Sono giorni incerti, caratterizzati da sterili battibecchi politici che poco centrano col bene della Nazione. Purtroppo però in queste banali telenovele in versione Beautiful, a pagare pegno sono principalmente cittadini e commercianti. Sono loro che in primis si ritrovano a fare i conti a fine mese, arrancando giorno dopo giorno nella speranza che qualcosa possa finalmente cambiare. Così, a seguito delle difficili condizioni dettate dalla pandemia e dalle relative misure di contenimento, l’Associazione Le Donne della Birra ha raccolto le esigenze e le richieste delle proprie associate e le invia alle istituzioni preposte affinché possano essere attentamente valutate per il bene della filiera.
All’attenzione delle istituzioni: Ecco cosa non sta funzionando
Il comparto della ristorazione sta soffrendo e con lui tutta la filiera della birra. L’Associazione Le Donne della Birra, in rappresentanza di una trentina di birrifici artigianali in tutta Italia e di circa 50 professioniste del settore birrario impegnate nella ristorazione, nella comunicazione e nella distribuzione, vuole portare l’attenzione delle istituzioni sulle difficoltà in cui versa tutto il comparto. In particolare, le associate lamentano:
- l’assoluta scarsità dei sostegni economici previsti per i birrifici. Sostegni quantificabili in poche migliaia di euro e quindi non in grado di compensare perdite che hanno raggiunto anche l’80% del fatturato dell’anno precedente;
- l’assoluta mancanza di sostegni economici per attività di ristorazione, bar e pub affiancati al birrificio come attività principale;
- continue chiusure e aperture che non permettono un’adeguata organizzazione del lavoro;
- nuovi adempimenti (costoso conta litri fiscale, per esempio) che aggravano ulteriormente la difficile situazione;
- mancate proroghe per contributi e tributi.
“La filiera brassicola, se sostenuta adeguatamente, è in grado di offrire nuovi posti di lavoro e una ripresa economica veloce. Le donne possono essere grandi protagoniste di una realtà produttiva a dimensione locale altamente valorizzata in un’ottica di consumi sostenibili e da riconversioni ambientali – ha indicato Elvira Ackermann, presidente dell’Associazione Le Donne della Birra e imprenditrice del settore –. Oltre a ciò, chiediamo che al più presto venga data la possibilità di riaprire a pieno ritmo le strutture della ristorazione con norme chiare e condivise, offrendo l’opportunità al consumatore di riavere in piena sicurezza un prodotto d’eccellenza tutto Made in Italy.“
Le soluzioni proposte a sostegno della filiera della birra
Su 444mila persone che hanno perso il posto di lavoro lo scorso anno, 312mila sono donne (dati ISTAT). A tale proposito l’Associazione Le Donne della Birra chiede che il Recovery Plan preveda:
- ristori adeguati proporzionali ai cali di fatturato;
- aiuti economici a fondo perduto per l’ampliamento dei dehor dei pubblici esercizi utili a favorire la sicurezza sanitaria durante i consumi;
- semplificazioni burocratiche e snellimento delle procedure per accedere a eventuali finanziamenti;
- aiuti economici per l’inserimento delle donne nel comparto birrario con professionalità che valorizzino le attitudini più tipiche della figura femminile (sommelier della birra, studio ricette, analisi qualità, accoglienza e ospitalità) e con provvedimenti generali, quali maggiore accesso al credito, maggiori agevolazioni per la maternità, ecc.;
- sconti in un regime di tassazione particolarmente gravoso a fronte dei mancati incassi dovuti alle chiusure forzate delle strutture ristorative;
- aiuti economici a fondo perduto per nuovi progetti a vantaggio del settore birrario. Un settore che negli ultimi anni ha dato luogo alla creazione costante di nuovi posti di lavoro;
- Infine, sarebbe opportuna, in un’ottica di lungo periodo, una seria promozione della filiera della materia prima italiana (malto e luppolo). Sostegni concreti per l’acquisto di terreni e micro-malterie potrebbero legare veramente la birra italiana ai propri terroir, come per il vino, coinvolgendo un numero sempre maggiore di attività e dando un importante valore aggiunto al prodotto anche in termini qualitativi e di salubrità (biologico). Ciò consentirebbe il recupero di varie aree coltivate in abbandono e la creazione di reddito anche in zone svantaggiate, oltre a un calo dell’impatto ambientale in virtù di una filiera più corta.
Buona birra a tutti.