Baladin, rinomato birrificio di Piozzo (CN), è costantemente al centro di numerose iniziative incentivate dal grande orgoglio per una bevanda sempre più italiana e dalla prestigiosa qualità delle materie prime con cui viene prodotta, frutto di rispetto e sostegno innato verso la terra e la fatica degli agricoltori che la lavorano. In linea col motto promosso dal birrificio “dalla Terra al Bicchiere“, che da sempre contraddistingue Baladin negli approcci impattanti sull’ambiente, con packaging eco-sostenibili (vetro riciclato, sughero, inchiostri ad acqua) e ottimizzazione dei consumi energetici per la gestione dei propri impianti attraverso fonti rinnovabili, nasce Green Pea, una birra artigianale biologica molto particolare!
Nel mese di dicembre 2020 è stato presentato ufficialmente alla stampa il progetto Green Pea (pisello verde), ovvero il primo Green Retail Park al mondo dedicato al tema del Rispetto. Si tratta di un grande luogo pensato a Torino, di fianco a Eataly Lingotto, dove i prodotti, creati in armonia con la Terra, l’Aria, l’Acqua e le Persone, non sono un dovere ma diventano un piacere!
A questo grande progetto, per la condivisione di intenti, si affianca anche Baladin con una birra artigianale proposta in un packaging del tutto rinnovato.
Baladin Green Pea: la prima birra artigianale biologica in lattina completamente apribile
La Baladin Green Pea è una birra artigianale biologica(la base è la Nazionale Baladin Bio caratterizzata da una maggiore speziatura di coriandolo italiano). Si tratta di una birra 100% italiana, leggera ma di grande personalità, chiara come il sole che scalda il mar Mediterraneo e profumata come gli agrumi nati tra le sue sponde.
Bevendola si percepiscono i toni delicati del luppolo, del cereale e si ritrovano le complesse note agrumate e floreali. Pulita e fresca come l’acqua dalle Alpi Marittime con cui è generata, invita a lunghe e rinfrescanti sorsate che accompagneranno in un viaggio tutto italiano.
Solo birra dunque? Cosa c’è di nuovo? In realtà la birra artigianale biologica Baladin Green Pea possiede una chicca riposta proprio nel suo packaging. Proposta in lattina assolutamente ecologica, riciclabile e riutilizzabile, il suo involucro è totalmente apribile. Si tratta infatti di una confezione di alluminio dotata di tecnologia 360® End del produttore Crown, che consente di rimuovere interamente il coperchio, trasformando la lattina in un bicchiere.
I vantaggi?
Consente di non dover utilizzare bicchieri di vetro o plastica.
Evita di dover lavare bicchieri con conseguente spreco di acqua e utilizzo di detergenti.
Può essere riutilizzata per bere altre bevande.
La lattina diventa contenitore! Si può utilizzare come portapenne o come vaso per piccole piante.
Essendo interamente in alluminio è riciclabile all’infinito.
Baladin, in linea con la filosofia che guida Green Pea, ha voluto fortemente questo packaging, tanto da rappresentare la prima applicazione italiana di questo innovativo sistema di apertura nel settore birraio. La birra sarà disponibile in esclusiva presso Green Pea, nei negozi Eataly e sull’eCommerce Baladin in kit da 12 lattine.
Il luppolo nella birra è un elemento fondamentale, che ne delinea complessità e carattere. Intenso o pungente, raffinato o delicato, in questa bevanda conferisce un’impronta indelebile tale da diventare un segno distintivo per diversi stili birrai. Tra questi sicuramente il più rinomato è il particolare IPA. Si tratta di uno stile antico caratterizzato da un abbonante utilizzo di luppolo che, sfruttando le proprietà antibatteriche di questo prezioso fiore, riusciva a conservare la birra durante i lunghi viaggi via mare. Tuttavia lo stile IPA non è l’unico gruppo birraio che fa del luppolo un solido pilastro, basti pensare infatti alle birre Session IPA, particolarmente beverine, leggere e rinfrescanti, caratterizzate da una complessa amaricatura e un elegante profumo che inebria il naso.
L’origine del termine Session non è molto chiara! Si ritiene tuttavia che tale denominazione fu coniata in Inghilterra durante il periodo della Prima Guerra Mondiale. A quel tempo, l’industria adibita alla costruzione delle munizioni era sottoposta a un enorme carico di lavoro che gravò in modo inesorabile sulla manovalanza.
I lavoratori dovettero intensificare la produzione per consentire ai rifornimenti di arrivare in tempo per le truppe impegnate sul fronte. Per ovviare al grande carico di stress, che alla lunga poteva creare problematiche, furono introdotte delle pause di qualche ora (sessioni) in cui i lavoratori potevano staccare dalle pesanti mansioni e concedersi qualche birra.
Ovviamente la pausa non era un momento di bisboccia, ma un semplice svago! A tale fine gli operai, coscienti dell’inizio un nuovo turno lavorativo, preferivano bere delle birre più leggere senza rinunciare però al gusto intenso del luppolo. Da questa consuetudine ebbe origine il termine “birre da sessione“.
Data la provenienza, la cultura britannica ha investito molto su questo tipo di bevanda, incrementando di fatto la produzione di tantissime birre denominate session che richiamano i più famosi stili inglesi.
L’interpretazione delle birre in stile Session IPA trova spazio tra le Guide Linea del BJCP alla voce 21B Specialty IPA. La sottosezione del gruppo 21 non accoglie uno stile distinto, ma una raccolta di birre accomunate da un equilibrio e un’impressione generale, rivalutata come una variante dello stile IPA.
Le birre in stile Sassion IPA solitamente si presentano con tonalità che variano dall’oro pallido al ramato intenso, con schiuma pannosa bianca particolarmente persistente.
Dalla buona base amara e secca, possiedono un aroma incentrato prevalentemente sul luppolo che, differenziandosi in relazione alla varietà dello stesso, regala profumi dall’intensità medio alta. Nel complesso organolettico trova spazio anche la sezione maltata che, tuttavia, possiede toni meno marcati dal tenore medio basso.
Al gusto la struttura è incentrata sul luppolo, con intensità e livelli d’amaro tendenzialmente medio alti o elevati. A tale complessità si aggiunge la base maltata di contorno, la quale si approccia al sapore tendenzialmente luppolato con un tenore generalmente basso o moderato e una sensazione palatare piuttosto secca.
Attraverso un corpo morbido e una carbonatazione media disegna una bevuta decisamente allegra e rinfrescante, grazie anche alla tipica gradazione alcolica che difficilmente oltrepassa i 5%vol.
Le birre appartenenti allo stile Session IPA riescono a offrire un’esperienza delicata e complessa che, nonostante la chiara propensione luppolata, regala richiami maltati i quali bilanciano l’intera degustazione. Una bevuta unica insomma, particolarmente apprezzata nei mesi estivi grazie all’incredibile capacità dissetante.
Tuttavia la particolare struttura organolettica propone queste birre all’accompagnamento di pietanze speziate e ortaggi, senza tralasciare carne rossa, bianca e pesce. Nei dolci invece un giusto abbinamento si può trovare con portate a base di cioccolato o caramello.
L’acqua è un ingrediente spesso sottovalutato nel processo di birrificazione, nonostante svolga un ruolo fondamentale e differenzi, insieme alle tante variabili, una birra buona da un’alta meno buona. Questo dettaglio, infatti, oltre a incidere sulla regolazione del pH, possiede il grande potere di stravolge completamente la struttura organolettica della bevanda, giocando di fatto sul bilanciamento dei sentori e dei sapori nella birra finale. In questo senso, dunque, è importantissimo poter interagire con l’ammostamento e capire come modificare l’acqua per realizzare una birra che risulti gradevole e senza troppi difetti. Per farlo in rete esistono diverse risorse, che riescono a dare una stima su ciò che avviene sommariamente in pentola al momento dell’introduzione dei malti. Uno dei migliori strumenti è senza dubbio EZ Water Calculator che, oltre a fornire un valore indicativo sul pH, consente di prendere atto sulla profilazione dell’acqua di Mash, con le raccomandazioni di John Palmer. Ma andiamo per gradi!
Nei post precedenti abbiamo parlato abbondantemente dell’importanza dell’acqua, dei sali in essa contenuti e del pH. Si tratta di particolari rilevanti e assolutamente non trascurabili, al punto che la cura di questi fattori determina:
colore ottimale;
rapporto aroma/sapore bilanciato e correttamente disegnato allo stile di birra;
corretto lavoro degli enzimi Alpha e βeta Amilasi che, nella saccarificazione, detto molto grossolanamente determinano il rapporto corpo/alcol e non solo.
Affinché l’acqua, durante l’ammostamento, sia pertinente al profilo organolettico desiderato e permetta la creazione di un ambiente proficuo al lavoro degli enzimi, bisogna tenere conto dei sali in essa disciolti e se il caso lo prevede modificarli. Ma come conoscere la concentrazione dei sali dell’acqua utilizzata?
Ovviamente nella maggior parte dei casi, non si dispone di un laboratorio in casa, per cui è necessario affidarsi alle indicazioni fornite sull’etichetta di confezionamento delle bottiglie oppure ai dati rilasciati dal comune se s’impiega l’acqua del rubinetto. Una volta aver recuperato queste informazioni e aver deciso la tipologia e la quantità di malti da impiegare in ricetta, possiamo determinare una stima del profilo dell’acqua di ammostamento per la nostra birra. Per fare questa stima utilizziamo il foglio di calcolo gratuito EZ water calculator, che potrete scaricare cliccando quì.
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Il foglio di calcolo, che permette di modificare e determinare una stima di come sarà l’acqua di ammostamento nella birra fatta in casa, è suddiviso in Step e Riquadri decisamente intuitivi.
N.B.: i dati dovranno essere inseriti con l’eventuale virgola (es: 1,5)
Il Primo Step (1) è dedicato all’identificazione dell’acqua utilizzata per produrre birra. Questo Step a sua volta è suddiviso in altri due riquadri:
“A. PROFILE“, che permette l’inserimento dei dati microbiologici dell’acqua.
Come modificare l'acqua nella birra casalinga: Usiamo EZ Water Calculator 21
“B. VOLUME“, in cui andranno indicati i volumi di acqua impiegati sia in fase di mash che di sparge.
Come modificare l'acqua nella birra casalinga: Usiamo EZ Water Calculator 22
Il Secondo Step (2) riguarda i tipi di malto utilizzati in ricetta. La determinazione del malto è molto importante, in quanto interagendo con i sali dell’acqua produce effetti che andranno a modificare il pH.
Come modificare l'acqua nella birra casalinga: Usiamo EZ Water Calculator 23
Il riquadro è molto intuitivo. Attraverso un menù a tendina è possibile selezionare il tipo di malto presente in ricetta e indicarne la relativa quantità (in kg). Gli inserimenti verranno sommati ed elaborati, al fine di restituire una stima di pH visualizzabile al successivo step 3.
Il Terzo Step (3), come anticipato, indica la stima del pH nell’acqua di ammostamento. Questo riferimento è fornito dai dati microbiologici dell’acqua (step 1) e dalle quantità e varietà di malti inseriti (step 2). Come suggerisce lo stesso foglio di calcolo è necessario rimanere all’interno del range di 5.4-5.6 di pH. Tuttavia si tratta di un valore che difficilmente verrà rispettato, per cui sarà necessario applicare delle correzione all’alcalinità residua.
Come modificare l'acqua nella birra casalinga: Usiamo EZ Water Calculator 24
Il Quarto Step(4) prevede un pannello in cui praticare le dovute correzioni. In particolare consente sia gli inserimenti dei sali che degli acidi alimentari per modificare il valore di pH indicato allo Step 3. Inoltre è possibile interagire sia con pH alto (come in questo caso) che con pH basso, come potrebbe succedere se in ricetta c’è a una cospicua quantità di malti scuri o si esagera con gli inserimenti degli acidi alimentari.
Come modificare l'acqua nella birra casalinga: Usiamo EZ Water Calculator 25
Considerato il valore visualizzato allo Step 3, si necessita un abbassamento di pH tale da rientrare nel range di 5.4-5.6. Di conseguenza interagiamo con la sezione 4a dello Step inserendo sia sali che acidi alimentari.
N.B.:l’aggiunta dei sali, oltre che abbassare il pH, servirà a variare il profilo organolettico della birra finita visualizzabile nel successivo Step 5.
Come modificare l'acqua nella birra casalinga: Usiamo EZ Water Calculator 26
Inseriti i relativi aggiustamenti, anche il pH risulterà differente!
Come modificare l'acqua nella birra casalinga: Usiamo EZ Water Calculator 27
Dopo aver trovato il compromesso tra sali e acidi alimentari capace di modificare il pH, bisognerà dare un’occhiata al Quinto Step (5), che riassumerà il nuovo profilo microbiologico dell’acqua. Questo riquadro, oltre alla concentrazione dei sali con i relativi range raccomandati da John Palmer, indicherà il rapporto tra Cloruri e Solfati (Chloride/Sulfate Ratio), fondamentale per scoprire l’importante propensione della birra.
N.B.:il rapporto tra Cloruri e Solfati (Chloride/Sulfate Ratio), è essenziale per disegnare il profilo organolettico tipico di alcuni stili che prediligono sentori amari e luppolati oppure dolci e maltati.
Come modificare l'acqua nella birra casalinga: Usiamo EZ Water Calculator 28
Il rapporto visualizzabile potrà essere:
sotto 0,77, che disegnerà una struttura organolettica sbilanciata verso l’amaro luppolato;
oltre 1,3, che prediligerà sapori dolci e maltati;
tra 0,77 e 1,3, che confermerà una struttura organolettica equilibrata.
Anche il 2020, un anno purtroppo ricco di eventi e situazioni spiacevoli, ha il suo Natale. L’atmosfera ovviamente è differente rispetto agli anni passati, ma non per questo dev’essere meno commemorativa, per cui è essenziale farsi forza e cercare di andare avanti. Ognuno di certo con motivazioni differenti, chi lo fa per i figli o per i genitori, chi magari per compiacere i propri cari oppure se stesso. Comunque sia è fondamentale alzare la testa e proiettarsi verso la magia delle decorazioni brillanti e luccicanti del Natale, pensare ai regali sotto l’albero oppure ai momenti lieti con le persone care (finché ovviamente i provvedimenti governativi ce lo permetteranno). Ebbene, perché non sorprendere un amico, un parente, un conoscente o semplicemente appagarsi con una buona birra? Ecco alcune idee che sanno di birra artigianale da regalare e regalarsi!
N.B.: Acquistando in totale sicurezza i prodotti linkati, i partner di affiliazione mi riconosceranno una piccola percentuale sulla vostra spesa. Per voi non influirà minimamente sul totale dell’ordine, mentre per “Il Birraio Matto” sarà un valido aiuto per continuare quest’avventura birraia. Grazie in anticipo a chiunque vorrà contribuire!
Una delle idee che di sicuro non delude e non tramonta mai è la classica ed elegante bottiglia, ma con all’interno una birra artigianale davvero speciale. Ovviamente in questa direzione bisogna destreggiarsi con cautela, in quanto le versioni delux della birra artigianale possono arrivare a costare diverse centinaia di euro.
Basti pensare ai prodotti invecchiati per anni in botti di rovere, come le Barley Wine o alcune proposte Sour che subendo un particolare processo di produzione possono diventare davvero molto costose. Certo, la qualità si paga, e stappare una bottiglia pregiata sicuramente regala una grande soddisfazione.
Tuttavia sono davvero poche le persone disposte a spendere centinaia di euro per una birra, a differenza invece di una buona bottiglia vino. Purtroppo anche se le cose stanno cambiando in meglio, ancora la cultura italiana in questo senso si porta dietro qualche pecca. Di conseguenza vediamo alcune proposte delux che possiamo acquistare senza gravare troppo sul portafogli.
Si tratta di una riserva speciale del birrificio Baladin di Piozzo (CN). Disponibile nella sezione “Riserva di Teo”, la Xyauyù Barrel 2015 da 14 %vol è una birra differente dalla solita routine. Vestita di colori scuri, risulta limpida e senza schiuma.
Al naso esplode subito il calore della frutta sotto spirito, accompagnato da sentori legnosi, accenni di nocino, frutta matura e dattero. In bocca invece la percezione principale ricorda i grandi rum invecchiati, con una magistrale armonizzazione dei sentori maltati, tipici di questa Barley Wine, e dei profumi apprezzati nell’aroma.
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Birra artigianale importante da 8,6 %vol che celebra il 10 anniversario del prima produzione della Torpedo Extra IPA. Si tratta di una IPA invecchiata in botti di bourbon, a cui è stato aggiunto un dry-hopping per conferire fresche note tropicali ai già presenti sentori di vaniglia e cocco.
Si presenta con un colore ramato intenso, impreziosito dalla buona limpidezza e da riflessi marroni dorati. La schiuma di colore bianco forma un buon cappello dalla media persistenza. Al naso si percepiscono accenni di pino, vaniglia, zucchero di canna e note legnose, oltre a delicati sentori alcolici che armonizzano la struttura odorosa.
La bevuta inizia con un piacevole sentore di pino e un leggero accenno di agrumato che ricorda il pompelmo. Il sorso continua in modo pieno, grazie alla ricca carbonatazione e all’intenso amaro, bilanciato magistralmente da un sapore avvolgente di vaniglia e legno di quercia, per poi culminare lentamente in un pronunciato richiamo di pino e menta.
Si tratta di un’ottima Stout, equilibrata e beverina, dal tipico colore scuro che sfoggia leggere tonalità di mogano. La schiuma color marrone chiaro è abbondante e particolarmente persistente. Al naso trasmette una ricca e complessa base di malto, che dona un particolare bouquet aromatico con spiccate note di tostato, caffè, cioccolato fondente, nocciola, crosta di pane e caramello. Inoltre è possibile percepire sentori che ricordano l’uva passa e la ciliegia, arrotondate da un particolare invecchiamento in botte che sprigiona note di bourbon, vaniglia e legno.
Il sapore ricco di accenni dolci evoca biscotti, zucchero di canna, caramello, cioccolato e caffè tostato. La bevuta, sostenuta da un corpo avvolgente e pastoso, risulta abbastanza semplice, anche grazie alla carbonatazione moderata che permette il buon equilibrio tra la parte dolce e quella amara.
Il valore aggiunto di questa birra è l’invecchiamento in botte, il quale disegna eleganti note di bourbon, vaniglia, legno affumicato e frutti che ricordano le ciliegie, l’uva passa e la prugna. Il finale è lungo e secco, con un particolare rimando all’amaro. Nonostante la forza di 11,5 %vol, l’alcol rimane attenuato durante la degustazione, per poi esordire nella parte finale della bevuta diventando così sempre più caldo.
Si tratta di una birra artigianale commemorativa che Armand Debelder dedica al padre e fondatore di 3 Fonteinen, Gaston Debelder, venuto a mancare nel 2005.
La 3 Fonteinen Hommage è una Fruit-Lambic da 6 %vol realizzata con lamponi e ciliegie, in cui la concentrazione dei frutti varia a seconda del lotto e non è sempre resa nota. Appartiene al complesso mondo delle birre acide e, come tale, rientra in quelle produzioni birraie a cui bisogna approcciarsi in punta di piedi considerandole di fatto speciali e rare.
Si presenta con un limpido colore rosso e una schiuma poco persistente che varia su tonalità rosee. L’aroma richiama ovviamente le ciliegie e i lamponi, che smorzano e bilanciano la nota acida tipica delle lambic. Nei diversi profumi si percepisce lo spunto dolce della frutta che s’intreccia ai sentori erbacei e ai leggeri accenni solforici.
Il sapore, fresco e aspro, ricorda il lampone e alcune percezioni funky, disegnando di fatto una bevuta divertente, rotonda e per nulla scontata, che tende sul finale secco a rilasciare accenni terrosi, legnosi e di nocciola. Via via che la birra si riscalda si percepisce il tocco morbido e dolce della ciliegia.
E’ una Sour/Wild Ale da 6,9 %vol dalla particolarissima struttura organolettica che, differenziandosi dal solito sapore, disegna una birra affascinante e sofisticata.
Si presenta con un colore marrone intenso, accompagnato da un abbondante cappello di schiuma marrone chiaro particolarmente persistente. Al naso regala sentori di amarena, uva passa e frutta scura che si abbracciano a note di caramello e cioccolato senza rinunciare agli accenni acidi.
Il sapore pieno e complesso richiama l’amarena e l’uva passa, mentre sul finale si bilancia confermando i sentori percepiti all’olfatto. La bevuta è sostenuta da una buona carbonatazione, da un corpo medio e una spiccata nota acida, che non sovrasta il retrogusto persistente di toffee e amarena.
Dai sapori speziati, sempre nuovi e fantasiosi sono le birre di Natale, un simbolo e una tradizione irrinunciabile per i paesi a grande cultura birraia, che ultimamente sta spopolando in Italia. Ovviamente nel Belpaese ancora sussiste una certa diffidenza nel concepire le Christmas Beer come una valida alternativa al classico brindisi di prosecco o spumante, ma l’apprezzamento per questa tipologia di birre è in continuo aumento. Quindi ecco un’idea regalo che raccoglie tante proposte artigianali di questa eccentrica varietà di birra.
Si tratta di un ricco cofanetto con 12 birre di Natale provenienti da ben 4 paesi differenti (Belgio, Francia, Scozia e Irlanda). Al suo interno prevede:
Delirium Christmas, la bionda natalizia da 10 %vol della Brasserie Huyghe. Speziata e calorosa, dai toni ambrati tendenti al rosso, possiede aromi legnosi e caramellati, con sapori maltati e fruttati a cui si legano note di prugna e uva;
Gordon Xmas, la rossa da 8,8 %vol della Gordon. Anch’essa dalla spiccata speziatura e calorosità, possiede un colore rosso rubino e un cappello di schiuma bianca, vellutata e particolarmente persistente. Dai decisi aromi maltati, arricchisce il suo profumo con particolari note torrefatte, di cioccolato e caramello. Al sorso, cremosa e zuccherina, seduce in particolare con i suoi sentori di spezie, miele e frutta secca che lasciano sul finale uno spazio aromatico e tendenzialmente secco;
Bush de Noël, la scura di Natale da 12 %vol della Brasserie Dubuisson (birrificio più antico della Vallonia nato nel 1769). Si tratta di una delle birre natalizie più bevute in Belgio che deve la sua particolarissima colorazione rossa ramata al cospicuo uso di malti caramello. Il suo aroma fruttato e intenso è il risultato di una particolare e tradizionale tecnica di “luppolatura a crudo” che consiste nell’inserire i luppoli nel tino durante la maturazione della birra;
St Feuillien de Noël, la bruna da 9 %vol della Brasserie St-Feuillien. Si tratta di una birra dai riflessi ramati e una generosa schiuma compatta e persistente che, dopo la lunga maturazione, sprigiona aromi delicati di spezie, caramello e malto torrefatto. Il sapore, elegante e cremoso, richiama con grande equilibrio i malti caramellati e l’amaricatura dei pregiati luppoli;
Gauloise Christmas, la Bière de Noël da 8,1 %vol della Brasserie du Bocq. E’ una birra scura dall’aspetto opaco, con una schiuma soffice, bianca, generosa e poco persistente. Al naso si percepisce una complessa struttura odorosa che disegna spiccati profumi di coriandolo e liquirizia con leggeri sentori di cioccolato e frutti, a cui si accosta un distinto aroma alcolico. In bocca è particolarmente rotonda e coinvolgente, con un piacevole sapore di malti che sul finale lasciano spazio a un tenue amarognolo.
St. Bernardus Christmas Ale, la nera da 10 %vol del St. Bernardus. Nello stile delle famose “quadruple” d’abbazia, questa birra utilizza lo stesso ceppo di lievito dal 1946. Complessa e speziata, si presenta con un colore nero intenso, sostenuto da una generosa schiuma beige particolarmente persistente. Al naso regala una grande struttura aromatica con note di uva, caramello e spezie. Al sorso la complessità s’intensifica con sapori di frutta candita e un finale decisamente sostenuto dalla forza alcolica;
N’Ice Chouffe, l’ambrata da 10 %vol della Brasserie d’Achouffe. Vestita da tonalità brune scure, si accompagna a un grande cappello di schiuma beige. Delicata e speziata al timo e al curaçao, al naso propone note i frutti secchi, cioccolato e spezie. Particolarmente corposa e avvolgente, al palato regala sofisticati accenti di malto torrefatto che sul finale lasciano spazio a una raffinata nota speziata.
Père Noël, l’ambrata da 7 %vol della Brasserie De Ranke. Differente dalle altre Bière de Noël, la Père propone una struttura decisamente orientata sui luppoli. Prodotta con malti chiari, caramellati, luppoli aromatici e spezie, il suo gusto si arricchisce dall’aggiunta di liquirizia. Dal sofisticato colore ambrato e dalla schiuma generosa, fitta e particolarmente persistente, propone aromi agrodolci che migliorano nel tempo. Nell’aroma si percepiscono decise note fruttate che virano verso sentori più amari. Al palato, il caramello, lo speziato con note di cannella e liquirizia e gli agrumi disegnano un grande equilibrio che lascia posto successivamente a un finale relativamente secco.
Einstok Icelandic Toasted Porter, la particolare birra nera da 6 %vol della Einstok Olgerd. Tostata e delicata, si presenta con tonalità nere e un generoso cappello bruno di schiuma. Dall’aroma di malto torrefatto, cioccolato e caffè, propone al gusto sapori arrostiti, caffè espresso e cioccolato.
Anchor Christmas Ale, la scura da 6,7 %vol della Anchor Brewing Company. Speziata e calorosa si presenta con un elegante colore scuro, arricchito da riflessi rubino. La schiuma beige è generosa, compatta e persistente. Al naso si percepiscono spiccati aromi di spezie, cannella, sciroppo d’acero e caramello, mentre al gusto, particolarmente equilibrato e beverino, si apprezzano richiami di cacao e toffee che persistono nel retrogusto. Buona la secchezza finale.
Anosteké Cuvée d’Hiver, la francese ambrata da 8 %vol della Brasserie du Pays Flamand. Considerata una delle migliori Saison IPA del 2016, è una birra speziata e calorosa che si presenta in tonalità ambrata con riflessi rossicci e una schiuma beige fitta e persistente. Al naso si percepiscono aromi di malto, frutti, erbe spezie e anche accenni legnosi. In bocca si ritrovano sapori di spezie, caramello, malto arrostito, frutti ed erbe. Grazie al corpo vellutato e alla carbonatazione sottile ed elegante, il finale risulta speziato e maltato.
Leffe de Noël, la christmas ale da da 6,6 %vol dell’Abbaye de Leffe. Prodotta dallo storico stabilimento belga, è una birra che si presenta in veste ambrata con un generoso cappello di schiuma densa e particolarmente persistente. Al naso richiama sentori di chiodi di garofano e cannella, aromi tipici dei classici biscotti natalizi. Tuttavia il profumo risulta efficacemente bilanciato sia dalla nota amara che dall’accenno alcolico, i quali sostengono tutta la struttura organolettica. In bocca, il sorprendente equilibrio fornito dal connubio tra il dolce e il leggero sentore di castagno, disegna una bevuta intensa e coinvolgente.
Può succedere però di preferire altri stili rispetto alle speziate birre di Natale. Ebbene anche in questo caso la grande varietà della birra può essere d’aiuto, con proposte differenti e sapori decisamente unici. Di seguito alcune idee regalo per stupire con classe e fantasia tutti gli appassionati di birra artigianale.
Si tratta di un pregiato kit che comprende alcune perle rare e deliziose del birrificio Fremont di Seattle, Washington. Il pacchetto comprende le proposte realizzate per il decimo e undicesimo anniversario del birrificio, ma anche la produzione che è stata catalogata come la birra numero 4000.
In particolare, nel pacchetto ci sarà la Fremont 10th Anniversary Stout 2020 Bourbon BA, birra nera invecchiata in botti di bourbon, ricca e complessa; la Fremont 11th Anniversary Stout 2020 Bourbon BA, birra scura potente, rotonda e complessa, con note di pane tostato, cioccolato, bourbon e caffè; la Fremont Brew 4000 Bourbon Barrel Aged, birra invecchiata in botti di bourbon dal colore marrone, che rivela sapori di legno, frutta secca, caramello, melassa e vaniglia.
Inoltre per tutti i collezionisti ci sarà il bicchiere da 33 cl, un apribottiglie e una borsa marchiati Fremont. Potrete trovare questo kit su Hopt cliccando quì.
Si tratta di un gigantesco cofanetto con cui è davvero impossibile annoiarsi. All’interno del kit ci saranno 18 birre per 18 stili diversi, provenienti da 11 paesi differenti. In particolare si potrà degustare:
Tripel Karmeliet, il cult belga da 8,4 %vol della Brasserie Bosteels. Una birra artigianale in stile Tripel dal colore dorato e schiuma cremosa. Al naso si rivela raffinata e complessa, con sentori di vaniglia e banana tipici del lievito utilizzato, i quali s’intrecciano ai profumi agrumati del luppolo Styrian. In bocca si percepiscono gli accenni di cereale, seguiti da armoniose note di luppolo Styrian. La sua consistenza secca e cremosa rende questa Tripel perfettamente equilibrata.
Westmalle Dubbel Brune, la Dubbel da 6,5 %vol della Abbaye de Westmalle, prodotta nell’abbazia trappista di Notre Dame de la Trappe du Sacré Cœur. È una birra dal colore mogano che sviluppa nel bicchiere una schiuma beige, abbondante e persistente. Al naso sprigiona un aroma potente e maltato dai sentori di fiori, toni alcolici caramellati e lievito. In bocca, la finezza è evidente. Si notano subito la liquirizia, il caramello leggermente bruciato, toni di tostatura e l’ottima nota amarognola secca e persistente.
Abt 12, la Quadrupel da 10 %vol della St. Bernardus, eletta la migliore birra del mondo nel 2005. Si tratta di una birra forte, che sfoggia profumi molto fruttati e note tostate che ricordano il malto caramellato e la liquirizia. In bocca appare molto zuccherata, mentre la debole effervescenza sostiene sapori tostati e fruttati. Sul palato inoltre sopraggiungono leggere punte speziate, che ricordano la liquirizia e il pepe. A fine degustazione seguono sapori di cioccolato, prugna secca e acquavite, che riscaldano la gola e chiudono la bevuta.
Original Pale Ale, la bionda australiana da 4,5 %vol della Coopers Brewery. E’ una birra dal grande carattere fruttato e sapore robusto, che può vantare dell’esperienza più che centenaria del birrificio e del processo di rifermentazione in bottiglia che le consente di affinare i sapori. La Coopers Pale Ale si presenta con un colore giallo dorato leggermente torbido, dovuto al lievito impiegato nel processo di rifermentazione in bottiglia. Al naso si percepiscono aromi fruttati di luppolo e leggeri profumi di malto, mentre in bocca è ben equilibrata e la rotondità dei malti rivela un’amarezza moderata e poco persistente.
Vitus, la Wheat Beer da 7,7 %vol della Weihenstephaner, eletta la migliore birra al mondo nel 2011. E’ una birra di grano dal gusto ricco e imponente, prodotta in Baviera secondo la legge della purezza tedesca (Reinheitsgebot) dal più longevo birrificio in attività al mondo, il Bayerische Staatsbrauerei Weihenstephan (attivo dal 1040). Si presenta con un colore ambrato scuro e un generoso cappello di schiuma. Essendo una birra non filtrata prima dell’imbottigliamento, possiede una leggera colorazione opalescente dovuta all’utilizzo del grano in ricetta. Al naso sprigiona un aroma fruttato e speziato, impreziosito da accenni eleganti di agrumi e banana. Tuttavia nella struttura olfattiva s’intuisce chiaramente l’influenza del lievito, che sostiene e amalgama magistralmente il complesso bouquet di profumi. In bocca, l’attacco è reso particolarmente vellutato dalla presenza del grano. Gusti fruttati con piacevoli lineamenti di banana e agrumi si uniscono al sapore acidulo del limone, mentre il lievito apporta delle note che evocano i chiodi di garofano. Il finale diventa secco in modo graduale e offre punte sfiziose di amaro.
Saison Dupont, la Saison da 6,5 %vol della Brasserie Dupont prodotta dal 1844. Fermentata con luppoli freschi raccolti alla fine dell’estate, questa birra che matura durante l’inverno arrivava al culmine nei primi mesi di primavera! Dal colore giallo dorato e lievemente opalescente, quando versata nel bicchiere, forma una schiuma bianca e persistente che decora attraverso i “Merletti di Bruxelles” le pareti del bicchiere. Al naso sprigiona un forte odore di lievito, che lascia trasparire qualche accenno maltato. Riscaldandosi, l’odore diventa più fruttato e iniziano a essere percettibili gli aromi di luppolo. In bocca si percepisce il fruttato e il dolce,ma immediatamente segue un vago sentore di luppolo, la cui nota amara sale di potenza durante la degustazione. L’amarognolo arriva rapidamente al culmine prima di essere raggiunto sul finale da sapori mielati e fruttati che addolciscono l’insieme.
Hoegaarden Wit-Blanche, la Witbier da 4,9 %vol della Hoegaarden. Si presenta in un coinvolgente biondo torbido, grazie ai lieviti in sospensione, e un particolare cappello di schiuma bianca, fine, cremosa e persistente. Prodotta con coriandolo e scorze di limone, al naso produce piacevoli sentori fruttati e speziati, che evocano gli agrumi e il luppolo. Al palato si ritrovano sapori molto simili agli aromi, grazie al richiamo fruttato e alla nota dolce del coriandolo. Un amaro gradevole prevarica sul finale.
Petrus Rood Bruin, la Sour/Wild Ale in stile Oud bruin da 5,5 %vol del Brouwerij De Brabandere (Bavik). Si presenta con un particolare colore marrone dalle tonalità mattone scuro e un abbondante cappello di schiuma beige, fine e particolarmente persistente, che lascia sul bicchiere una versione alternativa dei “Merletti di Bruxelles”. Al naso si percepiscono sentori acetati di vino rosso, ma anche note legnose, maltate e terrose. Inoltre si delineano velatamente accenni erbacei e floreali di luppolo. Il gusto risulta granuloso e caramellato, con richiami di prugna, vino rosso, noci, ma anche lineamenti terrosi, ammuffiti e floreali. Nel complesso, grazie a una carbonatazione ben dosata e un corpo medio, si rivela una birra complessa ma divertente, dal finale tendenzialmente secco.
O’hara’s Irish Stout, la scura da 4,3 %vol del Carlow Brewing Company. Si presenta con un intenso colore nero e una generosa testa di schiuma densa e persistente di color nocciola. Al naso si percepiscono aromi di caffè, cioccolato, caramello e leggeri accenni di liquirizia. In bocca risulta particolarmente corposa e liscia, con sentori che richiamano note dolci di cioccolato e accenni amari bilanciati da un lieve caramello. Il finale tendenzialmente secco, rilascia un retrogusto con velate sfumature erbacee di luppolo e malto arrostito.
All Day IPA, l’American Ipa da 4,7 %vol del birrificio americano Founders Brewing Company, leggera e rinfrescante. Di colore biondo con sfumature ambrate, regala una leggera schiuma bianca poco persistente. Al naso sprigiona aromi di pesca, pompelmo, malto, erbe e caramello, mentre al palato si avvertono i sapori di frutti, agrumi, pompelmo, pesca, luppolo, malto, pino, fiori ed erbe.
Grand Prestige, la Quadrupel da 10 %vol del birrificio Hertog Jan, vincitrice della medaglia d’oro al World Beer Cup 2014. Con i suoi gusti ricchi e complessi, ispirandosi ai grandi vini, questa birra potrà invecchiare per diversi anni in cantina. Si presenta con un colore bruno-ambrato dai riflessi rosseggianti e una schiuma densa , persistente e compatta di color beige. Al naso offre aromi fruttati, speziati ed erbacei accompagnati da note di banana e vaniglia. In bocca, si riscopre un gusto morbido ed erbaceo con tocchi di malto, spezie, frutta secca e liquore.
Camden Hells Lager, la Pale Lager da 4,6 %vol del Camden Town Brewery, bionda, luminosa ed elegante. Fresca e delicata, questa birra, prodotta in Inghilterra con lievito e luppolo bavarese, si presenta di colore biondo pallido e con una schiuma bianca fine e compatta. Al naso offre aromi di malto, pane tostato, luppolo, erbe e agrumi. In bocca, ci sono sapori di erbe, malto, luppolo, cereali e frutta. Leggera e frizzante, risulta essere molto rinfrescante grazie al finale lievemente amaro.
Celtus, la Speciale American Barleywine da 8,7 %vol realizzata dalla collaborazione tra il birrificio greco Seven Island Brewery e il birrificio estone Sori Brewing. Questa birra si presenta in veste ambrata con una fine schiuma beige persistente e cremosa. Al naso sprigiona aromi zuccherini di canna, pane integrale, caramello e castagna. In bocca si percepisce il piacevole calore del pronunciato grado alcolico, accostato a sapori di estere, fenolo, banana, zenzero, pane di segale e chiodi di garofano.
Amager Extravaganza, la Saison danese da 5 %vol del birrificio Amager Bryghus, dal colore giallo dorato che si accompagna a una schiuma bianca, densa e mediamente persistente. Tendenzialmente limpida, al naso propone particolari profumi di cereali. In bocca offre un sapore intenso di cereale, che si accompagna alle delicate note amare di luppolo che provocano una leggera astringenza. La bevuta è gradevole e allegra.
Mega Moka, la Porter da 6,1 %vol realizzata dalla collaborazione tra il birrificio italiano Birra del Borgo e il birrificio Elysian di Seattle (la città americana del caffè). Per realizzare questa birra sono serviti 35 kg di caffè, che conferiscono un’intensa tonalità nera con riflessi rubino e colorano la schiuma, abbondante e persistente, di un particolare marroncino. Al naso sopraggiungono intense note di caffè in chicchi, caffè freddo e leggeri sentori di cioccolato. In bocca si ritrovano gli stessi accenni percepiti al naso, con l’aggiunta di caramello salato e liquirizia. Il corpo medio e la poca amarezza disegnano una bevuta lineare dal finale secco.
Jaipur, la IPA pluripremiata da 5,9 %vol del birrificio inglese Thornbridge Brewery. Si presenta con una veste bionda leggermente velata, a cui si accostano eleganti riflessi arancioni e una schiuma bianca, fine, cremosa e particolarmente persistente. Al naso sprigiona eleganti note fruttate e agrumate, ricordando l’arancio, il mandarino, il mango, l’ananas e la pesca bianca. In bocca diventa coinvolgente, iniziando la bevuta con un profilo dolce e maltato che in seguito, trasformandosi in un intenso amaro, accompagna tutta la degustazione. Il retrogusto amaro, ma delicato, persiste sul finale con note vegetali e scorza di pompelmo.
Salty Kiss, la Sour/Wild Ale in stile Gose da 4,1 %vol del Magic Rock Brewing. La Salty Kiss di Magic Rock nata dalla collaborazione con il birrificio Kissmeyer Beer, si presenta in un colore dorato velato e un’abbondante schiuma bianca e persistente. Prodotta con uva spina e sale marino, al naso propone i classici sentori frizzanti e fruttati dello stile, come accenni che ricordano il vino, lo champagne, il limone, l’arancia e la mela verde. Il corpo leggero e la carbonatazione media creano un gusto piacevole, aspro e rinfrescante che ricorda sapori maltati e fruttati simili ai profumi percepiti precedentemente al naso. La tipica salinità di questa birra rende la struttura organolettica perfettamente equilibrata.
Delicatessen, la Rauchbier francese da 6,5 %vol della Brasserie Sainte Crucienne. Dal colore ambrato e dalla leggera schiuma fine e biancastra, propone aromi maltati, affumicati e legnosi che ricordano la quercia. Al palato si ritrovano accenni di caramello, malto affumicato e legno.
L’homebrewing è una passione che in questi anni ha raccolto tantissimi apprendisti birrai, i quali hanno trasformato il piano cottura in un perfetto birrificio d’appartamento. Ebbene, perché non pensare allora a un regalo capace di produrre non solo una birra artigianale, ma 10, 100, 1000 grazie a un pratico kit di brassaggio? In questo caso però dovremmo fare una distinzione, in quanto sul mercato è possibile trovare davvero di tutto a prezzi decisamente esorbitanti.
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I kit per homebrewing si dividono in fermentatori sia di acciaio inox che di plastica. I prezzi per queste attrezzature sono ovviamente differenti, per cui è meglio valutare se il fortunato ricevitore del dono sia un birraio provetto oppure un appassionato alle prime armi. Inoltre esistono kit fai da te che permettono di realizzare birra fin da subito, con i pratici malti pronti, e altri pacchetti che possiedono esclusivamente le attrezzature. Vediamo qualche idea.
Si tratta di un kit di fermentazione in acciaio inox per realizzare birra artigianale in casa. Questo tipo di materiale è qualitativamente migliore rispetto alla plastica, in quanto a lungo andare non tende ad assorbire gli odori e, se correttamente trattato, rimane sempre lindo e splendente. All’interno della confezione ci sarà:
Un fermentatore inox 18/10 da 30 litri completo di coperchio (con foro per gorgogliatore), guarnizione e termometro adesivo;
Un rubinetto a sfera da 1/2 con beccuccio;
Densimetro e cilindro di misurazione;
Un Tubo Alimentare, con lancia riempibottiglie automatica.
Il kit è acquistabile su Ebay con e senza malto pronto cliccando quì.
Si tratta dell’ultimo ritrovato in termini di birrificazione casalinga. L’homebrewing, infatti, è un continuo ingegnarsi di pentole, strumenti auto-costruiti e altri progetti dalle fantasie più sfrenate. A tale proposito, esistono sistemi detti “All in One” che possiedono tutto il necessario per realizzare birra artigianale in casa (fermentatore escluso) in modo semplice, veloce e tecnologico.
Uno dei migliori modelli è senza dubbio il Brew Monk, un sistema interamente in acciaio inox opaco AISI 304 che mescola, filtra e cuoce nella stessa pentola fino a 30 litri di birra. Attraverso l’unità di controllo con display digitale, sarà possibile controllare l’intero processo di produzione. Inoltre, grazie al un tubo integrato con dischi filtro (in acciaio inox), non ci sarà più necessità di fondi filtranti. Con una potenza di 2500 Watt, uno dei più potenti sul mercato, si porterà rapidamente il mosto a ebollizione.
E’ possibile acquistare il Brew Monk su Amazon cliccando quì.
Un altro sistema All in One, ma decisamente più economico, è il Klarstein Maischfest che, in base al modello desiderato, permette di realizzare 25, 30 e 35 litri di birra artigianale. Interamente realizzato in acciaio inox AISI 304, il Klarstein Maischfest si compone di tutto il necessario per la preparazione semplice e veloce della birra (serpentina di raffreddamento inclusa).
Possiede un display LCD per una semplice impostazione di temperatura, tempo di cottura e potenza desiderata. Sono inoltre disponibili due livelli di potenza: il primo, da 1500 W, permette di mantenere la temperatura ideale nel processo di ammostamento; il secondo, da 3000 W, serve a portare il mosto a ebollizione durante la luppolatura (mentre il display mostrerà sempre la temperatura in real time della caldaia).
E’ possibile acquistare il Klarstein Maischfest su Amazon cliccando quì.
E’ da un po’ di tempo che ne parliamo, perché tra sogno e realtà, pretendiamo che la birra indossi anche le vesti del tricolore. Desideriamo ardentemente che questo prodotto, così unico e prezioso, possieda tra le sue bollicine il riconoscimento del raffinato Made in Italy, incentivato oltretutto dai tanti consensi ottenuti da un aumento esponenziale dei consumi di birra. Per cui quale miglior modo di raffigurare un prodotto italiano se non con ingredienti pregiati altrettanto italiani? Arriva ufficialmente il marchio di qualità Luppolo italiano!
Luppolo italiano, il marchio di qualità Made in Italy
E’ quanto comunica il Ministero dello Sviluppo Economico, e quanto si apprende dall’ALI (Associazione Nazionale Luppoli d’Italia). “Finalmente vi possiamo presentare ufficialmente il nostro marchio di qualità luppolo italiano, registrato dal Ministero dello Sviluppo Economico – scrive sui social l’associazione -. Il marchio riguarda i luppoli prodotti dai nostri luppoleti associati, attualmente 9 in diverse regioni italiane e potrà essere applicato anche ai prodotti che lo utilizzano come birra, conserve ed altri trasformati. Una buona notizia nel 2020“.
Foto luppoleto ALI – Associazione Nazionale Luppoli d’Italia
L’Associazione Nazionale di produttori e trasformatori di luppolo italiano, che vede alcuni volti noti del settore come Dario Cherubini e Silvia Amadei rispettivamente Presidente e Vice Presidente, raccoglie attualmente 9 luppoleti sparsi tra Lazio, Basilicata, Abruzzo, Liguria ed Emilia Romagna. Lo scopo è chiaro: promuovere e valorizzare il luppolo di qualità, elevando di conseguenza il Made in Italy di questo pregiato fiore.
In questo senso dunque, la creazione di un marchio di qualità assume un grande significato. Un significato che valorizza non solo la tradizione birraia italiana, ma apre finalmente lo scenario patriottico su una bevanda che abbiamo guardato sempre da lontano.
Ma non si tratta solo di birra! Questa notizia evidenzia ulteriormente l’attaccamento a un settore che, nonostante il fermo imposto dal Covid19, vuole a tutti i costi rialzarsi, riprendendo di fatto la gloriosa crescita che ha caratterizzato gli ultimi 10 anni. Un entusiasmo ostentato anche da altre iniziative che, rivalutando intere zone della nostra penisola, hanno disegnato nuove prospettive potenziando una filiera dall’immenso valore occupazionale.
Fare birra in casa è un hobby che nel corso degli anni ha subito innumerevoli mutamenti. Cambiamenti improntati sempre e solo su un unico obiettivo, ovvero rendere la vita del birraio più semplice ottenendo un prodotto qualitativamente migliore. In questo senso studi e tecnologia hanno fornito un grosso contributo agli homebrewers, con migliorie che hanno semplificato la valutazione di variabili altrimenti difficili da gestire. Uno dei grossi passi in avanti del fare birra è senza ombra di dubbio l’attenzione sul pH, controllato e modificato attraverso l’impiego di strumenti precisi, acidi alimentari e sali minerali. Tuttavia questi sistemi non sono gli unici espedienti in grado d’interagire con l’alcalinità del mosto. Sapevate che il pH nella birra può essere gestito anche attraverso l’impiego del limone?
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Parlare di pH nella birra è un po’ come parlare del tallone d’Achille di un ingranaggio perfetto. Il pH, detto in parole povere, svolge il delicatissimo compito di far lavorare in un ambiente prolifero tutti gli enzimi chiamati in causa durante il processo di birrificazione. Dal corretto lavoro di tali enzimi dipenderanno, tra gli altri fattori, schiuma, equilibrio e aroma, dettagli che fanno di una birra, una buona birra!
Scala PH
Ovviamente un homebrewer è disposto a tutto pur di vedere la propria creazione diventare bella come il sole e buona come il pane, per cui è comprensibile come il controllo del pH diventi una variabile particolarmente importante. A tale proposito sono diversi gli strumenti che permettono la gestione di questo fattore, dai software di stima indicativa sull’alcalinità residua, ai phmetri e alle cartine tornasole che permettono la misurazione reale e precisa del pH in pentola.
Misurato il pH, l’interesse del birraio sarà quello di rientrare in un range preciso, che determinerà l’ambiente ideale per gli enzimi α-amilasi e β-amilasi. Il raggiungimento di tale finestra, compresa tra 5.2 e 5.7 punti, potrà attuarsi con l’impiego di sali minerali, acidi alimentari e altri espedienti che sono del tutto controtendenza.
Infatti, nonostante la facilità d’impiego dei mezzi convenzionali, non è raro incontrare qualche scettico, fiero del “fatto in casa genuino“, titubante nell’inserire “strani miscugli” nella propria birra. Prediligendo sempre il naturale e il genuino, discostandosi dai prodotti dall’industria chimica, molti homebrewers per controllare il pH nella birra utilizzano il limone.
Il limone è un agrume che possiede una grossa percentuale di acido citrico. Di conseguenza è effettivamente in grado di interagire con il pH della cotta, provocando di fatto il suo abbassamento. Esso dunque può essere un sostituto dell’acido citrico in polvere, ma esistono pareri discordanti in quanto l’utilizzo del limone non sempre consente un dosaggio calibrato.
L’impossibilità di verificare la quantità effettiva di acido citrico aggiunta nella cotta e il relativo pericolo di apportare sapori astringenti di “limonata” alla birra finita, ne sconsigliano l’utilizzo. Nonostante ciò, molti homebrewers impiegano regolarmente il limone come alternativo alla regolazione del pH, senza riscontrare particolari problemi.
Tuttavia è bene chiarire fin da subito che per utilizzare il limone nella regolazione del pH è comunque necessario procedere con molta cautela. L’aggiunta del succo di limone, va fatta poco per volta fino al raggiungimento del valore desiderato. Di solito si utilizza il succo di mezzo limone, ma questo parametro varia in funzione del pH di partenza dell’acqua utilizzata, dal tipo di malti inseriti in pentola e dalla concentrazione effettiva di acido citrico contenuta nel frutto.
Sebbene l’idea di realizzare una bevanda “genuina” e 100% naturale, senza l’impiego di espedienti “artificiali”, faccia gola un pochino a tutti, è bene fare alcune considerazione. Precisiamo immediatamente che colui il quale produce birra tra i fornelli di casa sta già realizzando una bevanda 100% genuina e naturale. L’homebrewing, infatti, ha lo strabiliante potere di mette in atto una pratica secolare, effettuata in birrificio con le tecniche più moderne del settore e riprodotta davvero molto similmente tra le mura domestiche.
Detto ciò anch’io ho utilizzato il limone, lo potrete vedere in qualcuna delle mie cotte pubblicate sul canale Youtube. Tuttavia è bene riflettere sulla reale utilità di questo strumento rispetto all’impiego di acidi alimentari e sali minerali.
Nonostante viene raccontato in modo semplice, fare birra è scienza e come tale l’approccio a quest’arte dovrebbe avvenire in modo preciso e definito. In questo senso, è vero che il limone possiede acido citrico nella concentrazione di circa 6%, ma non fornisce un sistema affidabile nella produzione della birra sostanzialmente per due motivi:
La concentrazione di acido citrico non è sempre costante, ma variando da frutto a frutto potrebbe rendere difficoltosa la gestione del pH e la replicazione della ricetta;
La percentuale di acido citrico del limone essendo molto inferiore rispetto ad altri acidi alimentari utilizzati nell’homebrewing (es: l’acido lattico possiede una concentrazione pari a 80-88%), comporta un uso maggiore di prodotto che potrebbe irrimediabilmente modificare il gusto finale della birra.
Tirando le somme, ne vale davvero la pena? A voi la scelta!
Il pH, specie per i neofiti, è una montagna che può sembrare ardua da scalare. Sarà per le frastagliate informazioni in rete o per la paura di affrontare il grande mondo della chimica, ma la complessità che apparentemente ruota intorno a questa variabile porta spesso il birraio a tralasciarla. Tuttavia è un fattore chiave nella produzione della birra, e la sua gestione è fondamentale per produrre un buon prodotto. Di conseguenza durante le fasi della cotta è un dettaglio da tenere sempre sotto controllo con i dovuti strumenti e, se il caso lo prevede, da modificare con le opportune accortezze. Cerchiamo quindi di capire come modificare il pH nella birra, comprendendo cosa lo influenza e per quale motivo è così importante conoscerlo e gestirlo.
Per ottenere buoni risultati nella birrificazione casalinga è importante comprendere che nulla va lasciato al caso. Uno dei fattori che differenzia un buon prodotto da uno scadente è senza ombra di dubbio la corretta gestione del pH, che si determina già dalle fasi iniziali della produzione.
In particolare la gestione del pH deve iniziare proprio dall’ammostamento, in cui si attiveranno una serie di reazioni concatenanti che influiranno sulle fasi successive della cotta. In questa fase infatti, grazie agli enzimi α-amilasi e β-amilasi, avviene la scomposizione degli zuccheri. Di conseguenza, al fine di garantire un lavoro ottimale di questi enzimi, l’alcalinità del mosto deve attestarsi entro un determinato range. In particolare per rispettare questo range è necessario considerare:
PH iniziale dell’acqua. Di relativa importanza, fornisce comunque al birraio un riferimento alcalino prima d’introdurre i malti in pentola;
Sali disciolti nell’acqua. Nonostante il pH iniziale, l’acqua possiede altri elementi che influiscono sul valore di questa variabile in pentola. A tale proposito è fondamentale leggere l’etichetta, facendo particolare attenzione ai bicarbonati (HC03-) in essa contenuti. Questi, se presenti in grande quantità (sopra i 100 mg/l), rendono difficoltosa la discesa del pH, compromettendo di fatto il lavoro di conversione degli enzimi;
Malti. L’ingrediente che influisce più di tutti in fase di Mash è il malto. Il perché è legato alla reazione del calcio e del magnesio (presenti nell’acqua) con i fosfati (presenti nel malto). L’interazione di questi fattori, rilasciando ioni H+, tende ad abbassare il pH in pentola. A tale proposito è bene non esagerare con gli acidi alimentari (acido lattico, citrico, ecc) specie se si utilizzano grosse percentuali di malti scuri (ricchi di fosfati).
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Una volta iniziato il mash, i fosfati dei grani interagiscono con calcio e magnesio presenti nell’acqua, rilasciando di conseguenza ioni H+. Tuttavia l’interazione di questi fattori è strettamente correlata alla concentrazione dei bicarbonati (HCO3-) dell’acqua, i quali se eccessivamente presenti “catturano” gli ioni H+ del mash, inibendo l’abbassamento del pH.
E’ per questo motivo che l’alcalinità iniziale dell’acqua conta ben poco, in quanto se quest’ultima presenta un buon pH (vicino al 6), ma possiede un’alta concentrazione di bicarbonati e non ci sono sufficienti fosfati e ioni di Calcio e Magnesio, l’alcalinità del mosto non subirà grosse variazioni.
A tale proposito è necessario misurare l’alcalinità residua presente in pentola ed eventualmente gestirla con le dovute accortezze. L’obiettivo di pH che deve raggiungere il birraio in fase di mash, per consentire agli enzimi α-amilasi e β-amilasi di lavorare correttamente, dev’essere compreso in un range di 5.2 e 5.7 punti misurato a temperatura ambiente.
Ovviamente questa finestra di pH riguarda solo la fase di mash. Nell’intero arco della produzione l’alcalinità subirà ulteriori variazioni, dovute principalmente alle reazioni scatenate durante la bollitura e la fermentazione.
Nella bollitura il range di pH ottimale è di 5.2-5.3. Questa finestra favorisce la coagulazione delle proteine, limita l’estrazione di tannini dal luppolo e l’imbrunimento del mosto.
Differente invece è il range di pH in fermentazione. Durante questo step il lievito produce diversi acidi, che generalmente abbassano l’alcalinità del mosto. Di conseguenza il pH ottimale nella fase di pre-fermentazione dovrebbe attestarsi intorno ai 5, per poi diminuire ed essere compreso in una finestra di 4-4.5 a fine fermentazione. Un pH più basso potrebbe essere sinonimo di contaminazioni.
Ricapitolando, la corretta gestione del pH, non solo nel mash, ma in tutto il processo di produzione innescherà una serie di reazioni concatenanti che miglioreranno:
Colore della birra;
Tenuta della schiuma;
Percezione amara. Un pH troppo elevato rende poco elegante e omogenea la percezione amara, mentre un pH troppo basso tende a limare eccessivamente gli eventuali accenni amaricanti;
Percezione aromatica dei malti. Un pH troppo elevato tende a limitare l’intensità aromatica dei malti.
Dopo aver compreso cosa sia il pH e perché sia così importante gestirlo durante la produzione della birra, vediamo come si può modificare.
N.B.:Ovviamente anche in questa pratica, che tecnicamente risulta piuttosto semplice, l’esperienza del birraio farà la differenza. Per tale motivo, durante le modifiche è consigliato procedere sempre a piccoli passi evitando di fatto l’aggiunta eccessiva dei vari reagenti, che potrebbero conseguentemente portare difetti importanti alla birra finita.
Fatta questa premessa, per interagire col pH del mosto si utilizzano prevalentemente:
sali minerali (che si combinano ai malti presenti in pentola).
acidi alimentari (citrico e lattico);
In funzione degli effetti derivanti dall’utilizzo dei sali minerali, molti homebrewers e libri del campo, consigliano di aggiungere Gypsum al mosto per abbassare il pH. Il Gypsum è solfato di calcio, ovvero Calcio + Solfati. Il primo, interagendo con i fosfati dei malti, produce ioni H+ abbassando di fatto il pH, ma apporta benefici anche alla flocculazione del lievito e alla precipitazione delle proteine. I solfati invece, specie se presenti in alte concentrazioni, vanno a intaccare il delicato equilibrio con i cloruri, determinando conseguentemente un orientamento più o meno amaro, poco indicato in stili in cui il sapore maltato deve prevalere.
Un altro strumento di gestione del pH riguarda l’impiego degli acidi alimentari che, neutralizzando i bicarbonati, rilasciano ioni H+ e rendono di fatto l’acqua più acida. Tuttavia l’uso eccessivo di questi espedienti genera un sapore poco piacevole alla birra. A tale proposito è consigliato utilizzare un’acqua di produzione che non abbia una concentrazione di bicarbonati troppo elevata, in modo da consentire un impiego moderato di questi acidi.
Un importante aiuto a favore degli homebrewers è fornito dal foglio di calcolo EZ WATER CALCULATOR, in cui inserendo i valori di acqua con i relativi sali e le percentuali di malti impiegati, fornisce indicativamente una stima sull’alcalinità residua e l’eventuale modifica da apportare con sali e acidi alimentari.
Avviato l’ammostamento, ovvero dopo aver inserito i malti, in pentola si stabilirà una certa alcalinità residua che il birraio dovrà valutare ed eventualmente modificare. A 10 minuti dall’inizio del Mash:
Prendere un campione di mosto;
Raffreddare il campione fino a temperatura ambiente. Consiglio d’impiegare tazzine da caffè precedentemente inserite in congelatore. L’esigenza di una misurazione a temperatura ambiente è data sia dagli strumenti (tarati a una temperatura di 20/25 °C), che dal pH stesso in quanto all’aumentare della temperatura esso diminuisce a causa della liberazione di ioni H+;
Prendere il valore del pH con il phmetro o cartina tornasole.
Dopo questi passaggi, difficilmente si noterà un valore di pH compreso tra i 5.2 e i 5.7 punti, di conseguenza sarà necessario aggiungere gli additivi per arrivare al range desiderato.
ATTENZIONE! Aggiungere gli additivi poco per volta, eseguendo eventualmente più misurazioni.
Aggiungere acido lattico (l’eccesso può dare sapori amari), oppure acido citrico (l’eccesso può dare sentori aciduli);
Mescolare il mosto;
Effettuare una nuova misurazione.
Se il pH si attesta all’interno del range (5.2-5.7), la modifica sarà conclusa, altrimenti bisognerà ripetere l’aggiunta e misurare nuovamente.
Solitamente si modifica anche l’acqua di sparge, onde evitare che il pH dell’acqua vada a interferire troppo con l’alcalinità raggiunta in mash. Questo accorgimento faciliterà il raggiungimento di un pH ottimale anche in fase di bollitura (5.2-5.3). A tale proposito l’ausilio del foglio di calcolo EZ WATER CALCULATOR, cercherà di dare una stima anche sull’eventuale modifica del pH di sparge.
Difficilmente ci sarà l’esigenza di aumentare il valore di pH, ma può comunque succedere! Un esempio potrebbe essere l’eccessiva presenza di malti scuri in ricetta oppure un sovraddosaggio di acidi alimentari. In questo caso è possibile ricorrere all’uso di bicarbonato da cucina, che riesce ad alzare i livelli di pH ottemperando al rilascio eccessivo di ioni H+. Tuttavia è bene tenere a mente che 5 unità di bicarbonati comprendono 1 unità di sodio (sale), il quale potrebbe portare sapori astringenti alla birra finita.
Capita di sentire spesso tra gli homebrewers, storie di pH e limone. Ebbene chiariamo subito che effettivamente il limone abbassa il pH, io stesso (lo potete constatare in qualche video sul canale Youtube) l’ho utilizzato nelle mie cotte. Tuttavia l’impiego di questo sistema non rende l’intervento sulla cotta efficacemente gestibile in quanto:
la concentrazione acidificante del limone si attesta intorno al 6%, a differenza degli altri acidi (acido lattico 80-88%). Questo implica un dosaggio maggiore in ricetta, rischiando di fatto una possibile alterazione dei sapori nella birra finita;
la stessa concentrazione acidificante del limone (6%) può variare da frutto a frutto, rendendo di fatto difficile la replicazione della ricetta e la gestione della stessa.
Ovviamente è stato e rimarrà un sistema utilizzato da tanti homebrewers, e a detta di molti non provoca grandi mutamenti al sapore. Tuttavia questo non scongiura le possibilità di compromettere irrimediabilmente il risultato finale. Ne vale davvero la pena?
Questo Natale, dopo gli accaduti caratterizzanti uno strano e per certi versi “maledetto” 2020, si prospetta con uno spirito festivo alquanto particolare. Tuttavia la voglia di lasciarsi ogni cosa alle spalle, di brindare e abbracciare le persone care è sicuramente tanta, e nonostante l’economia in affanno, la corsa ai regali da mettere sotto l’albero è una tradizione che non può mancare. Allora perché non regalare o regalarsi una buona bottiglia di birra? E’ il caso della Special Edition del birrificio Gritz, che stupisce il mondo artigianale presentandosi come la prima birra di Natale senza glutine.
Gritz, birrificio che sorge a Erbusco (BS), nella rinomata zona della Franciacorta, si conferma una delle prime realtà birraie italiane con filiera produttiva totalmente gluten free. Produttore di ottime birre, dal grande gusto e carattere, la nuova proposta di Natale non poteva che rafforzare questa lunga serie di successi riconosciuti in tutto il panorama birraio.
Si tratta di una birra ad alta fermentazione che appartiene alla grande famiglia delle Christmas Ale. Di colore marrone scuro, possiede una buona schiuma brunita e compatta. Presenta al naso spiccate note di anice stellato, le quali subito dopo cedono la scena ai sentori di cannella e noce moscata tipici dell’atmosfera natalizia. In bocca invece, prevalgono le note tostate e caramellate dei malti, che provvedono a generare il giusto equilibrio nella complessa struttura organolettica della particolare birra di Natale di casa Gritz.
La Special Edition del birrificio artigianale Gritz si rivela dunque una birra decisa e dal grande carattere. Il merito va soprattutto alle pregiate materie prime che, attraverso un grado alcolico di 7.0 %vol, disegnano nel gusto e nell’aroma i tradizionali sentori natalizi. Disponibile nel formato da 50 cl è perfetta d’abbinare ai dolci tipici del Natale come panettone, pandoro e biscotti allo zenzero.
Dalle mille sfaccettature, la birra ha abbracciato negli anni diversi ingredienti che, legandosi alla base di produzione, hanno disegnato sapori e profumi sempre nuovi. Infatti questa bevanda non è composta esclusivamente da acqua, malto, luppolo e lievito. Questa serie di ingredienti rappresenta ovviamente la struttura di partenza, a cui però il birraio associa molto spesso la propria fantasia ed esperienza. Si tratta quindi di un delicato equilibrio organolettico che, definito in modo magistrale, regala sensazioni uniche ed esclusive. Un equilibrio rispecchiato pienamente nel curioso e singolare accostamento che vede legato il mondo della birra alla tradizione gastronomica Calabrese. Non mi riferisco alla straordinaria cucina della Magna Grecia, di cui la birra accompagna numerose pietanze, ma all’unione d’ingredienti unici come il bergamotto e l’ulivo che, entrando a far parte del processo di produzione birraia, arricchiscono la bevanda dei più preziosi profumi della Calabria.
Quando la birra sa di Calabria
A disegnare questo particolare connubio con la birra è il dottor Amedeo L’Abbate, medico specialista di medicina interna e di nefrologia al Policlinico di Reggio Calabria, così tanto innamorato dell’homebrewing che decide di avviare una produzione tutta sua con tanto di marchio.
La brewfirm Angel’s Beer del dottor L’Abbate produce birre che nel proprio DNA vantano la tradizione dei prodotti calabresi. Una specialità contraddistinta da sapori unici che solo questa terra può offrire, come il prezioso bergamotto di Reggio Calabria e il raffinato estratto di olive.
“E’ iniziato tutto per passione – racconta il dottor Amedeo L’Abbate al portale Reggio Today – facevo la birra in casa solo per pochi intimi. Poi, due anni fa, sono venuti a trovarmi due miei amici di Milano, l’hanno assaggiata e sono rimasti colpiti. Da lì è venuta l’idea di avviare alla fine del 2018 una prima produzione di prova. L’abbiamo affidata a terzi, ma delle ricette mi occupo personalmente“.
Tra le ricette che più rispecchiano la territorialità calabrese, c’è Heraclea. Si tratta di una blanche dolce e coinvolgente che, nonostante la tradizione belga, possiede l’animo reggino grazie al tipico bergamotto della città. L’Abbate, che mette appunto la ricetta insieme alla moglie Adele Muscolo, professoressa di Agraria, commenta: “Ci sono tante birre al bergamotto ma questa è diversa. Le altre sono fatte con le bucce, la mia con l’estratto che arriva dalla polpa. Ne deriva una birra profumata dal gusto meno invasivo. Ottima come aperitivo ma anche da abbinare agli antipasti, a pasti leggeri e al pesce“.
Tuttavia la Heraclea non è l’unica trovata della brewfirm reggina, che nel suo repertorio propone anche Elais, la weiss realizzata con l’estratto naturale di olive. “Nasce da un misto di orzo e grano – prosegue il dottor L’Abbate – ideale con i salumi e con pasti più corposi. E’ una bionda lievemente amarognola, si sente il profumo dell’olio e una profonda differenza tra olfatto e gusto“.
Birra funzionale, che fa bene alla salute!
Birre buone e particolari, che oltretutto fanno bene alla salute. E’ quanto afferma il dottor L’Abbate: “Entrambe sono ricche di polifenoli, sostanze ad azione antiossidante che proteggono le cellule dai radicali liberi con effetto antinfiammatorio e azione neuroprotettiva per il cervello. Già la birra artigianale ha di per sé un buon contenuto di polifenoli, le nostre ne hanno un contenuto tre volte superiore“.
Si tratta dunque di birre funzionali, bevande che rientrano nella prevenzione della salute e delle malattie, e che lo stesso L’Abbate conferma come una nuova propensione: “E’ una tendenza molto diffusa quella di aggiungere alle birre artigianali, sostanze che fanno bene all’organismo come ad esempio tè verde, mosto di vino e altro“.
Disponibili attualmente tra Reggio Calabria e Milano (limitatamente a Roma), queste birre iniziano a conquistare di diritto un posto nel mondo del panorama birraio. In particolare Angel’s Beer ha partecipato con un proprio stand ad Artigiani in Fiera a Milano nel 2019, e sempre nello stesso anno la Kroton, altra birra dell’iniziativa calabrese, ha conquistato il secondo posto alla prima edizione del BeerCalabria, concorso che premia le migliori birre di questa terra difficile ma semplice d’amare.
Abbiamo spesso parlato di come la birra, in qualche decennio, sia riuscita a stravolgere non solo la sua reputazione, ma a contribuire attivamente all’economia del paese creando oltretutto tanta occupazione. Si tratta di una filiera strategica per l’Italia, che nel 2019 generava quasi 10 miliardi di Euro di valore condiviso, portando lavoro a 108 mila famiglie e versando contributi allo Stato per 4,5 miliardi di Euro. Purtroppo da marzo 2020, con Covid e Lockdown, è arrivato il fermo del comparto birra, causando la perdita di quasi 1,6 miliardi di Euro e di circa21.000 posti di lavoro in appena sei mesi. Tuttavia il comparto non intende arrendersi, e per la ripresa, che avrebbe ripercussioni su tutta l’economia italiana, chiede alle istituzioni la rimodulazione fiscale sulla birra.
La Birra in Italia prima del Covid-19
I dati diffusi dall’Osservatorio Birra con la presentazione del 4° Rapporto “La creazione di valore condiviso del settore della birra in Italia”, realizzato da Althesys, hanno evidenziato l’andamento del settore nel 2019 e nei primi sei mesi del 2020, fornendo di fatto una chiara riflessione sul “prima” e “dopo” Covid-19.
Ebbene, la birra nel 2019 vantava una crescita costante protratta per 10 anni: +35% dal 2009 (17,2 milioni di ettolitri), con il 36,1% dei consumi concentrati nell’Ho.Re.Ca. e il 63% del valore condiviso che fa capo a bar, hotel, ristoranti e pizzerie, in virtù di un notevole valore aggiunto.
Nel 2019 il valore condiviso creato dall’industria della birra in Italia ha sfiorato i 10 miliardi di Euro, ovvero un mezzo punto percentuale (0,53%) del nostro PIL, del 21% del valore del Recovery Fund per il biennio 2021-2022 e del 72% del valore alla produzione del settore delle bevande alcoliche. Per cui la birra non ha portato ricchezza solo ai produttori, ma ne hanno beneficiato in particolare le porzioni a valle e a monte della filiera, senza ovviamente dimenticare lo Stato!
A guadagnare di più sono stati distribuzione e vendita, con oltre 7.300 milioni di Euro. Inoltre la primavera della birra ha portato nelle casse dello Stato più di 4.500 milioni di Euro, crescendo del +8% rispetto ai 3 anni precedenti.
Il comparto birra inoltre, prima del Covid-19 ha permesso la distribuzione di quasi 2.700 milioni di Euro in salari. Questo significa che ha dato lavoro lungo la sua filiera a più di 108 mila famiglie, aumentando del 18% l’occupazione del Paese rispetto al 2017.
Quanto ha inciso il Covid-19 nel comparto Birra?
Il virus ha inevitabilmente interrotto questo trend positivo. Da marzo a giugno 2020 la produzione ha subito un arresto del -22%, con picchi tra marzo e maggio del 30%. Una timida ripresa è avvenuta a luglio (+8%) e agosto (+2%), ma comunque un incremento irrilevante rispetto alle capacità dimostrate in 10 anni di crescita.
Di riflesso alla crisi, nei primi sei mesi del 2020 anche il valore condiviso è crollato registrando il -22,7% (circa 900 milioni di Euro) rispetto al semestre 2019 e il -34,2% rispetto al potenziale stimato (quasi 1,6 miliardi di Euro), considerando che gennaio e febbraio 2020 hanno evidenziato il trend positivo degli ultimi anni.
La pesante perdita va a penalizzare soprattutto distribuzione e logistica, con l’Ho.Re.Ca. che da sola perde 1.373,9 milioni di Euro. Il che significa anche 21.016 posti di lavoro svaniti lungo la filiera. Tuttavia la voglia di birra degli italiani in questo periodo, è tanta come testimonia l’Osservatorio Birra in uno dei suoi studi (leggi report).
Non solo! I produttori di birra, per quanto possibile, hanno messo in sicurezza i dipendenti, mantenendo “attivi” i birrifici e garantendo alla GDO la fornitura del prodotto. Purtroppo però il blocco dell’Ho.Re.Ca. ha avuto pesanti effetti collaterali, che sono stati tamponati solo marginalmente dall’e-commerce.
La conferma della grande difficoltà del settore arriva anche da Wietse Mutters, Amministratore Delegato di HEINEKEN Italia, che commenta: “La birra è stata colpita dalla crisi proprio nel suo momento di massima espansione. La situazione è preoccupante e parte dal fuori casa, dove le prospettive sono incerte e migliaia di operatori sono in crisi, ma tutta la filiera ne risente a monte passando dall’industria fino ad arrivare all’agricoltura. Per guardare al futuro con più fiducia, sosteniamo le richieste al Governo di AssoBirra perché il settore torni trainante per la ripresa del Paese.”
L’appello dei gestori alla rimodulazione fiscale sulla birra
Secondo un sondaggio somministrato da Fondazione Birra Moretti a 135 soggetti, gestori e lavoratori Ho.Re.Ca. e del settore distribuzione, 7 addetti su 10 investirebbero nell’impresa i benefici di una minore accisa sulla birra.
Ciò che deve arrivare alle istituzioni è la voglia di riemergere insita ancora in tante attività. Una voglia che dovrebbe essere assolutamente tutelata e incentivata con un’adeguata rimodulazione fiscale sulla birra. Sebbene il 40% degli intervistati reputa gli aiuti governativi per nulla adeguati, il 70% di loro investirebbe volentieri nell’impresa i benefici di una minore accisa. Si chiede dunque: agevolazione sugli spazi, riduzione dell’Iva e dell’accise, incentivi per impianti sulla birra in fusto, agevolazioni sul vuoto a rendere e sulla mobilità.
Una tassazione differente, per un settore tanto performante, oltre che far girare l’economia del Paese, permetterebbe un giro d’affari capace di rilanciare l’out of made. Un settore che altrimenti dovrebbe dire addio a circa 50 mila locali che attualmente danno lavoro a 350 mila persone (Fonte Fipe Confcommercio).