Da qualche giorno è iniziata la famosa Fase 2 prevista dal governo, per fronteggiare l’epidemia da Covid-19. Nonostante la riduzione dei divieti, questo momento non è un “via libera”. Si tratta più che altro di una parziale accensione dell’economia, che rimane pur sempre legata all’andamento del virus. Infatti anche con la Fase 2 continua il distanziamento sociale e il divieto d’assembramento, prerogative che influiscono non poco con l’economia della birra artigianale. Ma in sostanza quali cambiamenti ci sono per la birra artigianale italiana nella Fase 2? Facciamo il punto.
Fase 1
Con lo scoppio dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, l’Italia si è faticosamente attivata a contenere la diffusione dell’epidemia. Questo ha portato alla chiusura totale del paese, con effetti devastanti sull’economia nazionale. In questo lasso di tempo sono stati comunque garantiti i servizi essenziali, che purtroppo hanno escluso le attività di vendita della birra artigianale. Infatti con il blocco di pub e birrerie, l’impatto economico sul settore birraio è stato tremendo, mettendo così in evidenza problemi e perplessità in parte già noti.
Tra le varie difficoltà sicuramente primeggia la reale problematica sulla distribuzione. Questa situazione frutto di una cultura non pronta, snobbismo e difficoltà logistica, ha mostrato la fragilità della birra artigianale in Italia, portandola ad un conseguente collasso. Ovviamente tutto ciò non sarebbe successo se la birra artigianale avesse avuto un altro canale di vendita, considerando che l’industria del beverage è rimasta attiva. Ma si torna sempre su un tasto dolente, che divide birrai e pensieri filosofici. Infatti vedere una bottiglia di birra artigianale sullo scaffale di un supermercato, ad oggi è praticamente un miracolo. Il motivo è legato sopratutto al prezzo, che vede troppa disparità tra una birra artigianale e una industriale, e alla difficoltà logistica nel gestire un prodotto così particolare.
Sebbene la situazione abbia strizzato l’occhio alla GDO, parecchie aziende brassicole per tamponare il disagio, hanno optato per servizi delivery e piattaforme di e-commerce. Tuttavia, nonostante tali soluzioni abbiano fornito un piccolo introito e probabilmente dato spunto per il futuro, hanno solo tappezzato lo squarcio che si è venuto a creare.
Fase 2: cosa cambia per la birra artigianale?
Dal 4 maggio è iniziata la fase 2, e l’Italia tenta di rialzarsi. Ma cosa cambia per la birra artigianale? Fondamentalmente nulla, in quanto il canale di vendita diretto della birra continua il lockdown. Continua il delivery anche se, con le recenti normative, le attività possono produrre d’asporto. Ma ovviamente è un palliativo al problema.
La birra artigianale necessita obbligatoriamente della riapertura del canale principale di vendita. Infatti, nonostante i progetti di un possibile dialogo con la GDO, la birra richiede ancora il contatto diretto con i Publican. La gente che fondamentalmente non conosce i dettagli di una bevanda così complessa, vuole essere accompagnata nel percorso gustativo. Dettaglio che attualmente nessun compromesso economico può compensare!
Ma se tutto va per il verso giusto, se gli italiani si comporteranno bene e la curva dei contagi scenderà, la riapertura di pub e birrerie dovrebbe avvenire per gli inizi di giugno. Forse con un po’ di fortuna si potrebbe anticipare alla fine di maggio. Ovviamente si spera alla veloce ripresa! Ma anche in questo caso i dubbi, sul “come fare” e come riprendere un “modus operandi” che dia tranquillità al cliente, rimangono. Le incognite sono ancora tante e la fiducia delle persone è sempre meno. Perché dopo la riapertura bisognerà fare i conti con la paura, nonostante la grande voglia di farsi una birra in santa pace.
Considerazioni
Nella fase 1, la birra artigianale italiana, ha subito il disastro di un sistema che non poteva prevedere un blocco totale delle vendite. Questo ha portato alla maggiore considerazione un canale distributivo alternativo, che da sempre ha destato preoccupazione e smarrimento. Sono stati potenziati altri canali secondari come il delivery e l’e-commerce, ma ancora non possono rappresentare un guadagno sicuro. Inoltre si è chiamata in causa la bontà di tanti appassionati, attraverso iniziative e azioni benefiche, che potessero garantire la longevità del settore birraio.
Nella fase 2 la birra artigianale non vede grossi cambiamenti, ma spera passivamente nella veloce riapertura di pub e birrerie. Nonostante gli sforzi e l’amore dimostrato da tanti appassionati, i limiti di un sistema che deve essere ridimensionato persistono. La birra artigianale, per continuare a riempire boccali, ha assolutamente bisogno di arrivare a molta più gente. Non si può pensare, anche dopo questo periodo (sperando finisca presto), di rimanere nella “vecchia” nicchia. Sopratutto per i costi, che il produttore di birra deve e dovrà sostenere. Ma che non possono gravare eccessivamente sulla ristretta cerchia di consumatori finali, anche se parliamo di un prodotto artigianale e d’élite.
Il futuro della buona birra italiana sarà sicuramente lo scaffale della Grande Distribuzione Organizzata, ovviamente alle condizioni imprescindibili di un prodotto artigianale. Ma prima di questo, dovrà inevitabilmente esserci un compromesso tra domanda e offerta, per far si che la cultura italiana abbracci quella brassicola. Solo così si potrà accompagnare quel cliente che ancora non apprezza o semplicemente non sa, che tra le vene del Bel Paese oltre al buon vino scorrono fiumi di ottima birra.
Buona birra a tutti.