Confucio diceva: “Con il tempo e la pazienza ogni foglia di gelso diventa seta“. Nella quotidianità del “Tutto e subito” la pazienza è un dettaglio forse dimenticato, che tuttavia dovrebbe essere alla base di ogni cosa. Per realizzare un qualcosa in modo ottimale, infatti, ci vuole in primis pazienza, oltre che perseveranza!
In questo senso, il fare birra non fa eccezione. Dalla preparazione delle attrezzature all’ammostamento, dall’avvio al termine della fermentazione e fino al fatidico assaggio, la pazienza sarà la costante in ogni step produttivo e per questo il birraio dovrà imparare fin da subito a conviverci d’amore e d’accordo.
Fatta questa doverosa premessa, è tuttavia inutile negarlo! La curiosità di stappare e degustare quanto prodotto, è la tentazione di ogni homebrewer. Ciò nonostante è bene placare gli animi, specie quando la birra (già fermentata) verrà imbottigliata. Quest’ultima infatti non è ancora pronta a deliziare le papille gustative (si spera), in quanto dovrà trascorrere un determinato periodo di tempo a maturare.
Un periodo sicuramente snervante, ma la maturazione della birra ha un suo fondamentale perché! Vediamo dunque di comprendere i “tempi tecnici” del riposo forzato che precedono la degustazione.
La maturazione della birra
Dopo la fermentazione, il mosto è ufficialmente diventato birra grazie al prezioso contributo del lievito precedente inoculato. Dal fermentatore, la nuova birra dovrà essere imbottigliata e subire il priming, attraverso il quale si riattiveranno le cellule di lievito (rimaste assopite dopo la fermentazione) che disegneranno la particolare e piacevole bollicina di questa bevanda.
Tuttavia alla conclusione del processo di produzione e quindi al tanto desiderato assaggio, manca ancora un altro step. Bisogna dunque pazientare ulteriormente e dare tempo al tempo di scolpire, per noi, una buona birra da bere. Questa fase prende il nome di maturazione, e serve alla birra per migliorare ed equilibrare le proprie caratteristiche organolettiche.
Durane la maturazione della birra, infatti, si compiono diverse reazioni chimiche, che andranno a modificare e smussare importanti parametri organolettici e strutturali. In sostanza la birra si affina! Il sapore dolce del malto si armonizza con l’amaro pungente del luppolo, mentre gli aromi principali si perfezionano e il lievito tende a depositarsi sul fondo del contenitore, migliorando di fatto l’aspetto della bevanda.
La maturazione però, non è un processo che si applica in modo uniforme su tutte le birre. Per birre ad alta fermentazione, semplici e poco strutturate, questo “riposo tecnico” potrebbe concludersi in poche settimane, mentre per tipologie più complesse la maturazione potrebbe estendersi anche per diversi mesi o anni.
Per le birre a bassa fermentazione, invece, il processo maturativo diventa un pochino più articolato. In questo caso si parla infatti di maturazione a freddo (lagerizzazione), in cui le birre sono stoccate a temperature prossime allo zero anche per diversi mesi. Queste condizioni di freddo rallentano le diverse reazioni chimiche negative e favoriscono la precipitazione delle sostanze fluttuanti sul fondo del contenitore, garantendo così una birra particolarmente limpida e delicata.
N.B.: Per birre ad alta fermentazione la temperatura di maturazione è uguale o poco inferiore a quella di fermentazione. Aumentare tale temperatura potrebbe velocizzare il processo e quindi anticipare ulteriormente la naturale degradazione del profilo organolettico della bevanda. Inoltre si favorirebbe la rifermentazione in bottiglia, la quale potrebbe raggiungere livelli controproducenti all’armonia strutturale della birra.
Quanto tempo deve maturare la birra?
Come puntualizzato, il “tempo tecnico” di riposo della birra tende a migliorare le qualità organolettiche della bevanda. I sapori e gli aromi si armonizzano, donando maggiore equilibrio alla degustazione, mentre le particelle di lievito in sospensione si depositano, disegnando così all’occhio una birra più gradevole. Tuttavia il riposo differisce da prodotto a prodotto, per cui la domanda che molti homebrewers si pongono è: quanto dura precisamente la maturazione della birra?
Se dovessimo rappresentare con un grafico il trascorrere del tempo e la maturazione della birra, noteremmo una parabola che evidenzierebbe le diverse fasi evolutive della bevanda. La parabola presenterebbe un andamento crescente nella fase temporale successiva all’imbottigliamento, fino a raggiungere (in un determinato periodo) l’apice in termini di aroma e sapore. Dopo questa fase, la parabola inizierà inevitabilmente un’andatura inversa, finché la stessa struttura organolettica della birra finirà per degradarsi.
Definire dunque, una tempistica precisa al processo di maturazione della birra (specie quella prodotta in casa) non è semplice! Normalmente la maturazione dovrebbe durare almeno un mese, oppure due per permettere alla birra di affinarsi ulteriormente.
Tuttavia tali tempistiche potrebbero anche variare. Un problema purtroppo o per fortuna legato sia alla grande varietà della bevanda che agli ingredienti più disparati con cui si realizza. Ciò nonostante, una linea guida che tanga conto di determinati fattori è possibile averla!
Come fare maturare la birra? Le linee guida
Il Luppolo
Solitamente le birre che possiedono una buona base luppolata come IPA, APA e Pilsners (da consumarsi dopo la lagerizzazione) sono poco adatte a tempi di maturazione eccessivamente prolungati. Questo perché, l’aroma e l’amaro dei luppoli che possiedono tendono a svanire col tempo, rendendo la birra sbilanciata e poco incisiva.
Tuttavia esistono svariati luppoli, e questa diversità li porta ad avere comportamenti differenti nei confronti del tempo. Infatti per gestire al meglio la maturazione della birra, andrebbe valutato anche il tipo di luppolo impiegato durante la produzione.
Per sommi capi, i luppoli ad alta concentrazione di alpha acidi col passare del tempo tendono a ossidarsi, producendo di conseguenza aromi piuttosto sgradevoli. I luppoli con alte concentrazioni di beta acidi, invece, mantengono l’amaro più a lungo, producendo col tempo aromi tendenzialmente più gradevoli alla degustazione. Va tuttavia precisato che l’aroma, in entrambi i casi, andrà comunque a degradarsi!
La Densità
Il tempo, come per la componente organolettica, agisce anche sulla parte strutturale della birra, causando una consistente perdita di corpo.
Questo problema sostanzialmente è dovuto agli zuccheri residui della birra, che alla lunga tendono a ossidarsi. I prodotti generati dall’ossidazione si legheranno alle proteine dei malti, le quali precipitando lentamente intaccheranno la corposità della bevanda.
A tale proposito, le birre a basso profilo maltato necessitano di una maturazione piuttosto breve. Le birre, invece, con una significativa percentuale di zuccheri residui ovvero con una densità FG (Final Gravity) piuttosto alta come Imperial Russian Stout, Barley Wine o Doppelbock, compensando l’assottigliamento del profilo maltato, sono più indicate a maturazioni prolungate (invecchiamento).
Il Lievito
Nella maturazione della birra, il lievito può essere un indice per definire la corretta gestione di questo particolare step della produzione. Fondamentalmente è bene prestare attenzione a birre realizzate con lieviti lager e quindi prodotte secondo le regole della bassa fermentazione.
Questi tipi di lieviti infatti, essendo abbastanza neutri, producono pochi aromi durante la fermentazione, proprio per lasciare maggiore spazio al contributo organolettico derivante dai malti. Ne consegue che, dopo la lagerizzazione, le birre a bassa fermentazione dal profilo maltato come Pilsner, Helles o Vienna vanno bevute senza subire ulteriore maturazione.
Il motivo deriva principalmente da due fattori. I contributi organolettici dei luppoli tenderanno col tempo a degradarsi, determinando birre poco incisive e scarsamente equilibrate, mentre l’ossidazione degli zuccheri residui (densità FG che in queste tipologie non è particolarmente elevata) porterà via via il corpo ad assottigliarsi.
La Gradazione Alcolica e l’Invecchiamento
Se per alcune birre l’eccessiva maturazione può essere un problema, per altre un riposo più prolungato può rappresentare un elemento di forza. In questi prodotti il tempo è il vero valore aggiunto che, grazie all’arrotondamento dell’alcol, disegna una bevuta complessa, elegante e raffinata.
Questo particolare stato di maturazione prende il nome di invecchiamento e solitamente si pratica su birre a elevato tenore alcolico (superiore a 8 %vol.), in quanto l’alcol ne rallenta e ne previene le reazioni chimiche negative che vanno a degradare aroma e sapore.
In queste birre, che partono da un’elevata OG (Densità Iniziale), durante la fermentazione si formano inevitabilmente gli alcoli superiori. Questi prodotti della fermentazione, col tempo, si andranno a legare agli acidi, determinando nuovi esteri (fruttati, vinosi), oppure si ossideranno formando aldeidi (aromi di toffee e mandorla), rendendo di fatto la birra più morbida, complessa e gradevole alla degustazione.
Tirando le somme quindi, le birre ad alto tenore alcolico sono più indicate a maturazioni prolungate (mesi) o all’invecchiamento (anni). Al contrario maturare/invecchiare birre a bassa gradazione alcolica non porta a nessun beneficio, anzi si avranno soli effetti negativi. A questa regola però, fanno eccezione le birre acide, in cui l’acido ne conserva la loro particolarissima struttura organolettica.
N.B.: In caso si volesse invecchiare una birra ad alto profilo luppolato, è consigliabile utilizzare in amaro luppoli ad alto livello di beta acidi.
Certo. Ci vuole il giusto tempo per fare le cose bene e la giusta quantità di pazienza. Interessante questo articolo che spiega bene il processo di maturazione della birra