Baladin è innegabilmente un punto di riferimento quando si parla di buona birra made in Italy. Pioniere da sempre della birra artigianale italiana, il birrificio di Piozzo (CN), grazie al suo fondatore e trascinatore Teo Musso, è continuamente in prima linea nella divulgazione di un prodotto che solo oggi inizia a essere finalmente apprezzato per la sua innegabile qualità e varietà. Oggigiorno, infatti, la birra artigianale non è più considerata una bevanda di serie B, ma un prodotto dagli alti standard qualitativi, rivolto a una platea sempre più vasta e attenta a ciò che beve. Ebbene, proprio per gli appassionati della buona birra e in particolare per gli amanti dei prodotti Baladin, il birrificio pensa a un club del tutto esclusivo che consentirà di accedere a diverse attività e prodotti riservati.
Il Baladin TeKu Club è il club esclusivo realizzato per tutti gli amanti del mondo Baladin. Entrare a far parte di questa comunità di appassionati è semplicissimo! Baserà, infatti, acquistare un particolare box per accedere a una serie di eventi e iniziative. Inoltre, corredato al box si riceverà:
una nuova e misteriosa birra gastronomica da 75cl;
1 TeKu con colorimetro, ideale per la degustazione e un libretto che ne spiega l’utilizzo;
un link per richiedere uno sconto fisso sull’e-commerce del birrificio, valido tutto l’anno (5%);
un manuale firmato Baladin, su come servire la birra alla spina e nel bicchiere;
un ingresso gratuito per visitare il birrificio Baladin (appena sarà possibile riprendere l’attività);
un sottobicchiere in legno con apribottiglie, esclusivo Baladin TeKu Club.
A questa lista si aggiunge, acquistando il box entro l’8 marzo 2021, la possibilità di partecipare alla prima degustazione online della nuova e misteriosa birra direttamente con Teo Musso.
L’invio del box (e di tutti gli altri prodotti presenti nello stesso ordine) è previsto a partire dal 9 marzo! Per ulteriori informazioni visitare il sito del birrificio.
Il mondo della birra artigianale è in continuo fermento, con proposte sempre nuove, particolari e decisamente mai scontate. Non importa che la produzione avvenga nel paese più sperduto o nella metropoli più importante della penisola (mi soffermo alla nostra cara Italia ovviamente), la sinfonia che si ritrova nel bicchiere è sempre la stessa. Naturalmente non tutte le birre artigianali sono uguali, questo è ovvio! Tuttavia chi desidera assaporare la particolarità di una vera birra, si aspetta di ritrovare nel bicchiere un palese omaggio ai sentori del malto, impreziositi dall’eleganza del luppolo e dalla complessità del lievito. Peculiarità rispecchiate dalla Damnatra Craft Beer, una nuova realtà birraia che sorge nel cuore della piana di Gioia Tauro.
Damnatra Craft Beer è la visione birraia di Antonio Tallarida, publican di Gioia Tauro, il quale apre la strada a birre artigianali dai sapori unici, complessi e armoniosi. Tra queste birre, si distingue una “Dea” in edizione limitata, che in modo deciso ed elegante disegna in chiave calabrese il sofisticato stile English IPA.
La English IPA del Damnatra Craft Beer
Dal colore ambrato e opalescente, la English IPA del Damnatra Craft Beer, si accompagna a una leggera schiuma mediamente persistente. L’aroma, particolarmente complesso, regala spunti agrumati e citrici, che richiamano la grande tradizione del territorio da sempre rinomato per la pregiata qualità dei suoi agrumi.
Il sapore, oltre che sottolineare i sentori olfattivi, orienta le proprie caratteristiche anche su accenni erbacei, efficacemente contrastati da una bilanciata nota maltata. L’amaro, particolarmente piacevole, accompagna tutta la bevuta, per poi diminuire d’intensità e lasciare la scena al retrogusto caratterizzato da spiccati sentori erbacei.
Attraverso un corpo medio e una carbonatazione decisa, questa interpretazione calabrese della English IPA porta con se una gradazione di 7 %vol. Perfetta per accompagnare i piatti piccanti della tradizione, zuppe di verdure e ortaggi, carne (rossa o bianca) e pesce azzurro.
Per ulteriori informazioni sui prodotti del Damnatra Craft Beer potete visitare le pagine social Facebook e Instagram.
L’Italia è un paese meraviglioso, che eccelle in diversi contesti sia geografici che enogastronomici. Tuttavia la birra, in particolare quella artigianale, è un settore relativamente nuovo per il Belpaese, sebbene la passione degli addetti ai lavori e il coinvolgimento di una platea sempre maggiore di consumatori abbia incentivato la nascita e l’evolversi di un prodotto apprezzato in tutto il panorama birraio mondiale. La maggiore pecca per l’Italia, infatti, è la mancanza di una filiera di produzione che garantisca costantemente le materie prime senza il bisogno d’importarle. Tuttavia per i birrifici qualcosa si sta finalmente muovendo e, in questo clima di fermento continuo, Birramia pensa anche alla birra artigianale fatta in casa con materie prime assolutamente Made in Italy. A tale proposito ecco la Wheat, una delle tre ricette proposte da Birramia (le altre sono la Latina e la APA), che permetterà di realizzare tra i fornelli di casa una birra artigianale 100% italiana. La ricetta è disponibile anche sul canale Youtube, ma prima leggetevi l’articolo ;).
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Dal carattere italo-americano, la Wheat Italiana del kit All Grain di Birramia è una birra chiara, dall’aspetto opaco e una schiuma particolarmente abbondante. A differenza della Weizen tedesca e della Blanche belga, questa birra non possiede forti sentori speziati e fruttati, in quanto tende a esaltare i pregiati sapori maltati e luppolati conferiti dagli ingredienti.
Realizzata con malto d’orzo e frumento, disegna un delicato aroma, impreziosito dalle sofisticate note del luppolo Cascade coltivato e lavorato da una piccola azienda agricola italiana. In virtù di tali caratteristiche il kit è composto da una miscela di malti (Pilsner e Wheat) già macinati, da luppoli in pellet (Cascade) racchiusi in pratiche confezioni numerate secondo l’ordine d’inserimento e una bustina di lievito secco pensato appositamente per le peculiarità dello stile. Inoltre nel kit ci sarà una pratica guida, che indicherà passo dopo passo tutte fasi per realizzare in modo semplice e veloce la propria birra artigianale tra le mura domestiche.
3 Pentole da 30 l con rubinetto. Consiglio di optare per la praticità delle pentole elettriche, in alternativa vanno bene anche pentole comuni a cui adattare un rubinetto. È possibile limitare l’acquisto anche a 2 unità, ma si dovrà effettuare un travaso in fase di ammostamento aiutandosi col fermentatore;
Arrivati alla temperatura di 52 °C, inserire i malti (Mash In);
Mescolare con un mestolo;
Mantenere costante la temperatura (52 °C) per 15 min (Protein Rest);
Dopo 15 min, alzare la temperatura del mosto fino a 62 °C e mantenerla costante per 10 min (Beta Amilasi);
In una seconda pentola versare ulteriori 15 l d’acqua e alzare la temperatura fino a 78 °C (Acqua di Sparge);
Trascorsi 10 min a 62 °C, alzare nuovamente la temperatura del mosto fino a 68 °C e mantenerla costante per 30 min (Alfa Amilasi);
Dopo 30 min a 68 °C è necessario effettuare il test dello iodio, per verificare l’avvenuta saccarificazione del mosto. Se il test darà esito positivo procedere al Mash Out; in caso contrario, continuare l’ammostamento a 68 °C fino alla completa conversione degli zuccheriverificabile sempre attraverso il test della tintura di iodio (se non conosci questa pratica dai un’occhiata all’approfondimento cliccando qui);
Per il Mash Out bisognerà portare il mosto alla temperatura di 78 °C per 15 min;
Trascorsi 15 min procedere al filtraggio del mosto;
Terminato il primo filtraggio, procedere al lavaggio delle trebbie attraverso l’acqua di Sparge;
Travasare il mosto filtrato nella pentola di luppolatura.
N.B.:Il mosto filtrato è travasato in una pentola o, in mancanza, nel fermentatore. Nel caso si utilizzi il fermentatore, al completamento del filtraggio, il mosto potrà essere travasato nuovamente nella pentola di Mash precedentemente lavata!
Nella fase di travaso è opportuno non far splashare il mosto per evitare problemi di ossidazione. A tale proposito si raccomanda di fare il travaso a velocità moderata, aiutandosi con un tubo.
Appena inizia a bollire inserire in pentola il primo luppolo (luppolo Cascade siglato n° 1);
Dopo 30 min dal primo inserimento, introdurre in pentola il secondo luppolo (luppolo Cascade, siglato n° 2);
Prima di terminare la bollitura si potrà inserire (se si possiede) la serpentina per sterilizzarla. Considerando una luppolatura di 60 min è opportuno utilizzare gli ultimi 15 min di bollitura per la sterilizzazione;
Dopo 20 min dal secondo inserimento, inserire in pentola il terzo luppolo (luppolo Cascade, siglato n° 3);
Trascorsi 10 min dal terzo inserimento, spegnere la fonte di calore e procedere al raffreddamento con serpentina o sistema alternativo;
Quando il mosto arriverà a temperatura ambiente effettuare il Whirlpool. L’operazione serve a concentrare tutte le impurità al centro della pentola;
Travasare il mosto nel fermentatore avendo cura di filtrare il luppolo.
N.B.: Durante questo travaso è consigliabile far splashare il mosto per favorire la formazione d’ossigeno. Questo accorgimento faciliterà il lavoro del lievito e l’inizio della fermentazione!
Tenere il fermentatore a temperatura costante. La temperatura consigliata è tra 18-22 °C;
Finita la fase vigorosa della fermentazione (1 settimana almeno), è consigliabile fare un travaso in un secondo fermentatore (se si possiede);
Dopo la fase vigorosa della fermentazione è consigliabile tenere la birra nel fermentatore almeno per un’altra settimana. Nonostante in questa seconda fase il gorgogliatore emetterà pochissime bolle (o per niente), molto probabilmente il lievito starà ancora lavorando. L’unico modo per scoprire se la fermentazione è completamente terminata, è misurare la densità (FG). Ricordo che per imbottigliare, il valore della densità FG dev’essere di 1.010/1.012.
N.B.: Solitamente la densità FG è inferiore di 3/4 rispetto alla densità OG. Se abbiamo una OG di 1.050 (50), la densità FG dovrà essere di almeno 1.012 (12) per imbottigliare (50/4=12,5).
Conclusa la fermentazione è il momento d’imbottigliare la birra! Ovviamente prima d’imbottigliare, la densità FG dovrà essere compresa tra 1.010 e 1.012. Inoltre durante l’imbottigliamento si compirà il priming, eseguito in fermentatore o in bottiglia, il quale darà la frizzantezza alla birra.
Se si vuole fare il priming nel fermentatore?
Sanificare le bottiglie;
Aggiungere dello zucchero alla birra che si trova nel fermentatore. In questo caso aggiungere 5-6 g di zucchero per ogni litro di birra (Es: 50-60 g di zucchero per 10 l di birra);
Mescolare delicatamente per favorire la diluizione dello zucchero;
Imbottigliare, avendo cura di lasciare tre dita tra il livello della birra e il tappo della bottiglia;
Tappare le bottiglie.
Se si vuole fare il priming in bottiglia?
Sanificare le bottiglie;
Imbottigliare, avendo cura di lasciare tre dita tra il livello della birra e il tappo della bottiglia;
Prima di tappare le bottiglie, aggiungere il quantitativo di zucchero proporzionato alla capienza della bottiglia (Es.: Considerando un priming di 5-6 g/l, aggiungere 1,65-1,98 g di zucchero per una bottiglia da 33 cl). A tal proposito è possibile approfondire questa tecnica con la realizzazione di una soluzione zuccherina;
Imbottigliata la birra, è necessario attendere almeno 15 giorni per la rifermentazione in bottiglia. Le bottiglie dovranno essere riposte al buio e a temperatura costante. La stabilità e la delineazione del profilo organolettico della birra arriverà solo dopo 1-2 mesi di maturazione.
In questa cotta ho evitato appositamente il controllo del ph e la modifica dei sali dell’acqua. Tuttavia potrete vedere questi passaggi nel video della ricetta! Il kit All Grain per realizzare la Wheat Italiana è disponibile sullo store di Birramia, in cui troverete altrebirre italiane in All Grain e una vasta scelta di proposte americane ed europee complete di ricetta e ingredienti.
Questa ricetta e altri video sulla birra sono disponibili anche sul canale Youtube.
La birra artigianale nell’ultimo ventennio ha rappresentato un vero e proprio trampolino di lancio per l’economia del nostro paese, incentivando la nascita di svariate piccole realtà capaci di elevare un prodotto che fino a pochi anni fa era solo un derivato di serie B. Oggi però la birra artigianale ha raggiunto un livello differente, nonostante la legislazione non ne abbia valorizzato fino in fondo l’intera filiera. Tuttavia, malgrado le ingenti difficoltà riscontrate durante il Covid-19, qualcosa sta finalmente cambiando e la trasformazione sta avvenendo proprio in Lombardia, regione che, insieme al Piemonte, ha rappresentato il vero e proprio apripista di questo comparto. Dalla Lombardia, infatti, giunge il nuovo Progetto di Legge Regionale n. 139 sui Microbirrifici, già al vaglio dell’VIIICommissione Agricoltura Regionale. Un prospetto che andrà a valorizzare la filiera produttiva locale e favorirà lo sviluppo turistico legato all’attività birraia.
La conferenza online
A fornire indicazioni sulle caratteristiche del nuovo PDL Regionale n. 139 è stata la conferenza online tenuta qualche giorno fa sulla pagina Facebook del Consigliere Andrea Monti. Insieme a Monti era presente anche Floriano Massardi, entrambi rappresentanti Lega e promotori della legge. Inoltre alla conferenza hanno presieduto l’Assessora Regionale al Turismo Lara Magoni, l’Assessore Regionale all’Agricoltura Fabio Rolfi e per Unionbirrai il direttore generale Vittorio Ferraris e il Consigliere Nazionale Andrea Soncini.
“La birra artigianale nell’ultimo decennio è stato un fenomeno di espansione molto interessante del mercato italiano -afferma Vittorio Ferraris, presidente Unionbirrai-. Oggi rappresentiamo solo il 4% della produzione birraia nazionale. Ma il comparto è composto da aziende molto giovani e innovative attente a degli aspetti particolarmente importanti per il nostro prodotto, come la diversificazione e soprattutto il forte legame al territorio.“
“Parliamo di una realtà di nicchia vivace e giovane, che se ben stimolata può essere un volano di promozione del territorio. Un settore -puntualizza Fabio Rolfi, Assessore Regionale all’Agricoltura- dalla grande rilevanza agricola, verso il quale la politica e le istituzioni stanno avendo finalmente attenzione attraverso il riconoscimento della filiera brassicola. Ma per poter parlare di filiera brassicola vera e propria, dobbiamo ragionare sulla materia prima per costruire una birra Made in Italy dall’inizio alla fine.”
Le basi del Progetto di Legge Regionale sui Microbirrifici
Il Progetto di Legge Regionale sui Microbirrifici n. 139 si fonda su tre pilastri, considerati il motore dello sviluppo del settore. In primo luogo la valorizzazione della filiera, con l’ausilio degli operatori che devono cooperare per creare accordi e progetti dedicati. Per l’appunto, la “Filiera brassicola” ha ricevuto il riconoscimento dello Stato solo nella Legge di Bilancio 2020:
Art 1 comma 138. Nello stato di previsione del Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali è istituito un fondo per la tutela e il rilancio delle filiere apistica, brassicola, della canapa e della frutta a guscio, con una dotazione di 10 milioni di euro per l’anno 2021. Con decreto del Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalità di utilizzo delle risorse del fondo di cui al primo periodo.
LEGGE 30 dicembre 2020, n. 178
Il secondo punto è rappresentato dall’identificabilità dei birrifici artigianali, al fine di costituire un marchio collettivo. Terza colonna è lo sviluppo turistico, che prevede la formazione per gli operatori e la possibilità di somministrazione nei locali di produzione. Aspetto questo di notevole interesse culturale in grado di sviluppare diversi percorsi interdisciplinari.
Il progetto di legge rappresenta una forza innovativa, tranquillamente riproponibile in altre Regioni e soprattutto a livello nazionale. E’ importante, infatti, ridare all’economia italiana nuova linfa di vita, incentivando la nascita di ulteriori realtà che produrrebbero inevitabilmente occupazione ed elevati standard qualitativi di un prodotto destinato a una platea di consumatori sempre più attenti ed esigenti.
Chi ricorda il profumo della normalità? E’ passato un anno ormai dall’incontro con un nemico invisibile, capace di sconvolgere gli assetti politici, sanitari, economici e sociali del mondo intero. Il Covid-19 però, nonostante il trascorrere del tempo, non accenna a fermare la sua corsa contro l’umanità. Ridotta un po’ per abitudine e un po’ per sfinimento a conviverci forzatamente. Eppure ecco l’ennesimo colpo di scena dell’inarrestabile virus che, tra mutamenti e timide campagne vaccinali, minaccia anche l’impero delle multinazionali birraie finora apparentemente risparmiate. Questo perché il blocco del canale Ho.Re.Ca (principale mezzo di vendita della birra) dovuto al Covid-19, ha pesantemente gravato non solo sui birrifici artigianali, ma anche sulle grandi industrie birraie come Heineken, che si ritrova oggi pronta a licenziare 8.000 dipendenti.
Posti di lavoro Heineken in bilico a causa del Covid-19
E’ la triste notizia trapelata dalle alte sfere del colosso birraio olandese che, nonostante gli introiti della Grande Distribuzione protratti anche durante il Lockdown, si ritrova a fare i conti con un pesante calo di fatturato derivante dalla chiusura di bar e pub in tutto il mondo.
La rimodulazione del personale però non è una notizia dell’ultimo minuto. Heineken, infatti, che offre lavoro a oltre 85.000 impiegati e rappresenta 300 marchi internazionali, regionali e locali, comunicò già lo scorso 28 ottobre 2020 la volontà di fare un taglio dei dipendenti.
Tuttavia il colosso birraio olandese all’epoca non comunicò i numeri ufficiali del licenziamento. Una manovra contemplata nel piano EverGreen, il quale mira attraverso una serie di tagli e organizzazioni interne a rialzare il bilancio aziendale. Certamente poco importa agli 8.000 dipendenti licenziati degli obiettivi di casa Heineken, il quale risparmierà attraverso i tagli 420 milioni di Euro e oltre 350 milioni di Euro di spese accessorie future per il personale.
Gli 8.000 licenziamenti, di cui 2.000 solo in Italia, riguarderanno dipendenti della sede centrale, degli uffici regionali e dei piccoli stabilimenti. Non sono chiari però i dettagli del benservito di massa Heineken, considerando che diversi paesi come l’Italia hanno bloccato i licenziamenti alle imprese per Covid-19.
Il punto sulla situazione
La notizia sicuramente è destabilizzante! Fino a qualche tempo fa, infatti, si credeva che proprio la birra industriale, grazie alla Grande Distribuzione, avesse trovato una specie d’immunità alle pensanti ripercussioni economiche del virus. Ripercussioni subite in pieno dai birrifici artigianali, costretti a patire il fermo dell’Ho.Re.Ca a cui sono incondizionatamente legati.
Certamente il contesto pandemico ha incentivato lo sviluppo di ulteriori mezzi di vendita, quali piattaforme web e app di e-commerce e servizio d’asporto. Tuttavia bisogna essere realistici e considerare bene la triste realtà. Nonostante, infatti, l’enorme potenziale di questi strumenti, attualmente fungono solo da pezza per tamponare una falla che non accenna a diminuire!
L’accaduto che unisce la multinazionale Heineken al Covid-19 è solo l’ennesima goccia che fa traboccare un vaso ormai colmo, il quale sottolinea le debolezze di un sistema saldamente legato a pub, bar e ristoranti. Essenziali a quanto pare non solo per la birra artigianale, come finora asserito, ma anche per quella industriale.
Fare birra in casa è un hobby capace di stimolare, nell’aspirante birraio casalingo, una vera e propria corsa al perfezionamento continuo. Quando si è alle prime armi, infatti, viene spesso consigliato d’iniziare dai livelli più semplici dell’homebrewing. Questo consente al birraio di capire se fare birra possa realmente essere un hobby capace di appassionarlo e di conseguenza investirci sopra una determinata percentuale di capitale. Perché la birra artigianale piace e farsela la rende ancora più deliziosa, ma tutto ciò ha un prezzo ed è giusto considerare se ne vale davvero la pena! A tale proposito per realizzare birra in casa, con le tecniche più basilari, serve davvero una piccola somma. Tuttavia va sottolineato che questi metodi producono risultati piuttosto approssimativi. Questo giustamente incita gli homebrewers a perfezionarsi realizzando una birra artigianale sempre più buona, spesso attraverso la tecnica più complessa di quest’hobby, ovvero l’All Grain. Ma in cosa consiste?
L’All Grain è una tecnica complessa per realizzare birra artigianale casalinga, che riproduce in scala ridotta i passaggi eseguiti in un vero e proprio birrificio. Chi utilizza questo metodo solitamente si serve di tre pentole separate munite di rubinetto. Le tre pentole serviranno nello specifico per:
scaldare e conservare l’acqua di Sparge (pentola di Sparge);
eseguire il Mash Tun, in cui i grani miscelati con l’acqua produrranno un mosto particolarmente dolce (pentola di Mash);
bollire il mosto con i luppoli. Questo servirà per sterilizzarlo e imprimere l’aroma e il sapore di questi pregiati fiori (pentola di luppolatura o bollitura).
Come anticipato, la tecnica All Grain riproduce fedelmente e in scala ridotta i passaggi compiuti in un vero birrificio artigianale. A tale proposito il metodo si articola in tre fasi, che avranno il compito di estrarre il mosto dai malti e in seguito luppolarlo.
La prima fase, denominata Ammostamento o Mashing, consiste nel mettere in infusione il malto in acqua calda per almeno un ora. In questo passaggio gli amidi presenti nel grano verranno scissi e trasformati in zuccheri fermentabili per il lievito.
La seconda fase riguarda il Risciacquo o Sparging, che consiste nello sciacquare i grani dell’ammostamento al fine di estrarre quanti più zuccheri fermentabili possibili. Il mosto dolce ottenuto, finirà successivamente nella pentola di luppolatura per essere arricchito con gli aromi e i sapori dei luppoli.
La terza fase è la Bollitura o Luppolatura. In questo passaggio si porta il mosto ricavato dall’ammostamento e dallo Sparging a ebollizione vivace. Arrivato a ebollizione il mosto potrà accogliere i luppoli, inseriti in diversi intervalli secondo quanto suggerito dalla ricetta. La bollitura avrà una durata di almeno un ora, durante la quale il mosto si sterilizzerà e i luppoli rilasceranno la giusta quantità di gusto e aroma.
Questo è il punto debole dell’All Grain, specie se l’investimento iniziale si paragona a metodi più basilari (kit estratto luppolato e metodo E+G). Ma attenzione, l’investimento non deve rappresentare un limite, in quanto il mercato al giorno d’oggi è davvero vasto e colmo di offerte particolarmente interessanti. Il trucco più che altro è sapersi destreggiare nelle varie “promozioni” della rete, perché (per esperienza) non serve acquistare il mondo per fare birra, ma basterà limitarsi (inizialmente) al minimo indispensabile.
Ecco gli strumenti davvero essenziali, che consentiranno di realizzare qualsiasi birra artigianale tra i fornelli di casa:
3 pentole, meglio se elettriche. Il numero delle pentole potrebbe ridursi essere anche 2 unità, ma questo comporterà obbligatoriamente un ulteriore passaggio durante il travaso di bollitura;
kit di fermentazione (anche di plastica), che solitamente prevede contenitore, densimetro, gorgogliatore, rubinetto e mestolo.
Questo è ciò che serve per realizzare birra artigianale in All Grain. Tuttavia la tecnologia ha semplificato il lavoro dell’homebrewer, con sistemi di birrificazione all’avanguardia e interamente programmabili. Va comunque sottolineato il prezzo di queste attrezzature, le quali necessitano ovviamente una certa dose d’esperienza per poterle sfruttare appieno.
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Il mondo dell’All Grain è decisamente complesso e ricco di “espedienti”, che vi consentiranno di migliorare gradualmente la qualità della birra artigianale prodotta.
In particolare, ogni passaggio della cotta possiede diverse varianti, le quali tendono a ottimizzare tempo, spazio ed efficienza di produzione. Vediamone dunque alcune senza però entrare troppo nello specifico. Per quello troverete i relativi link con gli approfondimenti presenti sul sito!
Esistono tre modi differenti di praticare l’ammostamento, i quali si adattano sia alle specifiche della birra prodotta, che alle preferenze del birraio.
Uno dei metodi più utilizzati per la sua semplicità e velocità è il Single-Step, in cui è previsto un unico passaggio di ammostamento a temperatura costante. In alternativa esiste il Multi-Step, caratterizzato da diverse soste a differenti temperature, le quali consentono di avere maggiore controllo sulla scissione degli zuccheri del malto.
Meno utilizzato rispetto ai due metodi principali di ammostamento è il Mash per Decozione. In questo metodo si alza la temperatura in più stadi, togliendo una certa percentuale di grani per poi farli bollire separatamente prima di riversarli nell’ammostamento principale. Può essere caratterizzato da diverse decozioni (singola, doppia o tripla) e produce maggior sapore di malto.
Come per l’ammostamento, ci sono modi differenti anche per effettuare il risciacquo dei malti esausti. Esiste, infatti, il Fly Sparge, tecnica applicata contestualmente alla filtrazione del mosto. In sostanza mentre il mosto è separato dalle trebbie, si aggiunge altra acqua utilizzando un sistema di smorzatura del flusso (tipo schiumarola). Questo eviterà la rottura del letto di malti esausti e quindi la formazione di canali preferenziali dell’acqua.
In alternativa c’è il Batch Sparge, metodo eseguito successivamente alla filtrazione del mosto. Sostanzialmente si lascia defluire il mosto, per poi aggiungere altra acqua nella pentola di Mash. Successivamente si mescola il tutto e si lasciano depositare le trebbie sul fondo della pentola per 10-15 min. Trascorso questo intervallo temporale si ripete nuovamente la filtrazione del mosto.
Esiste inoltre il No Sparge, in cui le trebbie esauste non vengono risciacquate e si passa direttamente alla bollitura del mosto. Nonostante la sua semplicità e velocità, implica tuttavia una grande perdita di zuccheri.
Beh, la risposta a questa domanda forse sarà troppo scontata, ma è sicuramente l’opinione più veritiera! Per migliorare nell’All Grani, producendo di conseguenza birre artigianali degne del metodo, è fondamentale studiare e possedere una profonda padronanza della tecnica.
E’ essenziale non accontentarsi del primo risultato, ma oltrepassare sempre il proprio limite, approfondendo quanto più possibile la chimica che c’è dietro all’ammostamento con il pH e la conversione degli zuccheri, allaluppolatura con l’estrazione di oli e resine dai luppoli e alla fermentazione attraverso il complesso lavoro del lievito.
E’ fondamentale non dare per scontato i pochi ingredienti utili alla produzione della birra. Acqua, malto, luppolo e lievito hanno dietro un vero e proprio mondo di chimica. Una chimica capace di combinare una perfetta simbiosi tra tutti questi componenti, che disegneranno di conseguenza un buon risultato brassicolo. Ma oggi per fortuna le risorse non mancano. Tra libri e internet è facile recuperare tante informazioni su dettagli che indiscutibilmente faranno la differenza.
L’All Grain dunque, si completa attraverso diverse variabili e costanti, i quali rendono incredibilmente affasciante questa tecnica. Una tecnica capace di realizzare birre uniche e talvolta migliori di tante proposte in commercio. Per cui è necessario studiare, studiare e studiare… dimenticavo di dirvi di studiate! 😛
Sono giorni incerti, caratterizzati da sterili battibecchi politici che poco centrano col bene della Nazione. Purtroppo però in queste banali telenovele in versione Beautiful, a pagare pegno sono principalmente cittadini e commercianti. Sono loro che in primis si ritrovano a fare i conti a fine mese, arrancando giorno dopo giorno nella speranza che qualcosa possa finalmente cambiare. Così, a seguito delle difficili condizioni dettate dalla pandemia e dalle relative misure di contenimento, l’Associazione Le Donne della Birra ha raccolto le esigenze e le richieste delle proprie associate e le invia alle istituzioni preposte affinché possano essere attentamente valutate per il bene della filiera.
All’attenzione delle istituzioni: Ecco cosa non sta funzionando
Il comparto della ristorazione sta soffrendo e con lui tutta la filiera della birra. L’Associazione Le Donne della Birra, in rappresentanza di una trentina di birrifici artigianali in tutta Italia e di circa 50 professioniste del settore birrario impegnate nella ristorazione, nella comunicazione e nella distribuzione, vuole portare l’attenzione delle istituzioni sulle difficoltà in cui versa tutto il comparto. In particolare, le associate lamentano:
l’assoluta scarsità dei sostegni economici previsti per i birrifici. Sostegni quantificabili in poche migliaia di euro e quindi non in grado di compensare perdite che hanno raggiunto anche l’80% del fatturato dell’anno precedente;
l’assoluta mancanza di sostegni economici per attività di ristorazione, bar e pub affiancati al birrificio come attività principale;
continue chiusure e aperture che non permettono un’adeguata organizzazione del lavoro;
nuovi adempimenti (costoso conta litri fiscale, per esempio) che aggravano ulteriormente la difficile situazione;
mancate proroghe per contributi e tributi.
“La filiera brassicola, se sostenuta adeguatamente, è in grado di offrire nuovi posti di lavoro e una ripresa economica veloce. Le donne possono essere grandi protagoniste di una realtà produttiva a dimensione locale altamente valorizzata in un’ottica di consumi sostenibili e da riconversioni ambientali – ha indicato Elvira Ackermann, presidente dell’Associazione Le Donne della Birra e imprenditrice del settore–.Oltre a ciò, chiediamo che al più presto venga data la possibilità di riaprire a pieno ritmo le strutture della ristorazione con norme chiare e condivise, offrendo l’opportunità al consumatore di riavere in piena sicurezza un prodotto d’eccellenza tutto Made in Italy.“
Le soluzioni proposte a sostegno della filiera della birra
Su 444mila persone che hanno perso il posto di lavoro lo scorso anno, 312mila sono donne (dati ISTAT). A tale proposito l’Associazione Le Donne della Birra chiede che il Recovery Plan preveda:
ristori adeguati proporzionali ai cali di fatturato;
aiuti economici a fondo perduto per l’ampliamento dei dehor dei pubblici esercizi utili a favorire la sicurezza sanitaria durante i consumi;
semplificazioni burocratiche e snellimento delle procedure per accedere a eventuali finanziamenti;
aiuti economici per l’inserimento delle donne nel comparto birrario con professionalità che valorizzino le attitudini più tipiche della figura femminile (sommelier della birra, studio ricette, analisi qualità, accoglienza e ospitalità) e con provvedimenti generali, quali maggiore accesso al credito, maggiori agevolazioni per la maternità, ecc.;
sconti in un regime di tassazione particolarmente gravoso a fronte dei mancati incassi dovuti alle chiusure forzate delle strutture ristorative;
aiuti economici a fondo perduto per nuovi progetti a vantaggio del settore birrario. Un settore che negli ultimi anni ha dato luogo alla creazione costante di nuovi posti di lavoro;
Infine, sarebbe opportuna, in un’ottica di lungo periodo, una seria promozione della filiera della materia prima italiana (malto e luppolo). Sostegni concreti per l’acquisto di terreni e micro-malterie potrebbero legare veramente la birra italiana ai propri terroir, come per il vino, coinvolgendo un numero sempre maggiore di attività e dando un importante valore aggiunto al prodotto anche in termini qualitativi e di salubrità (biologico). Ciò consentirebbe il recupero di varie aree coltivate in abbandono e la creazione di reddito anche in zone svantaggiate, oltre a un calo dell’impatto ambientale in virtù di una filiera più corta.
San Valentino è alle porte e, pur trattandosi di una pura invenzione mediatica, fa sempre piacere ricevere un piccolo pensiero. Tuttavia può succedere di rimanere a corto di idee, perdendosi di fatto nell’estenuante ricerca di qualcosa che colpisca, ma con con classe, la persona a cui si vuole bene. Allora perché non pensare alla birra? Questa volta però non mi riferisco alla birra intesa come bevanda, bensì a qualcosa di decisamente insolito. Per l’appunto, il mondo della birra è sempre in fermento, con trovate innovative e dinamiche che, oltre al boccale, si adattano ai diversi utilizzi della quotidianità. Infatti tra cucina e usi domestici in genere, arriva l’ultima pensata che coniuga le proprietà della birra alla cosmesi, culminando di fatto in un sapone dagli aromi naturali, il quale pulisce e idrata la pelle senza lozioni aggiuntive dopo il lavaggio.
Amy Lam
A mettere la firma su questa particolare risorsa è La Beer Epoque, saponeria artigianale eretta nel cuore di Bruxelles dall’imprenditrice Amy Lam. Dalla lunga esperienza, l’imprenditrice prima di creare saponi nella sua LBE, ha testato e documentato oltre 200 ricette di sapone, conducendo inoltre seminari sulla produzione per adolescenti e adulti.
La birra è considerata un’importante risorsa per la pelle e nella valutazione dei cosmetici, in quanto lievito e luppolo presenti nella bevanda contengono preziose sostante lenitive e naturali.
Nei saponi alla birra la deliziosa bevanda è utilizzata per sostituire completamente o in parte l’acqua impiegata nel processo di produzione del detergente. Si tratta di una tecnica di lavorazione particolarmente avanzata, capace di conferire qualità decisamente uniche al prodotto finale.
Infatti oltre ai composti schiumogeni di un sapone naturale, la presenza di zucchero nella birra aumenta la schiuma, rendendola di fatto densa e cremosa, così da regalare un bagno più confortevole. La generosa mousse, inoltre, garantisce una maggiore forza pulente oltre che una pulizia più rapida.
Il sapone alla birra non è appiccicoso, infatti, a differenza dell’agente schiumogeno artificiale o tensioattivo, la mousse di sapone naturale è facile da risciacquare. Il risultato sarà una pelle ben pulita e idratata, anche dopo un rapido lavaggio.
Tuttavia i più scettici potranno chiedersi, se dopo aver utilizzato questa tipologia di saponi realizzati con la birra ne assumeranno anche l’odore. Sebbene, infatti, i profumi di questa bevanda si rivelano spesso delicati e pregiati, sicuramente odorare di birra in stile sbronza non è il massimo. Ebbene chiariamo subito che questo sapone non ha l’odore della birra!
Dopo la saponificazione, il sapone alla birra potrebbe portare una gamma di profumi che spaziano dal malto dolce al caramello. Può capitare anche di sentire gli odori del burro naturare (Burro di Karité) oppure di erbe officinali (quando viene aggiunto il luppolo macinato). Questi profumi risultano comunque discreti e svaniscono gradualmente col tempo.
Va inoltre precisato uno degli aspetti più importanti di questi prodotti, ovvero la delicatezza sulla pelle. I saponi alla birra puliscono bene, ma l’impiego di questa bevanda porta con se altri notevoli benefici. Essi sono estremamente idratanti e per di più non ci sono conservanti che potrebbero provocare allergie.
La birra impiegata nei saponi di La Beer Epoque è assolutamente di origine belga. Ogni sapone ne può contenere fino al 40%, con risultati differenti per ogni linea di prodotto.
Tra gli esempi proposti dalla saponeria artigianale ci sono:
Fruitas, sapone alla birra lambic belga, con argilla vede francese, olio d’oliva, burro di mango e olio di cocco. Si tratta di un sapone pensato per pelli secce. Inoltre grazie al potere dell’argilla verde francese è particolarmente indicato per estrarre lo sporco dai pori della pelle ostruita. A impreziosire ulteriormente il profumo di questo sapone, realizzato con la complessità delle lambic aromatizzate alla ciliegia e agli agrumi, viene impiegata la Mica, minerale naturale utilizzato negli ombretti, e oli dagli aromi fruttati;
Sudoras Day & Night, il sapone disponibile nella versione Day e Night. La versione Day è indicata dopo un allenamento, grazie ai suoi profumi rinfrescanti di patchouli e citronella. La variante Night, invece, è un tripudio zen, grazie all’utilizzo di oli essenziali di legno di cedro, buccia d’arancia e lavanda. Entrambe le versioni combinano le meraviglie del burro di cacao, dell’olio di avocado, dell’olio d’oliva con il carattere intenso delle birre scure e particolarmente alcoliche;
Essentials E, sapone alla birra nella sua forma naturale più pura, che porta grandi benefici alla pelle e si rivela decisamente indicato per donne in gravidanza e pelli che necessitano di una buona detersione e di delicate coccole. Particolarmente delicato, a base di birra bionda, olio d’oliva, burro di karité e olio di cocco, completa la sua struttura con dolci profumi naturali e sottili note di lievito e malto. L’impiego di birre diverse conferiscono al sapone sfumature ambrate o beige cremose leggermente diverse.
Shampoo bar alla birra, barrette di shampoo in due fragranze. Ice Cube (fragranza maschile) e Jasmin (fragranza femminile) si rivelano saponi capaci di nutrire i capelli attraverso l’olio di cocco e di ricino, mentre le proprietà della birra offrono una funzione extra idratante.
Ebbene, come sappiamo nella birra, oltre a malto e lievito, troviamo anche il raffinato luppolo. Ed è proprio il prezioso fiore che completa le virtù di questi pregiati saponi artigianali, assicurandogli anche un’efficacie azione esfoliante (coni di luppolo essiccati e macinati), ma non solo!
Gli estratti di luppolo (Humulus Lupulus), infatti, attribuiscono numerosi vantaggi sia a pelle che a capelli. In particolare gli effetti conferiti sono:
Antimicrobico: aiuta a rallentare la crescita dei microrganismi sulla pelle e contrasta lo sviluppo dei microbi;
Astringente: aiuta a rassodare i pori della pelle;
Emolliente: ammorbidisce la pelle;
Condizionante cutaneo: mantiene la pelle in buone condizioni;
Lenitivo: aiuta ad alleggerire l’irritazione della pelle o del cuoio capelluto;
Tonico: dona una sensazione di benessere su pelle e capelli;
Profumazione: utilizzata per profumi e materie prime aromatiche
Il sapone è fondamentalmente un prodotto per la pulizia. Sicuramente non potrà mai contrastare problemi cutanei che meritano una particolare attenziona medica. Tuttavia per pelli problematiche e sensibili, i saponi naturali arricchiti con estratti di luppolo, si rivelano prodotti detergenti particolarmente funzionali, delicati sulla pelle e lenitivi.
Insomma si tratta di un prodotto particolare e stravagante dai tanti benefici, che potrebbe diventare anche un raffinato pensiero per San Valentino. Per ulteriori informazioni visitare il portale La Beer Epoque.
E’ l’ennesima conferma che vede il mondo della birra particolarmente vicino a quello dello sport! Dopo calcio e pallacanestro è la volta dello sport d’inverno. Si tratta di Forst, realtà birraia Altoatesina, che si conferma “Birra Ufficiale dello Sci” e partener della Federazione Italiana Sport Invernali (FISI). Così, proprio in occasione dei Mondiali di Sci Alpino previsti a Cortina dal 7 al 21 febbraio, Forst ribadisce ulteriormente la propria vicinanza allo sport invernale per eccellenza, diventando partner della Fondazione Cortina 2021.
Il Birrificio Altoatesino, già presente a tutte le tappe più importanti della stagione di gare 20/21, ha portato il proprio vessillo dalla Val Gardena all’Alta Badia, da Madonna di Campiglio a Bormio. Ma grazie al legame che unisce Birra Forst al mondo dello sci e a tutti gli altri sport invernali FISI, l’antica realtà birraia di Lagundo (BZ) sarà partner del momento più importante della stagione di sci, rappresentato dai Campionati del Mondo di Sci Alpino a Cortina.
Peter Fill
E proprio in occasione dei Campionati di Sci, oltre alla grande visibilità sul tracciato di gara e nel cuore di Cortina come National Partner, Birra Forst rafforza la propria presenza attraverso la campagna pubblicitaria della nuova FORST 0,0%. Si tratta della birra analcolica del birrificio, che vede il Campione di Sci Peter Fill nelle vesti di testimonial.
Forst 0,0% e i Mondiali di Sci Alpino 2021
Forst 0,0% è la prima birra del birrificio di Lagundo con 0,0 gradi alcolici. E’ una birra dal gusto pieno ed equilibrato, caratterizzato da piacevoli note di luppolo. Certamente la parte alcolica viene meno, ma si rivela la scelta azzeccata per tutti gli amanti della birra, attenti sempre più a salute e benessere, che non vogliono rinunciare al gusto unico, rigenerante e fresco di questa bevanda.
Ma c’è una novità! Infatti proprio in occasione dei Mondiali di Sci Alpino, Birra Forst, attraverso un look tutto rivisitato, pensa a una “limited edition” della sua FORST 0,0%. La limited edition è disponibile esclusivamente sullo shop online del birrificio, sul canale ufficiale di Cortina 2021 e in loco durante lo svolgersi delle gare.
Torbida e rinfrescante, con sapori agrumati e profumi vivaci. Parliamo dell’American Wheat Ale, uno stile a stelle e strisce di recente fattura, facile da bere, leggero e decisamente interessante. Delicate e gentili, le birre appartenenti a questa tipologia birraria sono caratterizzate da una consistente base di frumento maltato, da luppoli pregiati e lieviti americani ad alta fermentazione, ma di timbro decisamente neutro. Tuttavia non va confusa con la Weizen, ricca di esteri fruttati (banana) e spezie fenoliche che ricordano i chiodi di garofano e profumi similari.
Lo stile American Wheat Ale non possiede una storia particolarmente datata. La timida diffusione iniziale, rispetto ad altri stili, è dovuta principalmente all’utilizzo del grano che, in età coloniale visto gli scarsi approvvigionamenti, veniva impiegato altrove, a differenza di Belgio e Germania in cui questo ingrediente trova riferimenti già da 1500.
A gravare sulla sua limitata diffusione furono, inoltre, i sentimenti anti-tedeschi dopo il primo conflitto mondiale e l’inizio del proibizionismo in America. Tuttavia la cultura tedesca, compresi i suoi stili birrai, riemerse con la Seconda Guerra Mondiale e gli anni di ricostruzione del dopoguerra. Questo interesse aumentò le quantità di birra europea importata e gli homebrewes, estremamente colpiti da questi stili “differenti”, contribuirono alla loro sperimentazione e diffusione in America.
Nonostante l’approccio positivo verso questa tipologia birraia, dovettero passare altri decenni affinché s’intraprendesse una produzione ufficiale in birrificio. Infatti fu solo nel 1984 che Anchor Brewing Company, uno dei birrifici più antichi di San Francisco (California), decise di realizzare la prima birra di frumento americana, che prese il nome di Anchor Summer Wheat.
Ne venne fuori un prodotto simile alla cugina tedesca Weizenbier, ma con caratteristiche decisamente uniche e differenti. Si presentava, infatti, come una birra più pulita, senza la tipica impronta di lievito tedesco con esteri fruttati di banana e note fenoliche speziate e di chiodi di garofano. La birra aveva dunque un profilo neutro, con un carattere gentile e decisamente luppolato. L’esperimento si rivelò un vero successo, diventando di fatto uno dei pilastri della nuova rivoluzione birraia artigianale.
Per avere una chiara interpretazione delle American Wheat Ale bisogna necessariamente affidarsi alle Guide Linea del BJCP, le quali collocano queste birre all’interno della sezione 6D Light Hybrid Beer.
Le birre di questo stile, dalla limpidezza variabile, possiedono solitamente tonalità dal giallo pallido al dorato, mentre la schiuma elegante e bianca, risulta particolarmente persistente. L’aroma mostra un chiaro richiamo, da basso a moderato, ai profumi del grano o del segale, mentre il luppolo contrappone note agrumate, speziate o floreali.
Gli esteri, da moderati a nulli, potrebbero essere presenti, nonostante l’impronta neutra del lievito americano. Tuttavia i richiami ai chiodi di garofano e banana, comuni nelle Weizen tedesche, sono assolutamente inappropriati. Nei profumi non si presenta diacetile!
Al sapore ripropone la nota di grano o segale, da leggera a mediamente forte, che potrebbe persistere anche sul finale. Le versioni di segale si rivelano più ricche e speziate rispetto alle produzioni di grano, entrambe tuttavia esprimono una moderata dolcezza maltata o un finale tendenzialmente secco.
L’amaro del luppolo, da basso a moderato, potrebbe persiste sul finale, mentre il suo sapore, anch’esso da basso a moderato, regala note agrumate americane o accenni speziati/floreali nobili. Gli esteri possono essere da moderati a nulli, ma non dovrebbero assumere il tipico carattere delle Weizen tedesche (banana). Non risultano profumi fenolici di chiodi di garofano, nonostante sia accettabile una delicata speziatura di grano o segale. Anche nel gusto non si riscontra diacetile.
Al palato le birre appartenenti allo stile American Wheat Ale, caratterizzate da un corpo mediamente leggero, un grado alcolico da 4 a 5,5 %vol e una carbonatazione tendenzialmente alta, disegnano una naturale freschezza e un impeto luppolato decisamente piacevole e pulito, efficacemente esaltato dalla tipica neutralità del lievito americano. Le versioni più forti presentano un leggero calore alcolico.
Le birre in stile American Wheat Ale, spesso confuse con le Weizen, si rivelano nello specifico completamente differenti dalle cugine tedesche. Esistono infatti esemplari dolci e semplici da bere oppure versioni secche e luppolate, dal forte sapore di grano o segale.
In queste proposte non esiste l’impronta fruttata della fermentazione, tipica invece nella variante europea. Grazie alla neutralità del lievito, nella complessa struttura si esalta l’espressione percettiva di altre sfumature derivanti da cereali e luppoli, coadiuvati da accenni citrici o speziati.
Attraverso la loro particolare complessità organolettica si rivelano birre perfette per accompagnare pesce, frutti di mare, insaccati, carne di maiale, formaggi a pasta molle e perfino dolci alla frutta.