La parola birra, in particolare quella artigianale, fa parte di un lessico ormai comune. Ma nonostante questa bevanda esista da centinaia d’anni, l’approccio in Italia risale ad un’epoca più vicina. Questo è dovuto principalmente alle radici della cultura italiana, da sempre fondata sulla maestria del vino. Tuttavia la birra ha saputo conquistare il Belpaese, diventando in pochi anni un cult tra giovani e appassionati. Tutto ciò è dovuto anche ad una coinvolgente “moda”, incentivata in parte da propagande e piattaforme dedicate, che hanno aiutato a capire meglio le particolari dinamiche di questa preziosa bevanda. Dagli ingredienti alla colorazione, dal gusto all’aroma, fino a comprendere i metodi per riprodurla tra le mura domestiche. Ma se vi chiedessero cos’è la birra artigianale, quale sarebbe la risposta?
Indice
La Birra per la legge italiana
Fino al 2016, in Italia, non esisteva una definizione legislativa specifica sulla birra artigianale. Era presente solo la legge n. 1354 del 16 agosto 1962, che in 32 articoli definiva in via generale la birra, gli ingredienti, la produzione, le apparecchiature e le disposizioni di vendita.
L’Art. 1 della citata legge definiva “birra” il prodotto ottenuto dalla fermentazione alcoolica con ceppi selezionati di Saccharonyces Cerevisiae dei mosti preparati con malto di orzo torrefatto e acqua, amaricati con luppolo. Il malto d’orzo può’ essere sostituito con malto di frumento, con altri cereali o con riso, fino alla percentuale massima del 25% calcolato sul peso complessivo del cereale impiegato.
Le differenze birraie erano definite nell’Art. 2, che vietava il commercio di birra con un grado saccarometrico in volume inferiore a undici. Lo stesso articolo definiva:
- “birra speciale”, la birra con grado saccarometrico in volume non inferiore a tredici;
- “birra doppio malto” quella con un grado saccarometrico in volume non inferiore a quindici.
Le modifiche
Nel corso degli anni la legge 1354 del 62′ ha subito diverse modifiche, stravolgendo difatti gli articoli in essa contenuti. Le modifiche apportare hanno avuto lo scopo di adeguare la disciplina sulla birra alle nuove metodologie tecniche di produzione, e di conformarla alla legislazione di altri Paesi membri dell’Unione Europea. A regolamentare la produzione e il commercio della birra viene redatto il DPR 30 giugno 1998 n. 272, composto da cinque articoli.
La nuova legge modifica l’Art. 1 comma 1 della legge del 62′, definendo “birra” quel prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces Carlsbergensis o di Saccharomyces Cerevisiae di un mosto preparato dal malto, anche torrefatto, di orzo o di frumento o di loro miscele ed acqua, amaricato con luppolo, suoi derivati o entrambi.
Il comma 2 rivede la fermentazione alcolica del mosto, che può essere integrata con la fermentazione lattica. L’introduzione dei batteri lattici e dell’acidificazione del mosto, destinato alla produzione della birra, è regolata dal D.M. del 2 maggio 1996 n. 325. Questa legge, che consente l’utilizzo di batteri lattici appartenenti al genere Lactobacillus, detta una serie di prescrizioni sulle loro caratteristiche ed impiego.
Il comma 3 del DPR 272/1998 consente, nella produzione della birra, l’impiego di estratti di malto torrefatto e degli additivi alimentari autorizzati dal decreto del Ministro della sanità del 27 febbraio 1996, n. 209. Il decreto disciplinava gli additivi alimentari consentiti per la conservazione delle sostanze alimentari. Sostituito in seguito dal D.M. 8 maggio 2006 n. 229.
Il comma 4 consente la sostituzione del malto d’orzo o di frumento con altri cereali, anche rotti o macinati o sotto forma di fiocchi, nonché con “materie prime amidacee e zuccherine” nella misura massima del 40% calcolato sull’estratto secco del mosto. Per materie amidacee e zuccherine sono intese aggiunte come frutta o miele.
Una definizione più accurata
L’Art. 2 del DPR 272/1998 definisce meglio al comma 1 anche la denominazione di “birra analcolica”, riservandola al prodotto con grado Plato non inferiore a 3 e non superiore a 8 e con titolo alcolometrico volumico non superiore a 1,2%. La denominazione di “birra leggera” o “birra light” al comma 2 è riservata al prodotto con grado Plato non inferiore a 5 e non superiore a 10,5, con titolo alcolometrico volumico superiore a 1,2% e non superiore a 3,5%. La denominazione di “birra” al comma 3 è riservata al prodotto con grado Plato superiore a 10,5 con titolo alcolometrico superiore a 3,5%. L’articolo prende in considerazione solo la gradazione alcolica senza nessun riferimento specifico allo stile della birra, limitandosi a definire:
- “birra speciale”, la bevanda dal grado Plato non inferiore a 12,5%;
- “birra doppio malto”, la bevanda con grado Plato non inferiore a 14,5%.
Gli altri articoli e comma del DPR 272/1998 si limitano a fornire indicazioni sull’etichetta, sulla produzione e sulle modalità di vendita.
La definizione di Birra Artigianale
Nel 2016 l’Italia finalmente provvede ad elaborare una definizione legislativa in materia, attraverso la legge 28 luglio 2016, n. 154. La norma, titolata “Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale”, all’Art. 35 detta la definizione di Birra Artigianale. L’articolo in questione si aggiunge ai comma già presenti nell’Art. 2 del DPR 272/1998.
L’Art. 35 della legge 154/2016 recita: “Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione. Ai fini del presente comma si intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi”.
Per cui, secondo la legge italiana, la birra artigianale:
- Non dev’essere pastorizzata o microfiltrata;
- Dev’essere prodotta da un birrificio indipendente;
- Il birrificio non può produrre più di 200.000 hl annui.
Ovviamente non tutto il testo della norma va a genio. Infatti considerando la disposizione di utilizzo degli impianti fisicamente distinti da qualsiasi altro birrificio, i beer firm sarebbero esclusi dal titolo “artigianale”. Naturalmente potranno continuare ad aggiungere sulle etichette, se presenti, le caratteristiche di “non filtrata” e “non pastorizzata”. Tuttavia il marchio “artigianale” è una garanzia verso i consumatori, dell’artigianalità della birra.
Birra artigianale: I punti di vista
Sicuramente nell’immaginario collettivo la parola “birra artigianale”, corrisponde a qualità e unicità. Ma le differenza tra birra artigianale e birra industriale ruotano intorno ad aspetti tecnici e pratici, che spesso danno adito a false credenze. Ovviamente la birra artigianale differisce dalla birra industriale, per le modalità di preparazione e di conservazione. Questo fa si che il prodotto artigianale possieda un potenziale qualitativo maggiore, in relazione alla cura e al basso impatto di trattamento.
Tuttavia bisogna fare un appunto: non sempre l’aggettivo “artigianale” è sinonimo di qualità! Capita spesso infatti che i primi approcci alla birra artigianale siano fatti in modo errato, con aspettative che potrebbero essere deluse.
La birra artigianale non è sempre la massima espressione del mondo birraio. Infatti la percentuale di proposte brassicole, che si attesta a livelli qualitativi degni di nota, rimane comunque esigua. Il vantaggio dei piccoli birrifici artigianali è la possibilità di utilizzare materie prime qualitativamente superiori, ma la riuscita del prodotto dipende principalmente dalle abilità del birraio.
Un altro importante aspetto riguarda la complessità della birra artigianale. L’aspetto artigianale della birra sicuramente la rende più affascinante e invitante di una “scontata” bevanda da supermercato. Ma se da una parte la curiosità induce alla bevuta, l’idea di avere nel bicchiere una birra “difficile e complessa” potrebbe portare a non considerarla come una bevanda giornaliera.
Questo meccanismo che si crea inconsciamente, forma un giudizio non del tutto veritiero. La birra artigianale non è sempre e solo particolare e complessa. Esistono diverse proposte artigianali famose proprio per la loro facilità di bevuta, che potrebbero equipararsi tranquillamente alla quotidianità di una birra industriale.
L’opinione!
Aldilà delle normative e dei falsi miti, sicuramente ognuno avrà un’opinione differente di birra artigianale. Tuttavia quando si pensa alla birra artigianale, si spera principalmente ad una bevuta differente dai soliti canoni imposti dall’industria. Dal punto di vista etico dovrebbe rispecchiare qualità, almeno in teoria. Mentre attraverso l’utilizzo delle materie prime superiori, dovrebbe tramettere eccellenza e unicità, incarnando talvolta anche la cultura del territorio che la vede nascere.
Ma quando si pensa all’artigianalità in realtà il pensiero non si limita solo alla birra, che può piacere o meno! La birra artigianale pensata per come l’uomo l’ha concepita, senza processi industriali, è una bevanda capace di evocare socialità e convivialità fin dai tempi dei tempi. Una bevanda che non guarda pelle, religione, politica o cultura, ma rimane inerme. Nuda e cruda in balia di un tempo, che per le qualità che la rendono speciale, sicuramente non è infinito!
Buona birra a tutti.