suddivisione la percezione unica del gusto non è limitata alla singola zona, ma coinvolge l’intera superficie linguale. Ogni “regione” coadiuva con con l’altra, con differenti soglie percettive dei sapori. Nell’analisi gustativa della birra, in particolare si andranno a valutare i livelli di:

analisi gustativa
Analisi gustativa
  • Dolce;
  • Salato;
  • Acido;
  • Amaro;
  • Metallico;
  • Frizzantezza. Misura dell’intensità di spumantizzazione percepita nella cavità orale;
  • Corpo. Misura della sensazione gustativa e tattile associata a concentrazione, densità e pienezza dei sapori percepiti in bocca;
  • Cotto. Intensità della sensazione di cotto associate al malto.

Nell’analisi gustativa, va inoltre considerata la percezione retro-olfattiva. Questa coinvolge l’olfatto durante la deglutizione, facendo passare aria dalla bocca al naso attraverso le vie respiratorie interne. Questo tipo di analisi tiene conto dell’evaporazione degli elementi volatili, causata dalla temperatura del cavo orale. L’analisi retro-olfattiva completa ed esalta le sensazioni già percepite separatamente dai due sensi, definendo meglio:

  • Nota aromatica, ovvero l’aroma percepito quando il campione è assaggiato (sensazione retro-olfattiva);
  • Persistenza retro-olfattiva;
  • Tempo di permanenza (in secondi) dell’aroma al momento in cui il campione è assaggiato;

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Considerazioni

Nonostante la degustazione professionale tende a dare una valutazione tecnica e dettagliata della bevanda, il bello di “farsi una birra” è anche la scoperta e l’interpretazione personale dei sapori. Sia chiaro, è sbagliato non riconoscere il sapore che gli esperti attribuiscono a una determinata birra.

Tuttavia il fascino della bevanda più amata di sempre, per i meno allenati alla degustazione, è anche quello di farsi trasportare e stimolare dalle percezioni che quel colore, quella schiuma, quell’aroma e quel sapore ricorda per ognuno di noi!

Buona birra a tutti.

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